2023-08-13
La Casa Bianca ammette la censura Covid
Autogol del legale di Biden al processo per l’«oscuramento», fatto su Facebook e Twitter, delle critiche alla gestione pandemica: «In caso di emergenza, il Primo emendamento si può violare». Uno dei giudici: «Il governo ha fatto minacce, velate e non, ai social».Qualunque sarà l’esito dell’ultima udienza della causa Missouri vs Biden, è sempre più probabile che l’amministrazione di Joe Biden esca da questo processo alquanto malconcia, specialmente se il caso finirà, come probabile, alla Corte Suprema. Sarà che l’avvocato del governo è stato mandato completamente da solo ad affrontare una causa complicata, sarà che ha commesso in udienza più di un passo falso: fatto sta che sarà complicato, per Joe Biden, continuare a trincerarsi dietro perorazioni sconcertanti come quella rappresentata dal suo legale. «Il caso Missouri vs Biden ha dimostrato ciò che sapevamo da sempre - ha dichiarato il procuratore generale del Missouri Andrew Bailey - e cioè che l’amministrazione Biden ha spudoratamente e implacabilmente colluso con le piattaforme dei social media per censurare la libertà di parola. L’avvocato di Biden ha seriamente insinuato che, siccome il Covid è stato un evento eccezionale, la censura del governo era consentita».L’accusa rivolta al presidente degli Stati Uniti dai procuratori generali del Missouri e della Louisiana, insieme con i professori Bhattacharya e Martin Kulldorf, è pesantissima: aver violato il Primo emendamento, censurando - con la complicità delle piattaforme social Facebook, Twitter (prima che venisse acquistato da Elon Musk), Youtube, Instagram e Linkedin, anch’esse citate in giudizio - cittadini, giornalisti e scienziati che durante la pandemia hanno osato diffondere evidenze scientifiche diverse da quelle imposte dal governo. Lo scorso 4 luglio il giudice distrettuale Terry Doughty ha emesso un’ingiunzione preliminare per limitare ai funzionari e alle agenzie federali (il ministro della salute Usa Xavier Becerra, la portavoce della Casa Bianca Karine Jean-Pierre, tutti i dipendenti del Dipartimento di Giustizia, della Homeland Security, dell’Fbi e dei Cdc) i contatti con le piattaforme social che hanno consentito la censura. Un provvedimento molto severo per la Casa Bianca, che ha fatto immediatamente ricorso ottenendo, lo scorso 14 luglio, una temporanea sospensione. Giovedì ha avuto luogo un’altra udienza per decidere se confermarla o farla decadere. L’avvocato incaricato dal governo federale, Daniel Bentele Hahs Tenny, ha superato abbastanza bene i primi trenta secondi, sostenendo che l’ordine di Doughty lascerebbe il governo «impotente» di fronte alla disinformazione diffusa attraverso i social «in caso di disastro naturale». Subito dopo, però, è inciampato sulle sue stesse affermazioni, mettendo a repentaglio l’esito dell’udienza: «Per fare un esempio», ha dichiarato Tenny, «se un funzionario di governo ritenesse che alcuni post sono stati pubblicati da associazioni a delinquere, si troverebbe con le mani legate». Si dà però il caso che l’ingiunzione di Doughty escludesse esplicitamente casi come quello citato da Tenny: alla parola «associazione a delinquere», i tre giudici si sono svegliati e hanno avuto gioco facile nel far notare all’avvocato la contraddizione. Da quel momento l’udienza, per il governo Biden, è stata un susseguirsi di autogol. L’avvocato è perfino riuscito a far evocare ai giudici quelle mail interne (rese pubbliche grazie ai Twitter files e ai Facebook files) che voleva tenere fuori dall’udienza, perché compromettenti: gli è bastato dichiarare, impunemente, che «non c’è stata coercizione», che immediatamente uno dei tre magistrati, Don Willet, ha parlato di «minacce, velate e neanche tanto velate. Il comportamento del governo - ha detto Willet - è stato poco sottile e alquanto aggressivo, di fatto è stato come se dicesse alle piattaforme “il vostro social è molto bello, sarebbe un peccato se gli succedesse qualcosa”». La giudice Jennifer Walker Elrod ha quindi ricordato a Tenny le mail dei funzionari della Casa Bianca, arrabbiati perché i video di Tucker Carlson (ex giornalista di Fox News, che ha spesso pubblicato notizie scomode per la famiglia Biden, ndr) o gli articoli di Alex Berenson non erano ancora stati rimossi. «L’amministrazione Biden ha sostenuto che la pandemia gli ha conferito il diritto di violare il Primo emendamento», ha detto il ricorrente Jay Bhattacharya, epidemiologo a Stanford, «e che ha il diritto di censurare anche opinioni corrette che criticano le sue posizioni». Secondo il giornalista Matt Taibbi, uno degli autori dei Twitter files che ha seguito in aula l’udienza di giovedì scorso, tutto ciò che anche un anno fa era stato liquidato come «teoria del complotto» si è rivelato vero. Taibbi non è sicuro che i giudici, nonostante le loro stesse contro argomentazioni in aula, confermino l’ingiunzione contro l’amministrazione Biden. È certo però che - qualunque sarà il verdetto, che uscirà al massimo entro due mesi - entrambe le parti ricorreranno alla Corte Suprema. E qualora i ricorrenti vedranno confermata l’ingiunzione, la sentenza influenzerà la campagna elettorale delle elezioni presidenziali americane che si terranno a novembre dell’anno prossimo.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.