2024-12-06
Bomba Tar su Sanremo: «Illegittimo dare il Festival in esclusiva alla Rai»
Per il Tribunale ligure il marchio dell’evento (di proprietà del Comune) è scindibile dal format della tv pubblica. Quindi può essere assegnato ad altre emittenti. «Salva» l’edizione del 2025. Quella del 2026 sarà messa a gara.ha fatto tremare con un «boom» le finestre di viale Mazzini.Quella del prossimo febbraio - con la lista di cantanti partecipanti già resa pubblica dal conduttore, e direttore artistico, Carlo Conti - sarà dunque l’ultima a essere «automaticamente» assegnata a viale Mazzini.Quella del 2026 sarà messa a gara, e che vinca il migliore tra tutti gli operatori del settore interessati.Il Tar ha «graziato» la Rai per il 2025 per motivi evidenti: l’appuntamento è dietro l’angolo, impensabile un cambio di gestione in corsa di una manifestazione così complessa, che rappresenta uno degli asset fondamentali del bilancio della tv di Stato. «Sentenza inaspettata, articolata e complessa» per il sindaco di Sanremo, il «centrista» Alessandro Mager. Acqua sul fuoco da parte della Rai, che affida la sua prima reazione a uno stringato comunicato in cui assicura non ci sia «alcun rischio che il Festival, nella sua veste attuale, possa essere organizzato da altri». Già, appunto: rebus sic stantibus. Ma se la veste, cioè il format, fosse diversa?Prima di spiegare l’arcano, è indubbio che questa sia una vittoria per Sergio Cerruti, presidente dell’Afi, Associazione fonografici italiani, e managing director di Je, l’etichetta discografica che ha fatto ricorso contro Comune e Rai per la concessione dell’uso in esclusiva del marchio «Festival della canzone italiana».Questo è il cuore delle 58 pagine della sentenza: il legame inscindibile che fino a oggi c’è stato tra Sanremo e la tv pubblica, e che quest’ultima vorrebbe vedere blindato anche per il futuro.Un preteso connubio d’acciaio tra il marchio «Festival» (di proprietà del Comune) e il format Rai - cioè le serate televisive - che impedisce allo stesso Comune di poter concedere l’utilizzo del primo ad altri soggetti che abbiano sviluppato format alternativi.Insomma, se la Rai è Sanremo, e Sanremo è la Rai, sempre e per sempre, è evidente che nessun altro operatore può pensare di entrare in partita.Anche perché, per i giudici, tale sovrapposizione tra marchio e format è strumentale.È stata infatti la stessa Rai a modificare l’assetto dell’organizzazione, e in più occasioni. Ad esempio, con la presenza o la mancanza del pubblico nel teatro Ariston come nel 2021 causa Covid. La figura del conduttore e del direttore artistico talvolta disgiunte, talvolta «riunite» nella stessa persona, come nel caso di Amadeus e di Conti. L’introduzione del televoto. La suddivisione dei cantanti in categorie, tipo «Campioni» o «Giovani», a geometria variabile nel corso degli anni. Quindi, quando la Rai sostiene che associare il marchio a un format diverso danneggerebbe la forza propulsiva del marchio stesso, fa un’affermazione temeraria. Anzi, i giudici valutano che l’apertura al mercato consentirebbe, almeno sulla carta, di poter vedere innalzato il livello qualitativo dell’evento, e non lo scatenarsi di una apocalisse, come prospettato dagli avvocati della Rai.Cerruti ha centrato un obiettivo inseguito da anni.Al telefono con La Verità non nasconde una più che legittima soddisfazione: «Ma ci tengo a precisare che questa mia battaglia non è stata contro la Rai, tanto meno contro questa Rai».Sottolineatura che si comprende meglio alla luce dei rapporti più che cordiali che Cerruti ha sempre intrattenuto, senza farne mistero, con tutto il centrodestra: «Non è un segreto che quella sia la mia area d’elezione, accompagnerò per esempio Edoardo Vianello alla festa di Atreju, dove gli sarà consegnato un riconoscimento alla carriera. Ma a maggior ragione non capisco come sia possibile che io, a nome della categoria che rappresento, da luglio non abbia mai ricevuto risposte alle mie richieste d’incontro con l’amministratore delegato Giampaolo Rossi, proprio per fargli presente quale situazione si andava prospettando in divenire rispetto al Festival».Nessun trattamento di riguardo, o corsia preferenziale: «La mia volontà è sempre stata quella di rendere trasparenti i meccanismi che presiedono all’impianto del Festival, nonché i rapporti tra la Rai e il Comune. Anche perché la Rai incassa ogni anno decine di milioni di pubblicità e sponsorizzazioni, ne dà cinque al Comune, e le briciole all’industria musicale italiana: 50.000 euro a cantante, e visto che sono 30, i calcoli sono presto fatti. Per un totale che è un’inezia rispetto agli introiti».Si aggiunga un dettaglio non marginale: Cerruti ha dovuto fare il diavolo a quattro per poter venire a conoscenza dei contenuti dalla storica convenzione tra Sanremo e Rai, che si rifiutavano di esibirli in quanto contenente «informazioni riservate relative a segreti (sic) tecnici e commerciali». Argomentazione surreale, almeno agli occhi di un comune cittadino, dal momento che trattasi di due enti pubblici finanziati anche con i soldi dei contribuenti.Questo regime ha fatto sì che Cerruti s’impegnasse su un altro fronte di guerra con viale Mazzini: i diritti d’autore di produttori musicali e artisti «interpreti ed esecutori» non riconosciuti dalla Rai almeno dal 2009, e che ammonterebbero a una cifra che balla intorno ai 50 milioni. Di questi, almeno una ventina (secondo una fonte Rai da noi contattata, ovviamente all’insegna della strofa di Mina «io non ti conosco, io non so chi sei») costituiscono il «cuore» di una citazione presentata dall’avvocato Giorgio Assumma per conto di Andrea Miccichè, presidente del Nuovo Imaie, Istituto mutualistico per la tutela degli artisti interpreti ed esecutori.Del resto, c’è un precedente pesante come un macigno: la causa intentata (alla Rai) e vinta dal maestro Beppe Vessicchio, l’iconico direttore d’orchestra proprio del Festival, cui erano stati negati i diritti sull’utilizzo di musiche da lui composte, dirette o arrangiate in modo originale.Un successo che ha fatto esclamare a Miccichè: «Si tratta di una sentenza importantissima, forse tra le più rilevanti per l’intero comparto dei diritti dei musicisti e produttori, che sancisce una volta per tutte il sacrosanto diritto economico che scaturisce ogni qual volta si fa uso di un prodotto musicale».Ma quanto a incidenza, è indubbio che a fare la differenza, da oggi, è la pronuncia del Tar ligure, con uno spartito di conseguenze ancora tutto da scrivere: Mediaset, La7 e Discovery (con Amadeus) affilano le armi.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.