2024-11-29
Bpm, il Mef rilancia il golden power. Intesa sta a guardare: «Non interverremo»
Giancarlo Giorgetti rievoca il veto, ma è un’arma spuntata. Carlo Messina: «Ops come la nostra con Ubi». Unicredit: «Esuberi? Solo congetture».«Esiste una legge, esiste il mercato, e una legge di mercato, poi esiste una legge, che non ho scritto io, che è la legge del golden power, e che il governo valuterà perché deve valutare, lo prevede la legge, niente di strano. Lo sa addirittura l’interessato perché nel prospetto presentato al punto 1.4 c’è scritto che chiederanno l’autorizzazione per il golden power». Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ieri è tornato a intervenire sul caso Unicredit-Banco Bpm rispondendo alle domande dei giornalisti a margine dei lavori dell’Aula del Senato sul dl Fisco.In realtà, quello cui fa riferimento il ministro tecnicamente non è un «prospetto» ma la comunicazione (ai sensi dell’art. 102 del Tuf, il Testo unico della finanza) dell’Ops promossa da Unicredit lo scorso 25 novembre. Come avviene sempre per questo tipo di operazione finanziaria, vi si spiegano i dettagli dell’offerta, i presupposti giuridici, la tempistica, le motivazioni (industriali e strategiche), le condizioni e anche - al punto 1.4 - le autorizzazioni preventive necessarie. «Inoltre, l’offerente presenterà, entro la data di presentazione a Consob del documento di Offerta, le necessarie comunicazioni alle autorità competenti sul controllo delle concentrazioni tra imprese» nonché «le necessarie comunicazioni alla presidenza del Consiglio dei ministri ai sensi dell’articolo 2 del dl 21 del 15 marzo 2012, e successive modificazioni (golden power)». Insomma, è un po’ diverso dal dichiarare come ha fatto ieri il ministro che «c’è scritto che chiederanno l’autorizzazione per il golden power». La legge sugli asset strategici estesa a gennaio 2023 prevede la valutazione del possibile esercizio del golden power (che comunque spetta alla presidenza del Consiglio e non al Mef) anche nel caso di operazioni tra imprese italiane in determinati settori, compreso quello bancario, ma sarà difficile che sussistano le condizioni per farlo. Lo dicono quasi tutti gli esperti della materia. E sempre ieri lo ha sottolineato anche l’amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, ovvero l’altra big del credito italiano nonché principale concorrente di Unicredit, Carlo Messina. «Per le conoscenze che io ho - ha dichiarato Messina - in questa operazione mi sembra difficile argomentare che ci siano questioni di sicurezza nazionale». Per il banchiere l’operazione Unicredit-Bpm «industrialmente è molto simile a quello che noi facemmo con Ubi. Quindi industrialmente ha un suo significato. Per quanto riguarda noi, nel nostro Paese siamo l’istituzione chiave, qualunque cosa succeda alle altre banche». Non solo. Messina ha ricordato che «il pallino di queste operazioni deve essere dal punto di vista della supervisione nelle mani della Bce e dal punto delle decisioni nelle mani degli azionisti, poi è chiaro che se ci sono temi di sicurezza nazionale interviene il governo. In questa operazione che ci siano elementi di sicurezza nazionale, per le conoscenze che ho io, sembra difficile poterlo argomentare. Siamo contrari a interferenze politiche». Lo stesso discorso vale, per Messina, riferito a un possibile ingresso di Cdp in Generali: «Gli ingressi di operatori pubblici nelle società private devono essere giustificate da una esigenza di sicurezza nazionale, altrimenti non ne capisco la ragione». L’ad di Intesa ha poi escluso che la banca possa muoversi come cavaliere bianco a favore del Banco Bpm: «Noi siamo bianchi perché siamo perbene, ma sicuramente non siamo cavalieri in queste operazioni per un motivo molto semplice: abbiamo una quota di mercato talmente elevata che non possiamo fare alcuna operazione in Italia». Quindi, «a prescindere dal fatto che non lo vogliamo fare, non lo potremmo fare» ha aggiunto. In merito ai timori occupazionali e agli effetti dell’Ops sul personale del Banco Bpm (l’ad Giuseppe Castagna ha parlato di 6.000 esuberi), Messina ritiene che sia «molto importante il ruolo che può svolgere il sindacato, qualunque sia l’esito di questa operazione o di altre che arriveranno perché ormai è partito un percorso che porterà a delle integrazioni successive». In serata è intanto arrivata la dichiarazione di un portavoce di Unicredit che ha replicato a Castagna: «Il numero indicato da Banco Bpm è pura congettura. Speculare su tali dettagli in questa fase è solo fuorviante. Unicredit ha una comprovata esperienza nel proteggere e investire nella sua rete e nelle sue filiali, così come nella gestione delle sue persone, del loro sviluppo e della loro formazione, garantendo sempre occupabilità, grazie a un continuo, positivo e costruttivo dialogo con tutti i sindacati che ha permesso sempre di raggiungere accordi con l’utilizzo di misure socialmente responsabili». E proprio dal sindacato ieri si è levata la voce del segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni: «L’Ops annunciata da Unicredit è un’operazione che si colloca in una fase storica di radicali cambiamenti del settore bancario. Spetta agli azionisti di entrambi i soggetti valutarne la convenienza. Non è la prima, né sarà l’ultima operazione di questo genere, ma ogni fusione o acquisizione che riguarda il settore bancario deve essere attentamente monitorata».
«Murdaugh: Morte in famiglia» (Disney+)
In Murdaugh: Morte in famiglia, Patricia Arquette guida il racconto di una saga reale di potere e tragedia. La serie Disney+ ricostruisce il crollo della famiglia che per generazioni ha dominato la giustizia nel Sud Carolina, fino all’omicidio e al processo mediatico.