Bilancio finale dei lockdown: hanno arricchito le élite senza tutelare i vulnerabili

A settembre 2020, Carl Heneghan, Karol Sikora e io scrivemmo una lettera al governo britannico e poco dopo andai negli Stati Uniti e incontrai Martin Kulldorff e Jay Bhattacharya e scrivemmo la Great Barringon Declaration, in cui proponemmo una soluzione differente. Quella soluzione non negava che il Covid fosse un problema o che molte persone avrebbero potuto morire se non avessimo cercato di fare qualcosa al riguardo, ma al contempo riconosceva che i lockdown in sé non erano una buona risposta a causa degli enormi costi che implicavano. Qualche volta li ho descritti come la situazione in cui si prende un martello per uccidere una mosca posata sul vetro di una finestra: anche se ucciderà la mosca, il martello romperà il vetro.
Quindi che cosa avremmo potuto fare? A quel punto avevamo un quadro piuttosto chiaro di chi fossero i vulnerabili, conoscevamo i costi del lockdown e potevamo essere abbastanza sicuri, studiando la biologia del virus, che le persone avrebbero acquisito l’immunità sia all’infezione sia alla malattia dopo la prima infezione e che avremmo potuto sfruttare questo per sviluppare un vaccino, ma sapevamo che entrambe, l’immunità da vaccino e l’immunità naturale, avrebbero agito soltanto per dare protezione contro la malattia, cioè contro la malattia grave e la morte, e non avrebbero bloccato l’infezione.
Come potevamo saperlo? Lo sapevamo perché se si guarda agli altri coronavirus che circolano da un po’ nella popolazione umana e si studiano le loro caratteristiche, si può vedere che tutti danno immunità contro l’infezione soltanto per un breve periodo di tempo, cosicché veniamo ripetutamente infettati da questi coronavirus, ma invece tutti conferiscono un’immunità di lungo termine contro la malattia grave e la morte. Quindi, combinando questi tre elementi, pensammo che il modo migliore di procedere fosse quella che abbiamo chiamato «protezione mirata», nella quale si proteggono i vulnerabili, siano essi nelle case di cura, negli ambienti ospedalieri o nella comunità, impiegando tutte le risorse disponibili per la loro protezione. Allo stesso tempo si lascia che il resto della popolazione continui a svolgere le proprie attività, in modo da non essere danneggiata dal lockdown, e allo stesso tempo che si infetti, portando ad accumulare immunità e alla fine, raggiunto un sufficiente livello di immunità, il rischio per le persone vulnerabili diventa basso. Nel frattempo, se riusciamo a realizzare un vaccino, saremo in grado di proteggere i vulnerabili attraverso questo strumento. Il senso generale della proposta era quindi di mantenere i vulnerabili al riparo finché non avessimo potuto ridurre quanto più possibile il rischio della loro esposizione al virus.
La Great Barrington Declaration incontrò subito un’enorme resistenza da parte della comunità scientifica (Aschwanden 2020), e fu pubblicata una lettera, chiamata «John Snow Memorandum», nella rivista The Lancet (cfr. Alwan et al. 2020), che in pratica poneva obiezioni a quanto sostenevamo. Vennero sollevate tre diverse questioni:
– «Che cosa accadrebbe se non ci fosse alcuna immunità acquisita a questo virus?»
– «Anche se esistesse l’immunità naturale, cosa accadrebbe se essa non durasse per sempre?»
– «Come possiamo proteggere i vulnerabili?»
La prima di queste domande è palesemente ridicola. Sappiamo come si comportano i coronavirus. Non c’era nulla riguardo il Sars-CoV-2 che indicasse che non avremmo acquisito l’immunità naturale. In effetti, se così fosse stato, allora sarebbe stato anche infruttuoso intraprendere il tentativo di creare un vaccino, perché il vaccino che abbiamo sfrutta o segue gli stessi principi dell’immunità naturale. È stato davvero sorprendente che medici e persone con una certa conoscenza dell’immunologia abbiano potuto fare una simile affermazione. Inoltre, a quel punto avevamo già iniziato a misurare l’immunità naturale nei laboratori di tutto il mondo. Avevamo misurato e documentato l’esistenza della risposta anticorpale, della risposta delle cellule T (Braun et al. 2020; Rodda et al. 2021) ed era molto chiaro che esisteva un’immunità naturale al Sars-CoV-2.
Per quanto riguarda la seconda domanda, non soltanto è ragionevole che l’immunità naturale non duri per sempre, è del tutto vero. Contro la malattia, l’immunità dura molto a lungo per altri coronavirus, mentre ci si poteva aspettare che l’immunità contro l’infezione non sarebbe durata per sempre (Edridge et al. 2020). Tuttavia, anche in base alle più basilari conoscenze di epidemiologia e di modelli matematici, gli epidemiologi dovrebbero sapere che in qualsiasi scenario, anche se l’immunità non dura per sempre, un’ampia fetta della popolazione rimane immune, in una percentuale che è vicina alla soglia dell’immunità di gregge. Tutti questi sistemi viaggiano verso un equilibrio in cui la percentuale di immunizzati è vicina alla soglia dell’immunità di gregge, si aggira intorno a quella soglia, e anche il numero di infetti oscilla a seconda che la percentuale di soggetti immuni vada al di sotto o al di sopra della soglia dell’immunità di gregge. Questa è epidemiologia di base, e una volta che si tiene conto di una certa stagionalità nella trasmissione, si può usare questo semplice concetto per spiegare pressoché tutti gli andamenti della pandemia che abbiamo osservato praticamente in ogni regione.
In sintesi, l’idea che l’immunità possa non esistere affatto è assurda; il fatto che l’immunità contro l’infezione non duri per sempre non impedisce che si raggiunga l’equilibrio endemico di cui stiamo godendo attualmente con tutti gli altri coronavirus e ora, ovviamente, anche col Sars-CoV-2. […]
La terza domanda che sollevarono, cioè come proteggere i vulnerabili, era molto ragionevole e certamente avrebbe dovuto essere discussa, ma chiusero il dibattito, il che non è una novità. […]
Fondamentalmente, ciò che è successo è che i lockdown che sono stati implementati hanno generato un divario nella società, derivante dal fatto che le persone isolate nelle loro case hanno un rischio ridotto di contrarre il Covid. Ma questa idea non può essere traslata dall’individuo al livello della popolazione, a meno che non si sia in grado di implementare un lockdown estremo, in cui si rinchiudono tutte le persone nelle proprie case e in cui si interrompe per un po’ di tempo qualsiasi forma di interazione. Ma visto che nessuno lo ha fatto, la malattia si è diffusa comunque. Tuttavia, chi aveva i mezzi per restare a casa, per lavorare da casa, per tenere una conferenza o una lezione da un computer è riuscito a proteggersi durante il lockdown. Questi pochi fortunati, quindi, hanno goduto di un periodo durante il quale hanno potuto lavorare da casa; chi di noi non aveva figli piccoli a cui badare o chi, come me, aveva figli più grandi che erano tornati a casa, è stato bene. Le persone che hanno sofferto sono quelle che erano realmente vulnerabili ma che erano considerate essenziali per il funzionamento della società e che quindi sono uscite per pulire i nostri ospedali e le nostre strade e per guidare i nostri autobus.
Un’altra categoria che ha sofferto enormemente è stata quella dei bambini, a cui è stato impedito di andare a scuola, a cui sono state imposte le mascherine; e alcuni continuano tuttora a indossare queste mascherine in alcuni contesti.
Quindi, in gran parte del mondo sviluppato i lockdown non hanno fatto altro che proteggere l’élite, e le misure di lockdown non hanno fatto altro che trasferire ricchezza dai poveri ai ricchi. Ora stiamo affrontando una straordinaria crisi del costo della vita e le persone sono ancora riluttanti nel riconoscere che la causa principale alla base di questa crisi è il denaro che è stato sperperato in questi inutili lockdown.






