
Si infittisce il giallo del sabotaggio dei gasdotti Nord Stream, verificatosi lo scorso settembre. Citando funzionari dell’intelligence statunitense, il New York Times ha riportato che il danneggiamento potrebbe essere avvenuto ad opera di un «gruppo filo-ucraino», composto probabilmente da cittadini ucraini e russi. Il quotidiano ha comunque riportato che non risulterebbe un coinvolgimento del governo di Kiev, escludendo anche eventuali coinvolgimenti di Mosca e di «cittadini americani o britannici».
Lo scoop ha innescato l’irritazione di Kiev. «Non c’entriamo nulla con l’operazione di sabotaggio ai danni dei gasdotti Nord Stream: sarebbe un bel complimento per i nostri servizi speciali ma quando si concluderanno le indagini si vedrà che l’Ucraina non ha nulla a che fare con tutto ciò», ha dichiarato il ministro della Difesa di Kiev, Oleksij Reznikov, mentre il consigliere presidenziale ucraino, Mykhailo Podolyak, ha parlato di «teorie del complotto». Non è d’altronde la prima volta che il New York Times fa scoop che mettono in cattiva luce l’Ucraina. Era l’ottobre scorso, quando la testata sostenne che, sulla base di informazioni arrivate dall’intelligence statunitense, dietro l’assassinio di Darya Dugina si celassero alcuni settori del governo ucraino: una circostanza che fu smentita dallo stesso Podolyak.
Anche a Mosca non hanno comunque gradito l’articolo del New York Times sul sabotaggio dei gasdotti. «Ovviamente gli autori dell’attacco vogliono sviare l’attenzione. È evidente che si tratta di un’operazione coordinata per riempire i media. Come possono i funzionari americani supporre qualcosa senza un’indagine?», ha affermato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. Cautela sullo scoop del quotidiano americano è stata espressa invece dal ministro della Difesa tedesco, Boris Pistorius, che ha invitato ad evitare delle conclusioni affrettate. Prudente si è mostrato anche il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg. «Quello che sappiamo è che c’è stato un attacco contro i gasdotti Nord Stream, ma non siamo stati in grado di determinare chi c’era dietro», ha detto. «Ci sono indagini nazionali in corso e penso sia giusto aspettare che siano ultimate prima di dire qualcosa di più su chi c’era dietro», ha aggiunto.
Al di là della ridda di accuse incrociate e smentite, è soprattutto una domanda a fare capolino. Per quale ragione i servizi americani hanno fatto trapelare questa tesi sul sabotaggio dei gasdotti alla stampa? Ma soprattutto: è stato Joe Biden a dare ordine di trasmettere la notizia ai media? Risposte certe non ce ne sono. In compenso, si possono abbozzare due scenari. Il primo è che il presidente americano abbia voluto far uscire la notizia. Se così fosse, ciò significherebbe che ha inteso dare un segnale d’irritazione a Volodymyr Zelensky. Un’eventualità che potrebbe avere alla base varie ragioni. Divergenze sulla strategia da seguire? La Casa Bianca punta a un minore coinvolgimento nel conflitto? Al momento non è dato saperlo.
Il secondo scenario è invece che la notizia sia stata fatta trapelare all’insaputa di Biden. Non sarebbe d’altronde la prima volta. Era maggio scorso, quando la stampa rivelò che l’intelligence statunitense condivideva informazioni con gli ucraini per aiutarli a uccidere i generali russi e ad affondare l’incrociatore Moskva. La fuga di notizie irritò profondamente il presidente, che si lamentò durante una telefonata con il capo del Pentagono, Lloyd Austin, il direttore della Cia, William Burns, e la direttrice dell’intelligence nazionale, Avril Haines. Sotto questo aspetto, è interessante quanto riferito ieri, in aggiunta all’articolo del New York Times, dalla Cnn. Quest’ultima ha infatti riportato che solo «una parte della comunità dell’intelligence statunitense» ritiene che dietro al sabotaggio di settembre vi sia un gruppo filo-ucraino. «La valutazione non è stata fatta con grande sicurezza e non è l’opinione predominante della comunità dell’intelligence», ha inoltre specificato la Cnn. Ora, se le cose stanno così, per quale ragione un’ipotesi tanto traballante è stata fatta uscire sulla stampa?
Non si può forse del tutto escludere che alcuni pezzi dell’apparato governativo e d’intelligence degli Stati Uniti stiano remando contro l’inquilino della Casa Bianca. Un sospetto rafforzato anche da quanto accaduto il mese scorso con la questione dei tre oggetti non identificati abbattuti su Alaska, Yukon e Michigan. È onestamente difficile credere che il Pentagono e i servizi sappiano davvero così poco su questi misteriosi marchingegni volanti. Così come è paradossale che per ben 24 ore, tra il 12 e il 13 febbraio, la posizione ufficiale del governo americano fu che tali oggetti potessero addirittura avere un’origine extraterrestre. Una serie di stranezze che ha indebolito politicamente Biden, ritrovatosi sotto assedio dai parlamentari sia dem sia repubblicani, che lo hanno accusato di scarsa trasparenza e risolutezza. D’altronde, sarà un caso, ma l’annuncio ufficiale della ricandidatura presidenziale tarda ad arrivare.






