2025-02-27
Bergoglio continua a migliorare La Chiesa prepara la «lungodegenza»
Il Papa fa ancora progressi, di questo passo potrebbe essere sciolta la prognosi. Ma c’è un dubbio: poi in che stato sarà? C’è un «ulteriore, lieve miglioramento» nelle condizioni cliniche del Papa, ricoverato al Gemelli dal 14 febbraio. Così attesta il bollettino medico diramato ieri sera, confermando tuttavia una prognosi che «rimane riservata». La tac eseguita ieri l’altro «ha evidenziato una normale evoluzione del quadro flogistico polmonare», e nonostante il Papa non abbia più presentato «crisi respiratorie asmatiformi» (l’ultima sabato scorso) continua però «l’ossigenoterapia ad alti flussi». Da rilevare inoltre che «la lieve insufficienza renale riscontrata nei giorni scorsi è rientrata», un segnale positivo rispetto al rischio di un estendersi della infezione e anche «gli esami ematochimici ed emacrocitometrici della giornata odierna hanno confermato il miglioramento di ieri».Ieri mattina «il Santo Padre ha ricevuto l’Eucarestia. Il pomeriggio è stato dedicato alle attività lavorative». Non «è escluso, prima della fine della settimana, un incontro stampa con i medici per essere aggiornati della situazione generale». Sembra che la speranza sia quella di arrivare a superare la fase acuta dell’infezione polmonare e quindi sciogliere la prognosi. A quel punto il Papa potrebbe essere poi riportato a Santa Marta per completare una sorta di «lungodegenza» a domicilio e piano piano valutare la situazione. Ieri è stato diffuso il testo della catechesi del Santo Padre prevista per l’udienza. Papa Francesco commenta il brano del Vangelo della presentazione al tempio di Gesù, laddove, scrive il Papa, «il vecchio Simeone vede la morte non come la fine, ma come compimento, come pienezza, la attende come “sorella” che non annienta ma introduce nella vita vera che egli ha già pregustato e in cui crede». È un commento importante per chi vuole davvero comprendere questi giorni di sofferenza di papa Bergoglio, perché vanno al cuore della proposta cristiana, ci dice un monsignore dalle sacre stanze. «È il vero core business della Chiesa. Il chiacchiericcio di questi giorni è il segno di come il mondo non capisce la chiesa e la riduce a una istituzione fra le altre», chiosa il monsignore.Così è per il battage mediatico sulle dimissioni del Papa. A volte sembra un ritornello per dire a nuora perché suocera intenda. E la suocera sembra il «popolo di Dio», traghettato verso una progressiva riduzione del papato a una forma esclusivamente secolare e politica. Un ufficio tra gli altri. Un vescovo come gli altri, da mandare magari in pensione. I cardinali Pietro Parolin, Angelo Bagnasco e Gerhard Muller in questi giorni si sono tenuti alla larga da queste speculazioni, che appaiono spesso interessate a portare avanti un’agenda più che a preoccuparsi della salute del pontefice. Il cardinale Muller ha sottolineato al Messaggero che le dimissioni sono contemplate «dal diritto canonico solo in casi particolari e gravissimi, per esempio impedimenti cognitivi o per apostasia. Per i pontefici non dovrebbero valere i criteri dei leader politici o militari che ad un certo momento se ne vanno in pensione». Poi ci sono gli allarmi su corvi e corvacci che in questi giorni si sarebbero rialzati in volo sul Vaticano. Non si comprende bene dove siano però. La narrativa in voga in questi anni sugli anti-Bergoglio si riferiva spesso a fantomatici gruppi statunitensi e spesso si puntava il bersaglio contro il cardinale Raymond Leo Burke che l’altra sera era in prima fila a pregare il rosario per Francesco in piazza San Pietro. E al giornalista inglese Austen Ivereigh, primo biografo di Bergoglio, il Burke che prega per il Papa non va bene. In risposta a un post su X del giornalista americano Raymond Arroyo, Ivereigh fa sapere che Burke è «andato a pregare, il che non è un atto di carità per un prete». Eppure la settima opera di misericordia spirituale recita così: pregare Dio per i vivi e i defunti. E se lo fa un prete vale come per gli altri, anche se lo fa il cardinale Burke, il quale sarà anche americano e pure conservatore, ma almeno se prega per il Papa male non fa.Se il discorso si sposta sulle logiche di un futuro conclave non si capisce l’agitarsi degli autoproclamati difensori del Papa sofferente. In questi anni non si è ripetuto più e più volte che il collegio cardinalizio è stato ridisegnato a immagine e somiglianza di Francesco? Non si è ripetuto ad ogni occasione che «indietro non si torna»? L’agitazione di questi giorni allora non si comprende. E non si fa un gran servizio nemmeno al Papa, anzi. D’altra parte, come ha sottolineato il cardinale Parolin al Corriere, è «abbastanza normale che in queste situazioni si possano diffondere voci incontrollate o venga pronunciato qualche commento fuori luogo: non è certo la prima volta che accade. Non credo però che ci sia alcun movimento particolare». Basti ricordare cosa accadde durante gli ultimi anni di pontificato di Giovanni Paolo II, con un lungo svolazzare non di corvi, ma di veri e propri avvoltoi. Ora, in confronto, il cielo è libero e sventolare lo spauracchio dei corvi anti Francesco assomiglia di più al mettere le mani avanti, come a temere che qualcosa possa andare storto. E in fondo si riduce la Chiesa a un parlamento qualsiasi. Cosa che, ne siamo sicuri, al Papa sofferente non piace nemmeno un po’.
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