
Si riapre il dialogo, ma restano dissidi su Taipei e comunicazioni dirette fra eserciti. Pechino però giura: «Niente armi a Putin».Disgelo in corso tra Usa e Cina? Non è detto. Ma andiamo con ordine. È vero: a prima vista, sembrerebbe proprio che la distensione sia iniziata. Nel corso del suo recentissimo viaggio nella Repubblica popolare, il segretario di Stato americano, Tony Blinken, ha infatti incontrato Xi Jinping, il quale, durante il faccia a faccia, ha invocato «una relazione Cina-Usa solida e stabile». In precedenza, Blinken aveva incontrato il responsabile Esteri del Partito comunista cinese, Wang Yi, e il ministro degli Esteri di Pechino, Qin Gang: in particolare, i colloqui con quest’ultimo, che ha anche accettato un invito a visitare Washington, erano stati definiti «costruttivi». Lo stesso Blinken, in conferenza stampa ieri, è sembrato tendere un ramoscello d’ulivo, assicurando che gli Usa non supportano l’indipendenza di Taiwan né cercano di «contenere economicamente» la Cina. Senza dimenticare che lo stesso Joe Biden, già sabato, si era augurato di incontrare Xi «nei prossimi mesi». Va sottolineato inoltre che il viaggio del segretario di Stato americano è avvenuto dopo quasi un anno di relazioni turbolente: basti pensare che, a febbraio, aveva dovuto rimandare la sua visita nella Repubblica popolare a causa della crisi del pallone spia cinese, definita ieri dallo stesso Blinken un «capitolo che dovrebbe esser chiuso». Eppure la strada del disgelo resta in salita. A sottolinearlo è stata l’Associated Press che, citando funzionari di entrambi i governi, ha riferito che «gli Usa e la Cina non sono riusciti a superare i loro disaccordi più gravi». La testata ha, sì, sottolineato un clima costruttivo. Ma i principali scogli restano sul tavolo. Lo stesso Blinken, in conferenza stampa, ha fatto riferimento al nodo del rispetto dei diritti umani e a quello della crisi del fentanil (pericoloso oppioide sintetico prodotto dai cartelli messicani grazie a sostanze chimiche provenienti dalla Repubblica popolare). Anche sul dossier ucraino non si registra eccessiva sintonia. Blinken ha, sì, riconosciuto che Pechino si è impegnata a non fornire supporto letale a Mosca. Ma ha anche aggiunto di essere preoccupato del fatto che «società private in Cina possano fornire assistenza, in alcuni casi chiaramente diretta a migliorare la capacità militare della Russia in Ucraina». E comunque il nodo principale resta Taiwan: un dossier definito da Qin «il rischio maggiore». Da questo punto di vista, la partita più importante riguarda i semiconduttori, di cui l’isola è tra i principali produttori al mondo: è chiaro che, se Taipei dovesse cadere sotto il controllo del Dragone, ciò metterebbe a repentaglio le catene d’approvvigionamento occidentali nel settore. Infine, il segretario di Stato americano ha reso noto che Pechino ha respinto l’offerta, avanzata da Washington, di istituire una linea di comunicazione d’urgenza sulle questioni militari. Insomma, il disgelo effettivo sembra piuttosto lontano. D’altronde non è detto che una distensione a tutti i costi sia auspicabile, vista l’ambiguità con cui Pechino si sta muovendo sulla questione ucraina: il Dragone - che pure avrebbe promesso di non fornire armi a Vladimir Putin - punta infatti a incunearsi nelle relazioni transatlantiche, a rendere Mosca sempre più propria vassalla e a creare un ordine internazionale alternativo a quello occidentale. Inoltre, nonostante l’immenso potere di Xi, la sua riconferma a segretario generale del Pcc l’anno scorso ha fatto emergere la presenza di una fronda nel partito. È chiaro che queste dinamiche interne incidono sui rapporti di Pechino con Washington. Anche il fronte americano ha poi i suoi problemi. L’amministrazione Biden si è sempre rivelata internamente spaccata sul dossier cinese tra chi, come l’inviato per il clima John Kerry, vuole una distensione in nome della cooperazione ambientale e chi, come il Consiglio per la sicurezza nazionale, esige una linea di fermezza. La debole leadership di Biden non è purtroppo mai stata in grado di arrivare a una sintesi tra queste posizioni divergenti: il che ha creato non poco caos negli ultimi due anni e mezzo (basti ricordare che l’attuale presidente americano è stato puntualmente smentito dal suo stesso staff tutte le volte che ha detto di voler difendere Taiwan da un’eventuale aggressione cinese). Un secondo aspetto da considerare è che la base elettorale di Biden ha posizioni differenti sulla Cina: se i colletti blu della Rust belt chiedono un approccio duro sul commercio in stile trumpiano, Wall Street e Silicon Valley premono per un disgelo funzionale alla tutela degli interessi economici (non è un caso che, venerdì, Bill Gates abbia fatto da apripista alla visita di Blinken, incontrando Xi a Pechino). Infine, la campagna per le presidenziali americane è in corso. E, cercando la conciliazione con la Cina, Biden si espone agli strali dei repubblicani.
Nadia Battocletti (Ansa)
I campionati d’atletica a Tokyo si aprono col secondo posto dell’azzurra nei 10.000. Jacobs va in semifinale nei 100 metri, bronzo nel lancio del peso per Fabbri.
Ansa
Partita assurda allo Stadium: nerazzurri sotto per due volte, poi in vantaggio 2-3 a un quarto d’ora dalla fine. Ma la squadra di Chivu non riesce a gestire e all’ultimo minuto una botta da lontano di Adzic ribalta tutto: 4-3 Juve.
Maria Sole Ronzoni
Il ceo di Tosca Blu Maria Sole Ronzoni racconta la genesi del marchio (familiare) di borse e calzature che punta a conquistare i mercati esteri: «Fu un’idea di papà per celebrare l’avvento di mia sorella. E-commerce necessario, ma i negozi esprimono la nostra identità».
Prima puntata del viaggio alla scoperta di quel talento naturale e poliedrico di Elena Fabrizi. Mamma Angela da piccola la portava al mercato: qui nacque l’amore per la cucina popolare. Affinata in tutti i suoi ristoranti.