2025-10-29
«Illegittime le grazie di Biden con l’autopen»
La commissione di Sorveglianza: «L’ex presidente era in declino mentale, la firma robotica usata in modo improprio dal suo staff». Intanto Trump, in tour in Asia, elogia il premier giapponese: «Toyota aprirà stabilimenti negli Usa». Ma il feeling disturba Pechino.Nuove ombre sull’amministrazione Biden. Ieri, la commissione Sorveglianza della Camera Usa, guidata dal deputato repubblicano James Comer, ha pubblicato un rapporto, in cui, secondo una nota ufficiale, si sostiene «come i principali consiglieri, i funzionari politici e il medico personale del presidente Joe Biden abbiano nascosto al popolo americano il declino mentale e fisico del presidente». «I risultati rivelano che, con il peggioramento delle condizioni del presidente Biden, i suoi collaboratori hanno esercitato l’autorità presidenziale e facilitato azioni esecutive senza la sua diretta autorizzazione, tra cui l’uso improprio dell’autopen e la mancata documentazione dei processi decisionali», prosegue la nota. «La commissione ha individuato irregolarità nell’emissione di grazie e commutazioni di pena durante gli ultimi giorni della presidenza Biden, compresi quelli che coinvolgono membri della famiglia Biden», si legge ancora. In tal senso, Comer ha inviato una lettera al Dipartimento di Giustizia, chiedendo di indagare per appurare se i vari decreti, firmati dal predecessore di Donald Trump, siano stati «debitamente autorizzati».Nel frattempo, il presidente americano, nel mezzo del suo tour asiatico, ha fatto tappa in Giappone, confermando la sua linea politica articolata. Da una parte, ha, sì, avviato un disgelo commerciale con la Cina, grazie all’accordo quadro che è stato raggiunto domenica; dall’altra, tuttavia, la Casa Bianca continua a tenere alta la guardia: la competizione con Pechino, in altre parole, resta serrata. Non a caso, una volta arrivato nel Paese del Sol Levante, Trump ha avuto parole di elogio per la nuova premier nipponica Sanae Takaichi: notorio falco anticinese. «Questa donna è una vincitrice», ha detto, per poi garantire che le relazioni tra Washington e Tokyo saranno «più forti che mai».Al di là dello stretto rapporto politico di Trump con la nuova premier nipponica, sono emerse ulteriori convergenze tra Usa e Giappone. Partiamo dal fronte economico-commerciale. «Il primo ministro mi ha appena detto che la Toyota aprirà stabilimenti automobilistici in tutti gli Stati Uniti per un valore di dieci miliardi di dollari», ha affermato Trump. Passiamo poi al settore geostrategico. Washington e Tokyo hanno infatti firmato un’intesa sulla cui base «i partecipanti intensificheranno i loro sforzi di cooperazione per accelerare l’approvvigionamento sicuro di minerali essenziali e terre rare necessari a sostenere le industrie nazionali». In terzo luogo, è stato affrontato il tema della Difesa. «Il Giappone è impegnato a rafforzare radicalmente le sue capacità di difesa ed è pronto a contribuire in modo ancora più proattivo alla pace e alla stabilità della regione», ha dichiarato la Takaichi.Parole che hanno irritato Pechino. «A causa della storia di aggressione militarista del Giappone nei tempi moderni, le sue azioni militari e di sicurezza sono state a lungo attentamente osservate dai Paesi asiatici vicini e dalla comunità internazionale», ha affermato ieri il ministero degli Esteri cinese, che ha inoltre invitato polemicamente Tokyo a «riflettere profondamente sulle sue azioni passate». Già questa presa di posizione denota come, al netto del disgelo commerciale in corso, la tensione resti alta. Un discorso analogo vale per l’intesa, stretta da Washington con Tokyo sulle terre rare. Nonostante Pechino sembri essersi impegnata a differire le restrizioni sull’export dei minerali strategici, la Casa Bianca tende a non fidarsi troppo. Dall’altra parte, la Repubblica popolare teme l’attivismo di Washington nel Sudest asiatico, soprattutto dopo che Trump è riuscito a mediare il cessate il fuoco tra Cambogia e Thailandia. È anche per questo che, ieri, Pechino ha firmato un ampliamento del suo trattato di libero scambio con l’Asean.Ecco che dunque, più che una distensione vera e propria, quella tra Usa e Cina somiglia a una sorta di «tregua armata». L’irritazione mostrata ieri dal ministero degli Esteri di Pechino è indicativa di questo clima: un clima che potrebbe aleggiare sul faccia a faccia che Trump dovrebbe avere con Xi Jinping domani in Corea del Sud. Oltre ai dossier commerciali, i due parleranno di questioni geopolitiche: dal Medio Oriente al conflitto ucraino. Xi deve capire come muoversi di fronte alle sanzioni imposte dagli Usa a Lukoil e Rosneft, mentre Trump, alcuni giorni fa, aveva auspicato che la Cina potesse essere d’aiuto per favorire la conclusione della guerra in Ucraina.Del resto, un coinvolgimento di Pechino sul dossier ucraino è stato invocato anche dalla Segretaria di Stato vaticana. «Credo che ci voglia un grande coinvolgimento di tutta la comunità internazionale perché si possa arrivare a fare qualche passo verso la pace. E credo la Cina anche abbia una parola da dire: infatti il presidente Trump è attualmente in Cina e in Estremo oriente anche per toccare questo punto», ha dichiarato, ieri, il cardinal Pietro Parolin. Il punto è che, almeno finora, Pechino non ha avuto un reale interesse a contribuire a far finire il conflitto in Ucraina. In tal senso, Trump spera che a cambiare il quadro possano essere proprio le sue recenti sanzioni alle compagnie petrolifere russe: non dimentichiamo infatti che la Cina è il principale acquirente di petrolio da Mosca.
Benjamin Netanyahu (Ansa)
Andrea Sempio e Luciano Garofano (Ansa)