2022-03-24
Biden inizia il tour in Europa e fa subito l’incendiario: «Rafforzare la Nato a Est»
Washington rilancia sulle armi chimiche e sull’accusa di «crimini di guerra». Kiev chiede di non sanzionare Roman Abramovich: «È utile». Giro di vite fra i diplomatici.Proseguono a fatica i negoziati sulla crisi ucraina. «Le trattative continuano online. Stanno procedendo con notevoli difficoltà perché la parte ucraina ha posizioni chiare e di principio», ha dichiarato ieri il capo negoziatore ucraino, Mykhailo Podolyak. In questo quadro, Volodymr Zelensky avrebbe chiesto agli Usa di non sanzionare il magnate Roman Abramovich, ritenendo che possa essere d’aiuto alle trattative. Dall’altra parte, Mosca ha espresso notevole irritazione sull’eventualità, ventilata dalla Polonia, che la Nato invii forze di pace in Ucraina. «Ogni possibile confronto tra le nostre truppe e le forze della Nato potrebbe avere chiare conseguenze che sarebbero difficili da riparare», ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. In tutto questo, il governo americano ha accusato Mosca di aver commesso dei crimini di guerra. «Oggi posso annunciare che, sulla base delle informazioni attualmente disponibili, il governo degli Stati Uniti valuta che membri delle forze russe abbiano commesso crimini di guerra in Ucraina», ha detto ieri il segretario di Stato americano, Tony Blinken. «Come per qualsiasi presunto crimine, un tribunale con giurisdizione sul crimine è in ultima analisi responsabile di determinare la colpevolezza penale in casi specifici», ha aggiunto. Solitamente l’organo incaricato di giudicare in materia di crimini di guerra è la Corte penale internazionale: una corte che tuttavia non è riconosciuta né dagli Stati Uniti né dalla Russia. Le fibrillazioni diplomatiche intanto stanno aumentando. «La Polonia ha espulso 45 spie russe che si spacciavano per diplomatici», ha twittato il ministro dell’Interno polacco, Mariusz Kaminski. «Stiamo smantellando la rete russa di servizi speciali nel nostro Paese», ha aggiunto. Un’accusa, questa, che è stata respinta da Mosca, la quale ha lasciato intendere che potrebbe adottare misure ritorsive. Ulteriori turbolenze si sono registrate in Bielorussia: le autorità di Minsk hanno espulso ieri alcuni diplomatici di Kiev, decretando inoltre la chiusura del consolato ucraino di Brest. Mosca ha frattanto annunciato che espellerà alcuni diplomatici statunitensi. Nonostante queste significative fibrillazioni, si tenta ancora la via della mediazione. Il premier israeliano, Naftali Bennett, ha avuto in tal senso ieri una telefonata con Vladimir Putin. Nel frattempo, Zelensky, ha tenuto un discorso al parlamento giapponese e uno a quello francese. Ai francesi, Zelensky ha chiesto di non lasciare le loro aziende attive in Russia. «Renault, Auchan, Leroy Merlin devono smettere di essere sponsor della macchina da guerra russa, smettere di finanziare l’omicidio di bambini e donne, di stupro», ha dichiarato in un’implicita stoccata all’ipocrisia di Emmanuel Macron (che pare abbia recentemente sostenuto la decisione di Renault di restare in Russia). Sempre ieri, il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, ha escluso un embargo energetico a Mosca in tempi rapidi. «Porremo fine a questa dipendenza il più rapidamente possibile, ma farlo da un giorno all’altro significherebbe far precipitare il nostro Paese e tutta l’Europa in una recessione», ha detto, sottolineando inoltre che «centinaia di migliaia di posti di lavoro sarebbero a rischio». Berlino si conferma quindi capofila del disallineamento europeo rispetto all’embargo energetico recentemente imposto alla Russia da Joe Biden. E proprio Biden è partito ieri per il viaggio che lo vedrà protagonista in questi giorni nel Vecchio continente. Il presidente americano si recherà innanzitutto a Bruxelles, per partecipare a una riunione della Nato e a un incontro del Consiglio europeo: si discuterà in particolare della necessità di rafforzare il fianco Est dell’Alleanza atlantica e saranno annunciate nuove sanzioni ad alcuni oligarchi russi. Successivamente Biden si sposterà a Varsavia, dove cercherà di ricucire i rapporti con il governo polacco, dopo le tensioni registratesi sulla questione dei jet e (soprattutto) dopo l’inutile viaggio effettuato in loco due settimane fa da Kamala Harris. Con questo tour, Biden cercherà un difficile compattamento transatlantico e tenterà di rafforzare una leadership sempre più appannata: un problema, questo, che lo sta azzoppando sia sul fronte internazionale sia su quello interno (i sondaggi continuano a dare il presidente in caduta libera nei consensi). In questo quadro, il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha pronunciato ieri delle parole dure nei confronti della Cina. «La Cina ha fornito alla Russia sostegno politico, anche diffondendo palesi bugie e disinformazione», ha detto. In tutto questo, Stoltenberg non ha risparmiato un avvertimento al Cremlino. «Qualsiasi uso di armi chimiche cambierebbe totalmente la natura del conflitto», ha detto. Nonostante l’altro ieri il portavoce del Pentagono John Kirby avesse detto di non avere al momento evidenze che suggeriscono un imminente uso di armi chimiche da parte di Mosca, lo stesso Biden è tornato ieri a paventare un simile scenario. «È una vera minaccia», ha dichiarato.