
Anche la poltrona delle adozioni internazionali andrà a un candidato esterno a Palazzo Chigi. Ed è solamente l'ultimo caso. Le rappresentanze del personale interno protestano: «Non c'è trasparenza». Ma sullo sfondo c'è la guerra tra renziani e premier.Sole le nomine strettamente «indispensabili», aveva ordinato il premier Paolo Gentiloni quindici giorni fa, ma alla presidenza del Consiglio dei ministri Maria Elena Boschi continua imperterrita o occupare poltrone su poltrone. Nel totale disinteresse della Corte dei conti e dell'Anac di Raffaele Cantone. Solo che l'ultima nomina, una fondamentale casella da dirigente nella struttura che si occupa di adozioni internazionali, una di quelle che se resta vacante ancora qualche settimana non ti chiama certo la Bce di Mario Draghi, adesso rischia di scatenare una guerra interna mai vista e di avere conseguenze giudiziarie. Una lettera riservata di tutti i sindacati interni a Paolo Aquilanti, segretario generale di palazzo Chigi e braccio destro della Boschi e di Luca Lotti, denuncia l'ennesima nomina dall'esterno, fatta bocciando «in modo non trasparente» ogni candidato interno, e avverte che a questo punto partiranno «le denunce agli organi di controllo esterni». Un passo pesante, considerato che il governo sarebbe dimissionario e che la guerra tra Matteo Renzi e Gentiloni per il controllo di Palazzo Chigi sembra proprio non avere mai termini. Perfino dopo la batosta elettorale del 4 marzo. In questi ultimi mesi La Verità ha aggiornato scrupolosamente i suoi lettori delle continue nomine «in articulo mortis» della Boschi, sottosegretario alla presidenza del Consiglio lasciato al governo dal suo mentore Renzi con il compito di non far toccare palla al povero Gentiloni. Tutte chiamate dall'esterno, dopo interpelli interni (obbligatori per legge) che casualmente hanno sempre avuto esito negativo. Come se tra gli oltre 4.000 dipendenti della presidenza del Consiglio ci fossero solo dei mezzi idioti, degni al massimo di fare qualche fotocopia per la Boschi o i biglietti aerei per il sottosegretario Sandro Gozi, un renziano in perenne tournèe. Ma giovedì scorso, i sette sindacati che rappresentano impiegati, funzionari e dirigenti della presidenza del Consiglio (Cgil, Cisl, Uil, Snaprecom, Unadis, Diprecom e Dirstat) hanno scritto una lettera di protesta al segretario generale Aquilanti e al capo del personale, Francesca Gagliarducci, partendo dall'ultimo «scandalo». Ovvero la nomina di un coordinatore della segreteria tecnica della Commissione per le adozioni internazionali (la cui identità è ancora ignota). Un ruolo di responsabilità, ma che non richiede un premio Nobel né svariati master. I sindacati scrivono che «la procedura di interpello per tale incarico, avviata il 28 febbraio 2018 (a una settimana dal voto, ndr) ha avuto esito infruttuoso» e contestano questo pre requisito della chiamata da fuori: «Appare piuttosto singolare che nessuna candidatura, tra tutte le istanze presentate, fosse in possesso di curricula soddisfacenti i requisiti richiesti». «Sulla base di queste considerazioni», continua la lettera che La Verità ha ottenuto, «le organizzazioni sindacali chiedono all'amministrazione di sospendere la scelta fatta e di operare una più ponderata valutazione delle istanze pervenute, che valorizzino le professionalità dirigenziali esistenti nella presidenza del Consiglio dei ministri».Non solo, ma i sindacati adesso chiedono anche di vedere tutti gli atti: «Poiché non è questo il primo caso di esito negativo o infruttuoso che si è già verificato e di cui si ha “generica" notizia priva perciò di concreti elementi di giudizio, sarebbe il caso che l'amministrazione rendesse immediatamente trasparenti tali procedure». Come dire: se bocci Tizio e Caio, voglio sapere perché l'hai fatto. L'ultimo caso simile, scoperto e denunciato da questo giornale il 30 marzo, riguardava la nomina a dirigente di prima fascia di Giovanni Panebianco, un fedelissimo di Lotti allo sport, il cui incarico era in scadenza e che per tanto è stato «blindato» con una promozione alla guida delle politiche antidroga. Anche qui, come al solito, nessun interno è stato ritenuto degno e questo nonostante ci siano almeno una ventina di dirigenti di pari livello che sono «in staff», ovvero sostanzialmente privi di incarico. La lettera si conclude con un avvertimento abbastanza chiaro: «Nel caso l'amministrazione non dovesse sospendere tale procedura, sarà cura di queste organizzazioni sindacali dare la massima diffusione di tale anomala, reiterata prassi, agli organi di stampa e agli organi preposti al controllo di legittimità esterni a questa amministrazione, riservandosi ogni iniziativa utile a tutelare gli interessi e le professionalità della dirigenza dei ruoli della Pcm». A spingere i sindacati a un passo del genere è stato probabilmente anche il fatto di avere le spalle coperte da Gentiloni. Due settimane fa, raccontano a palazzo Chigi, il premier avrebbe scritto una lettera allo stesso Aquilanti (e per suo tramite alla Boschi) in cui lo invitava a sospendere qualunque nomina non sia «indispensabile». Immaginare uno scambio del genere tra Silvio Berlusconi, Gianni Letta e l'allora segretario generale Manlio Strano sarebbe pura fantascienza. Ma in questo rabbioso renzismo calante tutto è possibile. Del resto anche la latitanza della Corte dei conti e dell'Anticorruzione ha stupito i dipendenti di Palazzo Chigi, negli ultimi due anni. I magistrati contabili non hanno mai eccepito alcunché su nomine oggettivamente più costose in quanto esterne, mentre Raffaele Cantone non ha certo usato con la Boschi lo stesso metro che ha usato per le nomine di Virginia Raggi al Campidoglio, contestate per motivi analoghi.Eppure le nomine di dubbia legittimità non sono certo mancate a palazzo Chigi, dall'ufficio legislativo a quello per il cerimoniale di Stato, dove la Boschi ha voluto pescare a tutti i costi dal comune di Roma Francesco Piazza, utilizzandolo poi come addetto personale al cerimoniale. Nonostante nessun sottosegretario ne abbia diritto.
Julio Velasco e Alessia Orro (Ansa)
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