2020-06-19
Bergamo, l’inchiesta entra in Comune ma il sindaco Gori ha già assolto tutti
Giorgio Gori (Emanuele Cremaschi/Getty Images)
Le intercettazioni dello scandalo di padre Zanotti offrono un crudo spaccato della corsa all’oro dei sussidi per i migranti «Padre, guarda che io truffo. Che facciamo?». Se la domanda della presidente è bizzarra, la risposta del frate imprenditore è formidabile: «Vai avanti e non preoccuparti». Le intercettazioni dello scandalo dell’accoglienza a Bergamo offrono un crudo spaccato della corsa all’oro dei migranti, quel fiume di denaro che lo Stato metteva a disposizione degli onesti e dei disonesti. La surreale conversazione è fra Annamaria Preceruti e Antonio Zanotti, entrambi agli arresti domiciliari per truffa ai danni dello Stato (appunto) dopo l’entrata in vigore di una norma per loro pericolosa: l’obbligo di rendicontazione. Da tre anni i 35 euro al giorno (ridotti a 20 dai decreti Sicurezza di Matteo Salvini in via di revisione) per ogni profugo devono lasciare traccia, essere giustificati. E i disperati devono esistere, quindi firmare, anche nella premiata associazione Rinnovamento di Fontanella. Ma per continuare a ricevere sovvenzioni è bene che seguitino a essere fantasmi, a lavorare in nero, a non lasciare traccia. Così il business può mantenersi a livelli accettabili. È il sistema Zanotti, sono le accuse contenute nell’inchiesta del pm Fabrizio Gaverini che ha portato a tre arresti, 38 indagati - fra i quali l’ex direttore della Caritas di Bergamo don Claudio Visconti - e un totale di 82 persone coinvolte. Alcune associazioni citate nelle indagini sono di grande notorietà locale: Diakonia (braccio operativo della Caritas), Ruah, Patronato San Vincenzo, Pugno Aperto.Un filone dell’inchiesta entra direttamente in municipio, assessorato ai Servizi sociali. Perché era proprio il Comune a partecipare ai bandi nazionali per ricevere i finanziamenti e affidare poi la gestione a cooperative e associazioni con le gare d’appalto. E la maggioranza Pd, guidata da Giorgio Gori, era perfettamente in linea con la strategia dell’accoglienza diffusa, che l’opposizione di centrodestra (soprattutto la Lega) aveva ribattezzato «invasione assistita». Parlamentari di centrosinistra molto in vista nei governi di Matteo Renzi e Paolo Gentiloni (il ministro Maurizio Martina, Antonio Misiani, Elena Carnevali), sigle sindacali e realtà ecclesiastiche completavano la spinta sociale al grande abbraccio. Una realtà ritenuta scontata, che fa dire al sindaco Gori a L’Eco di Bergamo: «Ho visto queste associazioni lavorare, so cosa hanno fatto per i poveri e per gli ultimi in questi anni. Stato, Prefettura, Comuni hanno chiesto loro trovare soluzioni di estrema urgenza. Ero preoccupato del fatto che non ci fosse la capacità di gestire quell’ondata a cui non eravamo pronti. Senza questa accoglienza molti migranti sarebbero rimasti per strada generando condizioni di degrado». Il sindaco ammette l’emergenza, l’ondata, l’accoglienza in situazioni estreme. Mentre l’inchiesta purtroppo certifica che il degrado umano (caporalato, sfruttamento, cibi scaduti in tavola, gli abusi di Zanotti) non fu comunque evitato. La situazione rischia una replica con la sempre più vicina revisione dei decreti Sicurezza. Ieri a Un giorno da pecora (Radiouno) il deputato piddino Graziano Delrio ha ribadito: «I decreti li dobbiamo cambiare, hanno fatto male al Paese. Il sistema di accoglienza diffusa, che funzionava, è stato sostanzialmente smantellato». Funzionava? Un’uscita scivolosa perché l’inchiesta della Procura di Bergamo dimostra esattamente il contrario. Il leader delle Lega, Salvini, lo sottolinea: «Seguiremo con grande attenzione gli sviluppi dell’inchiesta, anche se il sindaco Gori, dopo aver sottovalutato il Covid, non ha imparato la lezione e si è già sbilanciato un’altra volta. In questo caso in favore degli indagati. Ribadiamo la tolleranza zero per chi sfrutta l’immigrazione per fare affari a spese degli italiani». Qualche numero è utile per comprendere la portata del fenomeno: nell’estate 2017 i richiedenti asilo in Bergamasca erano quasi 3.000 e la prefettura, che prevedeva di dover arrivare anche a 3.200, aveva predisposto un bando da 106 milioni per 18 mesi. Una cascata di denaro che faceva gola a tutti, la corsa era impetuosa e nel polverone si faceva fatica a distinguere l’associazione pia dal raider in cerca di lucro. Alberghi vuoti in Val Seriana, appartamenti comprati e ristrutturati per la bisogna da parte di società costituite una settimana prima, residence nella Bassa abbandonati dai lavoratori della Brebemi: tutto sembrava utile per l’accoglienza.Per gli abitanti fu uno shock. A Parre alcuni cittadini acquistarono un albergo in vendita per evitare che fosse adibito ai profughi. A Roncobello ci fu un blocco per non farli passare; in alcuni paesi venivano trasferiti di notte con blitz improvvisi nelle case parrocchiali e nei capannoni dismessi. A Valleve i disperati erano diventati più numerosi dei residenti. Microcriminalità ed emarginazione in aumento esponenziale. I sindaci della Lega protestavano, chiedevano invano udienza. «Il sistema di accoglienza era una mangiatoia, lo abbiamo sempre detto», ribadisce Alberto Ribolla, oggi parlamentare del Carroccio, tre anni fa capogruppo in Comune a Bergamo. Litigava con Gori che chiedeva di allargare a tutti i paesi l’attribuzione dei richiedenti asilo. Fu la meraviglia dell’accoglienza diffusa, presto ritorna.