2020-05-07
Bloccato il taxi del mare Alan Kurdi «Irregolarità e scarsa sicurezza»
La Guardia costiera ha accertato che la nave dell'Ong tedesca che fa la spola nel Mediterraneo mette a rischio il proprio equipaggio e anche i profughi che va a salvare. E infrange le normative a tutela dell'ambiente marino. All'inizio di aprile, la Ong tedesca Sea Eye è stata la prima a decidere di tornare in mare. «La nostra organizzazione», disse allora il presidente Gordon Isler, «è stata fondata per salvare le persone dall'annegare. Ogni singola vita è di valore incommensurabile. Nessuna vita è dispensabile o di meno valore». Dunque, alla faccia dell'emergenza sanitaria, i tassisti del Mediterraneo ripresero il largo e si diressero spediti verso le coste libiche con il preciso scopo di recuperare immigrati. Il punto è che non avrebbero potuto farlo, perché l'imbarcazione che utilizzano - la ormai celebre Alan Kurdi - non rispetta le norme di sicurezza necessarie a effettuare il soccorso in mare. Nella tarda serata di martedì, gli ispettori della Guardia costiera specialisti in sicurezza della navigazione sono saliti a bordo della nave - ormeggiata nel porto di Palermo - e dopo attente verifiche hanno trovato «diverse irregolarità di natura tecnica e operativa tali da compromettere non solo la sicurezza degli equipaggi ma anche delle persone che sono state e che potrebbero essere recuperate a bordo nel corso del servizio di assistenza svolto». Tra le altre cose sono state «accertate anche violazioni delle normative a tutela dell'ambiente marino». Per farla breve: gli attivisti di Sea Eye, caricando gente sulla Alan Kurdi, mettono in pericolo sé stessi e pure i loro passeggeri. L'imbarcazione tedesca, dicevamo, è partita all'inizio di aprile da un porto spagnolo (a quanto risulta con l'autorizzazione delle autorità locali). Non appena Sea Eye fece capire che avrebbe ripreso il largo, dal ministero degli Esteri italiano partì una lettera indirizzata alla Germania, in cui la Farnesina faceva presente ai tedeschi lo stato di pesante emergenza in cui versava la nostra nazione. Il ministero spiegò che l'Italia non era in grado di farsi carico di eventuali stranieri recuperati dalla Alan Kurdi, e chiedeva che fosse lo Stato di bandiera a occuparsi della nave. Come prevedibile, non è successo. Dopo qualche giorno, in due diversi interventi al largo della Libia, gli attivisti di Sea Eye hanno caricato 146 persone. Malta si è subito premurata di informare Berlino che non avrebbe potuto accogliere alcun migrante. Così l'equipaggio della Ong, come sempre avviene, ha fatto rotta verso le nostre coste. E lì ha avuto inizio la pantomima governativa. I ministri Paola De Micheli (Infrastrutture e trasporti), Luciana Lamorgese (Interno), Luigi Di Maio (Affari esteri) e Roberto Speranza (Salute) hanno firmato un documento in cui affermavano che i porti italiani sarebbero rimasti «chiusi» alle Ong battenti bandiera straniera. Ci si sono messi addirittura in quattro, e non hanno cavato un ragno dal buco. La Alan Kurdi è rimasta per una decina di giorni in prossimità di Palermo, ricevendo i dovuti soccorsi da parte delle autorità italiane. Poi, dopo le consuete proteste di Ong, sinistra e associazioni caritatevoli assortite, i migranti sono stati fatti sbarcare. Affinché potessero affrontare la quarantena, lo Stato italiano ha messo a disposizione (a spese della collettività) il traghetto «Raffaele Rubattino», su cui tutti gli aspiranti profughi e l'equipaggio sono stati trasferiti. La Alan Kurdi è rimasta in porto e, una volta terminato l'isolamento, gli attivisti si sono preparati a riprendere il mare. Solo che stavolta la Guardia costiera ha scombinato i loro piani. Nessuna persecuzione, intendiamoci: gli ispettori hanno fatto soltanto il loro mestiere. «Il Comando generale del corpo delle capitanerie di porto - Guardia costiera», spiega il comunicato ufficiale, «ha, da tempo, avviato un dialogo con gli Stati di bandiera delle navi Ong affinché fossero identificati ed attuati i requisiti di sicurezza e protezione dell'ambiente. [...] Tale attività ispettiva viene svolta nell'ambito dei consueti controlli di sicurezza e di tutela dell'ambiente marino demandati alla Guardia costiera italiana sulle unità navali di bandiera straniera, che arrivano nei porti nazionali, per garantire la sicurezza degli equipaggi e delle persone trasportate». Solo che, sulla Alan Kurdi, questa sicurezza non c'era. Come detto, la nave ha caricato quasi 150 persone. Eppure, in base alle autorizzazioni che possiede, potrebbe trasportarne al massimo 20. Queste irregolarità erano già state accertate in passato e a quanto sembra erano state fatte presenti anche alle autorità tedesche, che avrebbero dovuto intervenire ma non lo hanno fatto. Non è tutto. Sulla nave era in funzione un generatore che non avrebbe dovuto essere utilizzato, non era nemmeno disponibile il piano di recupero delle persone in mare che viene richiesto a tutte le navi che prendono il largo. Inoltre, i simpatici attivisti si liberavano dei rifiuti in mare, alla faccia della tutela ambientale. Per tutti questi motivi la Alan Kurdi è stata sottoposta a fermo amministrativo e resterà a Palermo fino a che le irregolarità non saranno sanate. Per alcune di esse, specifica la Guardia costiera, «sarà necessario l'intervento dello Stato di bandiera che detiene la responsabilità della conformità della nave rispetto alle convenzioni internazionali». La Germania, insomma, dovrà assumersi una volta tanto le sue responsabilità. I tedeschi, finora, hanno fatto finta di non vedere, e ovviamente si sono ben guardati dall'accogliere i migranti in arrivo. A noi è toccato far approdare gli attivisti e provvedere al sostentamento degli stranieri. I quali, per altro, sono stati recuperati da un'imbarcazione che non è in condizione di effettuare recuperi di centinaia di persone. L'intervento provvidenziale della Guardia costiera, purtroppo, ha messo in luce una irresponsabilità diffusa. Quella degli attivisti di Sea Eye in primis, poi quella delle autorità tedesche.Infine c'è l'irresponsabilità del nostro governo. Visto che gli sbarchi autonomi sono fuori controllo, forse sarebbe il caso di pensare almeno a chiudere i porti ai tassisti del mare che giocano senza regole. Solo che i nostri geniali ministri hanno altro per la testa: la sanatoria dei clandestini.