2025-09-16
Berlino vara il suo protocollo Albania: «Spediamo i migranti dai talebani»
All’indomani dell’ennesimo successo elettorale di Afd, l’esecutivo di Merz annuncia «contatti tecnici» col regime afgano per rimandare a Kabul i criminali «sui voli di linea». E l’Europa subito applaude.Avreste mai immaginato che spedire i migranti in attesa di rimpatrio in Albania, peraltro in una struttura che è parte del territorio italiano, sarebbe stato più difficile che rimandarli nell’Afghanistan dei talebani? Forse, in Europa ci sono figli di un dio minore. Oppure, semplicemente, i giudici non sono uguali dappertutto: da noi mettono i bastoni tra le ruote, in Germania lasciano fare. Così, all’indomani delle elezioni comunali in Renania del Nord-Vestfalia, dove Alternative für Deutschland ha triplicato i consensi, il governo tedesco ha potuto annunciare di aver avviato «contatti tecnici» con il regime islamista, per rendere più efficiente il sistema delle espulsioni.«I rappresentanti dell’Afghanistan e quelli del ministero federale dell’Interno», ha spiegato ieri Alexander Dobrindt, titolare del dicastero ed esponente della Csu bavarese, «discutono insieme su come possono avvenire i rimpatri. Non vogliamo effettuare i rimpatri solo con voli charter», ha specificato: questo già avviene da un anno a questa parte. Da quando l’ex cancelliere socialdemocratico, Olaf Scholz, si rese conto di dover smuovere un po’ le acque per provare a limitare l’ascesa della destra. «Vogliamo renderli possibili», ha aggiunto Dobrindt, «anche con voli di linea. Si tratta quindi di questioni come l’identificazione, che devono essere concordate con i rappresentanti afgani». È in atto, appunto, un confronto sugli aspetti burocratici, ma l’accordo con Kabul dovrebbe essere finalizzato nel giro di poche settimane. «Vogliamo rendere possibili anche le espulsioni verso l’Afghanistan e la Siria», ha confermato il ministro di Friedrich Merz.Affinché la pillola sia meno umanitariamente indigeribile, da Berlino hanno assicurato che la corsia preferenziale riguarderà i «criminali», anche se i canali di comunicazione utilizzati saranno gli stessi che vengono attivati per consentire ad alcune famiglie sgradite ai fondamentalisti - magari perché avevano collaborato con gli occupanti americani - di trovare rifugio in Occidente. Dopodiché, le convenzioni sui diritti umani non prevedono mica che chi delinque sia gettato nella fossa dei leoni. Quale luminoso destino attenderà i furfanti di cui la Germania intende liberarsi, una volta che saranno ritornati tra le braccia dei talebani? Se ne preoccuperanno mai le toghe? Quelle nazionali, o almeno quelle della Corte di giustizia Ue? In fondo, dell’Afghanistan tutto si può dire, meno che sia un «Paese sicuro».Pensate cosa accadrebbe se i ricorsi giungessero sul tavolo dei magistrati italiani: il piano di Dobrindt farebbe la stessa fine del protocollo con Tirana. Per i giudici di casa nostra non è lecito rimandare gli immigrati in Egitto e in Bangladesh; figuriamoci se potrebbe esserlo inviarli in Afghanistan. Stato che, in realtà, non figura nemmeno nella lista governativa delle mete papabili per i rimpatri. Ma a Bruxelles come hanno reagito? Si sono subito mossi a copertura di Merz. Il commissario alla Migrazione, il popolare austriaco Magnus Brunner, ha dichiarato che il tasso effettivo di rimpatri nell’Ue, ad oggi pari a una persona ogni cinque destinatarie del relativo provvedimento, «non è accettabile. Credo che dobbiamo impegnarci di più con i Paesi terzi», ha aggiunto. «Dobbiamo usare di più la migrazione» come argomento di discussione in sede di negoziati con gli Stati extraeuropei. «Ecco perché», ha concluso Brunner, «abbiamo anche lavorato sui concetti di Paese sicuro, Paese terzo sicuro, Paese di origine». Peccato solo che, per vedere i frutti di tanto impegno, si dovrà attendere luglio 2026. In assenza di provvedimenti per anticiparne l’entrata in vigore, è allora che prenderà avvio il nuovo Patto europeo, con cui si dovrebbero riuscire ad aggirare le obiezioni della Corte del Lussemburgo, sulle quali fanno leva pure i tribunali italiani. Le toghe conserveranno margini di discrezionalità nella valutazione delle liste dei Paesi di provenienza, sì. Però, stabilire che una nazione può essere considerata sicura anche se non per il suo intero territorio e per tutte le minoranze politiche, etniche o sessuali, e in più stilare elenchi unici, validi nell’Unione, dovrebbe ridurre l’arbitrio dei magistrati. Nell’attesa, la Germania fa da sé.Va riconosciuto che, a parole, la Commissione aveva accolto con favore anche la «soluzione innovativa» dell’intesa tra Giorgia Meloni ed Edi Rama. L’ostacolo alla sua attuazione oggi è giuridico, non politico. I mediterranei, tuttavia, non godono di un sostegno attivo. E la loro pazienza si sta esaurendo: gli arrivi dalle rotte terrestri calano; quelli dalla Libia, via mare, proseguono. Il premier greco, Kyriakos Mitsotakis, ieri ha posto al presidente del Consiglio Ue, Antonio Costa, la questione della «protezione delle frontiere esterne». Il nostro ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha riconosciuto che ci sono «difficoltà», ma ha segnalato un incremento parti al 10% annuo dei rimpatri degli irregolari, grazie ai Cpr. Fatto sta che, mentre la Germania si accorda con i talebani, le sue Ong, i migranti, li portano in Italia: la Amira, battente bandiera tedesca, ieri ne ha depositati 31 a Lampedusa. Ecco l’Europa unita, umana, solidale.
Antonella Bundu (Imagoeconomica)
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