2024-04-20
I blitz di Macron e Merkel per salvare Draghi
Da sinistra: Angela Merkel, Emmanuel Macron e Mario Draghi (Ansa)
In «Controvento», Matteo Salvini racconta le ingerenze del leader francese e dell’ex cancelliera per evitare la caduta del governo di Mr. Bce. Un pressing, per scongiurare il voto e il trionfo di Fdi, rivolto pure al Cav. Che non cedette e mise gli interessi italiani al primo posto.Inseguimento sul Comolake, a colpi di telefonate. Le batterie di Angela Merkel e di Emmanuel Macron lo cercavano con ansia crescente e lui non rispondeva, ignaro. «Non potevo perché ero in barca diretto all’Isola Comacina, in una zona senza campo». È strano non avere campo a Campo (uno dei meravigliosi borghi davanti all’isola incendiata dal Barbarossa). Ma Matteo Salvini era irrintracciabile per la missione internazionale orchestrata dai due personaggi più potenti del continente: salvare il governo di Mario Draghi dal siluro imminente del 21 luglio 2022, quando l’Italia disse no alla richiesta di mamma Europa.Dopo lo strappo di Giuseppe Conte «il premier, polemico, chiese al Parlamento la conferma della fiducia. E il centrodestra si rese disponibile a concederla a patto che lui non fosse più ostaggio dei continui No e dei boicottaggi del Movimento 5 stelle». È il leader della Lega a raccontarlo in un passaggio dell’autobiografia Controvento (Piemme editore) in uscita con il contagocce come da consolidata strategia che Bruno Vespa utilizza ogni anno da 25 anni. Tornando a quelle giornate vissute dal circo mediatico con la drammaticità della dipartita dello zio d’America, seguirono ore che non potevano essere che «febbrili», contrappuntate dalle telefonate di Macron per salvare Supermario col fiatone. «Il presidente francese cercò Silvio Berlusconi e anche me, due volte. La segreteria dell’Eliseo contattò il mio capo segreteria attraverso l’ambasciatore in Italia. Ma io ero su quella barca per un evento e venni avvertito in ritardo. In compenso so per certo che si confrontò con Berlusconi, che però tenne il punto». O governo Draghi senza i grillini o elezioni, spiega Salvini, «perché nonostante le pesantissime pressioni nazionali e internazionali avevamo sempre chiaro il nostro obiettivo, prima gli italiani». Ce n’era anche un secondo: limitare la crescita (già formidabile nei sondaggi) di Fratelli d’Italia, unico partito d’opposizione nella stagione mefitica del green pass per guadagnarsi il pane, delle botte ai dissidenti, di uscite bislacche come «Pace o condizionatore», delle foto stile Yalta per solleticare i gonzi mentre Vladimir Putin chiudeva i rubinetti del gas. Draghi era alla frutta, a sinistra lo avevano scaricato nella corsa al Quirinale preferendogli il raddoppio monarchico di Sergio Mattarella. Ma a Bruxelles lo volevano mantenere a tutti i costi a palazzo Chigi perché erano terrorizzati che l’Italia potesse andare al voto e far vincere il centrodestra; lo avrebbe confermato Ursula Von der Leyen più avanti con minacce da picciotta corleonese: «Se va male abbiamo gli strumenti». Si può intuire la delicatezza del passaggio. E si possono ipotizzare l’imbarazzo e il cinismo di Angela Merkel (ormai fuori dai giochi, fotografata dal parrucchiere di fiducia in un interno berlinese) nel chiedere un piacere a Berlusconi dopo averlo pugnalato e deriso nel 2011.Salvini continua a raccontare. «Chiamarono il Cavaliere da Berlino mentre eravamo a villa Zeffirelli, perfino la Merkel lo cercò per perorare la causa di Draghi. Era un momento oggettivamente difficile soprattutto per l’amico Silvio, Forza Italia non era compatta come dimostrarono successivamente gli addii dei ministri (Mara Carfagna, Mariastella Gelmini, Renato Brunetta, ndr) chiamati al governo senza condividerli con Arcore. Se Draghi aveva pescato nei partiti nomi «governativi» per evitare turbolenze, aveva ottenuto l’effetto di moltiplicare le tensioni. Berlusconi era però convinto che il centrodestra dovesse tenere il punto: o esecutivo senza i 5 Stelle o elezioni. In quelle ore concitate, alla vigilia del voto decisivo che poi sancì la fine dell’esecutivo, Berlusconi fu semplicemente straordinario e coraggioso».Il retroscena rivela la centralità del fondatore di Forza Italia, la sua combattività guerriera, il suo senso dello Stato nel contribuire a chiudere una parentesi «tecnica» (anche se era stato lui a portare il supertecnico al vertice della Bce) per restituire il potere decisionale agli elettori. Il tributo di Salvini è autentico e conferma ciò che questo giornale ha sempre sostenuto: nella stagione dei leoni da scendiletto (Enrico Letta, Matteo Renzi, Paolo Gentiloni, Giuseppe Conte) per Francia e Germania il nostro Paese non era una democrazia sovrana, ma il primo dei vassalli col pennacchio. Da manovrare attraverso i fili di Bruxelles. In quei giorni si verificò la rottura di questi schemi. Scrive Salvini nel libro (presentazione il 15 aprile a Milano, all’istituto dei Ciechi): «La sera in cui Draghi decise di dimettersi per le insanabili divergenze politiche, mi rendevo conto che avevamo vinto una partita difficilissima grazie alla solidità della squadra. Se oggi per fortuna c’è il governo di Giorgia Meloni, è grazie alle strategie messe a punto allora col Cavaliere nella sua dimora romana». E forse alle linee da terzo mondo che affliggono quel ramo del lago di Clooney.
Giorgia Meloni e Donald Trump (Ansa)