2024-08-18
Biden non perdona l’ammutinamento e manda pizzini contro Obama e Pelosi
Joe Biden, Barack Obama e Nancy Pelosi (Ansa)
Il presidente Joe Biden lunedì salirà sul palco della convention democratica e poi leverà le tende. Una mossa che mostra l’astio verso gli ex alleati, avvalorato da fonti della sua cerchia, dopo il golpetto bianco per farlo ritirare.Per le norme Lgbt, i giudici americani confermano lo stop provvisorio al provvedimento che impone di lasciare usare agli alunni trans bagni e spogliatoi a seconda della loro identità di genere.Lo speciale contiene due articoli.L’uscita di scena di mister Magoo fu molto «spintanea». È bastato meno di un mese per scoperchiare la botola dem sotto lo studio Ovale, smentire i flauti nazarenici e avere la conferma che «la rinuncia eroica di un grande uomo di Stato» in realtà era una congiura di palazzo. Preparata da Nancy Pelosi con la fattiva collaborazione di Barack Obama e il leader della maggioranza in Senato, Chuck Schumer. È lo stesso Joe Biden ad ammetterlo con alcuni comportamenti che hanno più a che fare con la stizza del nonno abbandonato in autogrill che con un atto di supremo amore per le istituzioni. Domani il presidente salirà sul palco della convention democratica di Chicago - è il protocollo ad annunciarlo -, parlerà per primo per qualche minuto e poi proverà ad andarsene senza entrare nello sgabuzzino delle scope. Il «salvatore della patria» (così definito dai commentatori progressisti italiani più sdraiati) vorrebbe tentare almeno di salvare la faccia e di «non appiattirsi sulle moine consolatorie di chi lo ha defenestrato», spiegano il sito Politico e il Wall Street Journal sottolineando che il rancore di Old Joe è tutt’altro che evaporato. L’apparizione a fianco di Kamala Harris due giorni fa nel Maryland avrebbe avuto un solo significato: il clan Biden non ha nulla contro la sua vice, anzi la sostiene nella corsa elettorale. Le consonanze con la cricca obamiana che domina il partito democratico finiscono qui, e comincia la faida. Secondo i suoi collaboratori (che parlano con i media americani sotto la regola dell’anonimato, come riporta anche La Repubblica), il presidente non perdona a Pelosi il voltafaccia dopo la débâcle nel confronto con Donald Trump ad Atlanta. Nonostante la brutta figura il partito si era stretto attorno a lui «e la candidatura si era riconsolidata». Due settimane di ricuciture, la legittimazione alla convention online partita dall’Ohio, la frase di Biden nella lettera ai dem del Congresso: «Non lascio, la questione è chiusa». Quando cominciava a pensare alle battaglie d’autunno, ecco la bomba stile Nordstream: Nancy Pelosi detta Crudelia va al programma tv Morning Joe e ripete tre volte il suo No a sostenere il presidente definendo il suo atteggiamento «pura ostinazione». Oggi l’inner circle di Biden contesta anche che «una persona di 84 anni volti le spalle a una di 81 definendola vecchia». La slavina diventa inarrestabile, sospinta dal potente Chuck Schumer che fa uscire un sondaggio nel quale il 60% dei delegati dem risulterebbe favorevole al pensionamento di Biden. Si accodano finanziatori disillusi e star di Hollywood annoiate (George Clooney di fatto lo accompagna alla porta). Lui coglie il messaggio: tutti gli stanno voltando le spalle. Se ne accorge anche il New York Times che in un dolce articolo di commiato al leader della parte politica prediletta sfodera un’ouverture da organo: «E alla fine era solo». Biden vede la frattura che dilania il partito, a cose fatte confiderà a Cbs News: «I sondaggi dimostravano che la corsa con Trump era testa a testa. Ma molti colleghi democratici alla Camera e al Senato pensavano che li avrei danneggiati. Ero preoccupato perché quello sarebbe stato l’argomento; mi avreste intervistato sul perché Nancy Pelosi ha detto, perché Nancy ha fatto - pensavo che sarebbe diventata una distrazione». Una congiura in piena regola senza le 23 pugnalate, il tradimento «non solo contro il presidente, ma contro un amico» come va ripetendo Biden da allora. Roba da House of Cards, con il sorriso cinico di Kevin Spacey che guarda in camera e dice «C’est la vie». In quei giorni Barack Obama, sempre prodigo di pacche sulle spalle a Sleeping Joe (anche dopo la disfatta di Atlanta), si era misteriosamente eclissato. Dal siluro, dicono gli uomini di Biden, l’ex presidente non lo ha mai chiamato. I rapporti fra i due non sono idilliaci come vengono raccontati da articolesse al miele. Biden non ha mai perdonato Obama di averlo tradito la prima volta nel 2016, quando gli preferì Hillary Clinton da mandare in battaglia contro Trump. E si è pentito di aver imbarcato nel suo staff molti radical obamiani che per quattro anni lo hanno trattato come un soprammobile; tutti passati armi e bagagli in queste settimane nell’accampamento di Kamala Harris. Anche perché lei era stata costretta a licenziare 23 collaboratori, che le avevano fatto da parafulmine intestandosi le sue famose gaffes.Mentre Biden non riesce più a trattenersi e parla apertamente di regicidio, c’è un’anziana signora con gli artigli (Trump la definì «una persona orribile») che passa da una tv all’altra a rammaricarsi della situazione. È lady Pelosi, impegnata a lanciare il suo saggio L’arte del potere, che non perde occasione per battersi il petto. Si rammarica sulla rete Cnbc perché «non ho più facile accesso al presidente»; praticamente lei chiama e lui si rifiuta di rispondere. In un’intervista alla radio Npr ammette candidamente: «Non dormo la notte al pensiero che Biden possa avercela con me». Lady Macbeth era più ingenua.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/biden-non-perdona-obama-pelosi-2668983146.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-corte-usa-blocca-le-norme-lgbt" data-post-id="2668983146" data-published-at="1723977679" data-use-pagination="False"> La Corte Usa blocca le norme Lgbt La Corte Suprema americana stoppa l’amministrazione Biden sul gender. Con un voto a stretta maggioranza - cinque no e quattro sì - venerdì la più alta magistratura statunitense ha rifiutato di consentire alla Casa Bianca di applicare una parte fondamentale di una nuova norma sull’identità di genere «a tutela» degli studenti Lgbt. Sia pure con un provvedimento provvisorio, che cioè ora passa la palla ai tribunali di grado inferiore, la Corte suprema ha infatti confermato il blocco delle nuove regole con cui l’amministrazione Biden ha allargato la protezione degli studenti transgender dalle discriminazioni sessuali, includendo l’identità di genere, anche nella possibilità di usare bagni e armadietti nelle scuole. Lo scorso aprile, infatti, il governo democratico ha messo in pista delle nuove norme di applicazione del Titolo IX degli Emendamenti all’istruzione - legge del 1972 che proibisce la discriminazione sessuale nei programmi scolastici federali -, rinnovandolo in senso estensivo a favore degli studenti transgender, così da renderli «protetti» anche nell’uso dei bagni e degli armadietti scolastici. Tale estensione, entrata in vigore il 1° agosto in Tennessee, Louisiana e altri otto Stati, ha generato una rivolta dei repubblicani, che in Corti minori hanno visto accolti diversi loro appelli. La Casa Bianca si è così rivolta alla Corte Suprema per garantire in via d’urgenza l’applicazione della propria normativa, alla luce delle cause intentate da Louisiana, Mississippi, Montana, Idaho e numerosi consigli scolastici della Louisiana, e di altre cause avviate da Tennessee, Kentucky, Ohio, Indiana, Virginia, West Virginia e da un’associazione di educatori cristiani. Questi Stati hanno denunciato come la nuova normativa obbligherebbe le scuole a consentire agli studenti trans l’uso di bagni e spogliatoi secondo l’identità «percepita», e il corpo docente a usare, verso costoro, pronomi corrispondenti alla loro identità di genere. La procuratrice generale della Louisiana, Liz Murrill, ha parlato di «ideologia gender estrema» da parte di Biden, e di «scuole costrette a cambiare le loro regole e il loro linguaggio, e che non possono più avere spazi privati per bambine o donne. È enormemente invasivo, ed è molto più di un suggerimento». Di qui il ricorso della Casa Bianca, che nelle speranze dem avrebbe dovuto sbloccare la situazione; peccato che abbia trovato dinnanzi a sé un muro. Con l’opposizione delle giudici di nomina democratica Sonia Sotomayor, Elena Kagan e Ketanji Brown Jackson - ma pure del giudice Neil Gorsuch, nominato da Donald Trump -, la Corte Suprema ha infatti stabilito che le nuove norme debbono restare sospese finché la disputa legale non sarà risolta. La battaglia legale insomma continua, ma senza dubbio il verdetto di sospensione provvisoria è una vittoria repubblicana; e spiega anche perché Joe Biden pare non sopporti più l’alta magistratura; al punto, secondo quanto fatto trapelare non più tardi di un mese fa dal Washington Post, che vorrebbe riformare la Corte Suprema, da una parte introducendo un termine al mandato dei giudici - attualmente a vita -, dall’altra varando un codice etico di condotta assai rigoroso e vincolante. Ma per la verità, già nel maggio 2021 si era parlato dell’intenzione della Casa Bianca di allargare il numero dei giudici che siedono nel massimo organo giudiziario statunitense; perché i dem ragionano così: quando la magistratura dà loro ragione è sacra; quando non lo fa, è essa stessa da buttare.
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