2024-06-18
La svolta di Bibi: ora su Gaza decide solo lui
Benjamin Netanyahu (Ansa)
Benjamin Netanyahu chiude il Consiglio che supervisiona le operazioni nella Striscia: «Era parte dell’accordo di coalizione con Gantz, che però si è dimesso. Ora non serve più». E poi lancia un chiaro messaggio di non interferenza all’ala conservatrice del suo governo.Svolta in Israele. Benjamin Netanyahu ha annunciato lo scioglimento del gabinetto di guerra, il consesso ristretto che era stato creato l’11 ottobre scorso per dirigere le operazioni belliche contro Hamas ed Hezbollah. Come ricordato dal Times of Israel, l’istituzione del gabinetto di guerra era stata chiesta da Benny Gantz che, la settimana scorsa, si è dimesso dal governo israeliano in polemica con Netanyahu sulla linea da adottare per la futura governance della Striscia di Gaza.In particolare, un funzionario dell’ufficio del premier israeliano ha riferito al Times of Israel che «ora che il governo di unità d’emergenza non esiste più, il gabinetto di guerra emerso come parte di tale accordo non è più rilevante». La medesima testata ha anche rivelato che da adesso in poi Netanyahu terrà delle consultazioni ristrette con il ministro della Difesa Yoav Gallant e con pochi altri funzionari competenti: consultazioni a cui non prenderà parte il ministro per la Sicurezza nazionale, Itamar Ben Gvir, il quale, negli scorsi giorni, aveva effettuato delle pressioni per essere ammesso all’ormai defunto gabinetto di guerra. Segno, questo, del fatto che, forse, il premier vuole tener lontana l’ala più conservatrice del governo dalla conduzione delle operazioni belliche, nonostante il peso politico di questa stessa ala sia notevolmente aumentato dopo le recenti dimissioni del centrista Gantz. Resta comunque il fatto che alcuni dossier saranno affrontati dal gabinetto di sicurezza, di cui Ben Gvir fa parte. Ma non è tutto. Delle fibrillazioni a destra sembrano essere emerse anche a seguito della proposta, avanzata dal ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, di sanzionare l’Anp e di realizzare quattro nuovi insediamenti in Cisgiordania: almeno fino a ieri pomeriggio, l’ufficio del premier si era rifiutato di commentare tale progetto.Qualche tensione si sta registrando poi tra Netanyahu e le forze di difesa. Il premier ha infatti criticato la decisione, presa domenica dai vertici militari, di tenere delle pause tattiche nell’area di Rafah per facilitare l’ingresso di aiuti umanitari. «Quando al mattino il premier ha sentito la notizia di una pausa umanitaria di undici ore, si è rivolto al suo segretario militare e ha chiarito che per lui ciò era inaccettabile», ha raccontato un funzionario israeliano a Reuters. Come che sia, ieri l’Idf ha reso noto di controllare almeno il 60% della città di Rafah. Bisognerà adesso capire quale impatto avranno sulla tenuta dell’esecutivo di Netanyahu sia lo scioglimento del gabinetto di guerra sia gli attriti con le alte sfere militari. Nel frattempo, ieri il premier ha avuto un incontro con l’inviato speciale americano Amos Hochstein: nel corso del meeting, a cui ha preso parte anche il consigliere per la sicurezza nazionale israeliano Tzachi Hanegbi, si è principalmente discusso dell’aumento della tensione con Hezbollah al confine libanese. È del resto noto che Joe Biden teme un allargamento del conflitto, che possa portare a un intervento diretto di quell’Iran che è il principale sostenitore dell’organizzazione terroristica sciita. Israele non sembra tuttavia disposta a lasciarsi intimidire. Proprio ieri, le forze israeliane hanno confermato l’uccisione di un alto esponente di Hezbollah nel corso di un raid. «La crescente aggressività di Hezbollah ci sta portando sull’orlo di quella che potrebbe essere un’escalation più ampia, che potrebbe avere conseguenze devastanti per il Libano e l’intera regione», aveva inoltre dichiarato, domenica, il portavoce dell’Idf, Daniel Hagari.Non si può quindi escludere che il fronte libanese possa rivelarsi fonte di nuove tensioni tra Biden e Netanyahu. D’altronde la questione continua a intersecarsi con la campagna elettorale americana. Su invito principalmente dei repubblicani, il premier israeliano parlerà al Congresso il prossimo 24 luglio. E, secondo Axios, svariati deputati dem punterebbero a boicottare il discorso, organizzando eventi alternativi in forma di protesta. È evidente come questa spaccatura in seno al Partito democratico possa azzoppare le chances di rielezione dello stesso Biden a novembre. A rendere ancora più preoccupante la situazione sono le crescenti ambizioni atomiche iraniane. Sabato, Gran Bretagna, Francia e Germania hanno criticato congiuntamente l’ulteriore espansione del programma nucleare di Teheran. Tutto questo, mentre il presidente iraniano, Mohammad Mokhber, si è sentito, domenica, al telefono con il primo ministro pakistano Shehbaz Sharif. Nel corso del colloquio, i due hanno auspicato un rafforzamento delle relazioni commerciali. Tuttavia non bisogna trascurare che il Pakistan è l’unico Paese a maggioranza musulmana a detenere attualmente la bomba atomica. E che, già ad aprile, l’allora presidente iraniano, Ebrahim Raisi, aveva consolidato i rapporti con il governo di Islamabad. È chiaro come queste manovre contribuiscano a incrementare le preoccupazioni di Israele e dell’Arabia Saudita.