2024-06-25
Blitz dei savianisti. Salman Rushdie tirato per la giacca contro l’Italia
Salman Rushdie (Getty Images)
Quaranta scrittori accusano la gestione della nostra delegazione alla Buchmesse. Gennaro Sangiuliano: «Loro discriminano, non noi».Piccoli Vannacci crescono. Si infiltrano in avanguardia fra le linee nemiche. Sono specializzati nel sabotaggio. Non stanno a destra ma a sinistra. Non stanno nell’esercito ma alla Buchmesse di Francoforte, la più importante fiera del libro al mondo che quest’anno vedrà ospite l’Italia con un padiglione di circa 2.000 metri quadrati. Era dal 1989 che non ci veniva riconosciuto questo privilegio. Ogni anno c’è un Paese ospite. Quest’anno tocca noi. Nell’89 il presidente del Consiglio era Andreotti e di lì a pochissimo il muro di Berlino sarebbe crollato. La Buchmesse è una sorta di expo del libro. Previste decine di migliaia di presenze. Un grande evento mediatico, letterario e commerciale. Si parlerà di diritti di autore e traduzioni. Gli ultimi due giorni, 19 e 20 ottobre, saranno aperti al pubblico. Gli incursori arrivati a Francoforte non sono paracadutisti ma scrittori. La loro tecnica di guerriglia e sabotaggio si basa su un bel letterone. Con una quarantina di firme. Si va da Saviano a Scurati passando per Dacia Maraini, Alessandro Veronesi, Emanuele Trevi e Franco Buffoni. Il primo dei firmatari in ordine rigorosamente alfabetico. Il generale che li guida è Paolo Giordano. L’obiettivo era far saltare la presentazione italiana. Sabotarla appunto. Con un testimonial di eccezione di rilevanza mondiale che al loro segnale avrebbe scatenato l’inferno mettendo alla gogna il nostro Paese microfono in mano. Mettendo alla berlina l’Italia dove, a detta degli scrittori, si registra «una sequenza di prevaricazioni di forme e gravità diverse». Una «ingerenza sempre più soffocante della politica negli spazi della cultura». Ovviamente i nostri eroi credono nell’Europa. E tutto questo, cioè il fatto che non comandino loro e quindi la sinistra, «è inconciliabile con un’espressione sana della democrazia». Perché i nostri incursori-scrittori credono tanto, ma talmente tanto, nella democrazia che guardano alle ultime elezioni con «un senso di inquietudine». Un po’ come i sinistrati comunisti francesi che scendono in piazza la sera stessa delle elezioni per protestare contro la vittoria del Rassemblement National. Quindi, rivolgendosi al direttore della Buchmesse Boos e al presidente dell’Associazione italiana editori Innocenzo Cipolletta, chiedono spazio alla Buchmesse ma «al di fuori degli spazi limitati che sono stati disegnati dalla commissione italiana per noi». Vogliono un loft tutto loro parrebbe di capire. Chissà cosa avrà a messo a disposizione loro il Commissario italiano Mauro Mazza incaricato di gestire il nostro spazio. Forse un monolocale con bagno ma senza bidet. Paolo Giordano reclama orgoglioso il suo spazio. Quello stesso spazio che aveva altrettanto orgogliosamente rifiutato con una battuta neanche troppo consunta a seguito dell’invito del commissario Mazza: «non vengo perché ho altri impegni: ho judo!». Battutone atomico. Al mio tre ridete ma non tutti insieme. Così la risata dura di più. I savianisti in servizio permanente effettivo avevano quindi rifiutato ogni invito per solidarietà a Roberto Saviano. Quest’ultimo non invitato in quanto non segnalato dal suo editore ma poi ovviamente chiamato, per evitare qualsiasi incidente diplomatico. Ma i dissidenti ora rischiavano di rimanere senza gita premio a Francoforte mentre Saviano lì ci sarebbe andato. Il loro eroe aveva infatti accettato di partecipare ad un incontro della Buchmesse non organizzato dall’Italia. Di qui l’idea di dichiararsi martiri della libertà e prendere parte ad una serie di incontri sempre nell’ambito di quello spazio internazionale. Spazio che oltre a Saviano accoglierà l’amico Salman Rushdie. Lui sarebbe il piano dei sabotatori. Prenderebbe il microfono per tuonare contro la deriva orbaniana dell’Italia. Per poi assicurare qualche settimana di dibattito politico e mediatico su quanto è cattiva e ci scredita Giorgia Meloni nel mondo. Il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, ha commentato: «Se guardate all’elenco degli scrittori che sono stati invitati alla Buchmesse, ci sono tantissimi scrittori che la pensano molto diversamente da me ed è bene che ci siano. Mi pare che il problema sia che abbiamo aggiunto qualcuno a questa lista. Quindi sono loro che discriminano, non noi».Il presidente dell’Aie in tarda serata ha risposto: «Accoglieremo le richieste delle autrici e degli autori di aggiungere momenti di dibattito alle occasioni già individuate», scrive Cipolletta per poi chiudere «siamo lieti di aggiungere, anche in accordo con il commissario Mauro Mazza, un momento di dibattito alle occasioni già individuate». Il disappunto di Giordano, che novello martire della libertà già si immaginava esule assieme a Saviano e Rushdie, è trasparito evidente. Del resto, sempre nella lettera gli scrittori accusavano l’Italia di essere «presente alla Buchmesse in modo insulare» (sic!). Un programma a loro dire di «duetti fra autori italiani». Un’anomalia, a detta di Giordano, che avrebbe «pochi precedenti nella storia dei Paesi ospiti». Ora si capisce perché era meglio la lezione di judo. Chiaro. Ma di fronte alla gentilezza di Cipolletta al capo dei dissidenti, novelli fratelli Rosselli per la libertà in Italia, non rimane che abbozzare qualche frase di circostanza: «Sono lieto che il presidente dell’Aie accolga la richiesta di un evento aggiuntivo». Ma subito dopo mastica bile perché non vede «risposta né purtroppo solidarietà. Se ci sentiamo a casa? Ci sentiamo a casa sì, grazie, forse anche troppo», alludendo ad uno spazio evidentemente un po’ troppo italiano avrebbe detto Stanis La Rochelle in Boris. Loro sono oltre. Molto oltre. Da fratelli Rosselli a fratelli De Rege verrebbe da dire.
Francesca Albanese (Ansa)
Andrea Sempio. Nel riquadro, l'avvocato Massimo Lovati (Ansa)