2020-06-26
Bergamo, la prefettura: «Sindaco Gori e superprefetto, un gioco sporco sui migranti»
Il viceprefetto Adriano Coretti, intercettato con il presidente della Ruha, svela il trucco per far incassare soldi alle coop oltre i limiti consentiti. E tira in ballo il sindaco dem e l'ex capo di gabinetto del Viminale: «Siamo unici in Italia». Il metodo era piuttosto semplice, e a quanto risulta anche consolidato. Consentiva alle cooperative e associazioni coinvolte nella grande inchiesta bergamasca sull'accoglienza di continuare a percepire soldi ospitando nei loro centri stranieri che non avrebbero dovuto stare lì. Funzionava più o meno così. «La normativa di riferimento della prefettura di Bergamo», scrivono gli investigatori, «prevedeva che il migrante, nel momento in cui otteneva lo status di rifugiato o la protezione sussidiaria, doveva lasciare inderogabilmente il Centro di accoglienza straordinaria entro un massimo di 15 giorni dalla notifica del provvedimento». I responsabili della cooperativa Ruha e della onlus Diakonia della Caritas bergamasca, tuttavia, quando i migranti ottenevano lo status di profughi chiedevano (e solitamente ottenevano) una proroga di sei mesi. Come facevano? Semplice, facevano balenare «la prospettiva dell'inserimento di questi ultimi nel sistema Sprar». Cioè comunicavano che gli stranieri, in quanto profughi, sarebbero entrati a far parte del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati. Nell'attesa che ciò avvenisse, i migranti sarebbero rimasti nel Cas. «Detta condotta, sostanzialmente, ha consentito nel tempo al costituito gruppo criminale», spiegano gli inquirenti, «di continuare a percepire ingiustamente la diaria giornaliera di 35 euro per migrante».Solo che, a un certo punto, il meccanismo si è inceppato. Nel marzo del 2018, il viceprefetto Adriano Coretti fa sapere a Bruno Goisis, presidente della coop Ruha, che la prefettura avrebbe a breve revocato le misure d'accoglienza per «i migranti ospitati nei loro Cas che avevano ottenuto lo status di rifugiato». Coretti spiega a Goisis che non si può più continuare con le proroghe, perché la Corte dei conti ha iniziato a sentire puzza di bruciato. Coretti: «Però ti volevo dì una cosa, noi adesso gli arrivi incominceranno, vi incominceranno ad arrivare un bel po' di decreti di cessazione di quanti hanno ricevuto lo status [...] Perché la storia dei sei mesi, mmm ragazzi non sta più in piedi eh!». Goisis: «Bona! Ah... no?» Coretti: «Eh, però, e no, quindi preparatevi perché ci sono anche i nuclei familiari cioè... quindi noi non possiamo, perché la Corte dei conti in altre sedi ha rognato su questa cosa qua e quindi è un problema per voi ma lo è anche per noi». Goisis: «Eh immagino» [...] Coretti: «Abbiamo appurato che non e.., siamo l'unica prefettura». Goisis: «Non sta più in piedi insomma!» Coretti: «No, l'unica prefettura d'Italia punto, quindi mmmm non si può, va bene?». Già, Bergamo sarebbe l'unica prefettura d'Italia a prorogare la permanenza nei Cas dei migranti che non ne hanno diritto, dunque la cosa non si può più fare. Le coop, a quel punto, se la vedono brutta: «In merito a tale criticità», notano gli investigatori, «Goisis contattava Bezzi Francesco (economo di Diakonia, ndr) al quale comunicava, tra l'altro, la decisione presa dalla prefettura di Bergamo di porre fine ai sei mesi di proroga dell'accoglienza per timore dei controlli da parte della Corte dei Conti. I due a questo punto constatavano che in virtù di tale determinazione la Ruah-Diakonia avrebbe dovuto porre in checkout oltre 100 migranti con una grande remissione di guadagni». I due operatori della Ruah cercano di capire se ci sia modo di insistere, di far pressione su qualcuno. Sembrano non fidarsi di ciò che il viceprefetto Coretti ha detto. «Adesso cerco di capire [...] quanto sia vera sta roba della Corte dei conti», sbuffa Bezzi, «perché secondo me il Coretti rompe un po' i coglioni su sta roba». I responsabili della coop non sono intenzionati a mollare il colpo. Anche perché don Claudio Visconti - ex numero uno della Caritas considerato il responsabile dell'associazione a delinquere che si arricchiva sull'accoglienza - non vuole sentire ragioni. Così Goisis, il 15 marzo 2018, richiama Coretti in prefettura. Goisis: «Allora io penso che tu debba convocare il don Claudio perché... noi gli stiamo spiegando la questione dei sei mesi, dicendo che a tutti gli effetti la prefettura su una scelta del genere ha perfettamente ragione».[...] Coretti: «Blocchiamoci subito! Non cominciamo a rompere i coglioni su questa cosa qua! [...] Non cominciamo a rompere i coglioni voi e Gori te lo dico subito eh! [...] Piatto piatto, te lo dico subito eh, non scassate il cazzo perché altrimenti la denuncia alla Corte dei conti la faccio io a voi eh! Cioè non… abbiamo scherzato anche troppo su questo argomento eh!». Il viceprefetto Coretti è furibondo. Don Claudio della Caritas e la coop, dice, non devono rompere, perché prorogare la presenza dei migranti nei Cas non si può più fare: «Questa gente non deve stare più a spese dello Stato qui dentro, lo vogliamo capire?», grida. Ed è qui che il viceprefetto, secondo gli investigatori, svela «quali erano state le ingerenze esterne che avevano determinato le scelte operative» sulla gestione dei migranti a Bergamo. Sentite Coretti: «È stato fatto un gioco sporco con Morcone (il superprefetto Mario Morcone, Capo dipartimento immigrazione del ministero dell'Interno, ndr) su questa cosa qua, io non ci sto più, cioè te lo dico chiaro chiaro eh... non scherziamo più su questa cosa qui eh!». In buona sostanza, il viceprefetto Coretti sta dicendo che, se in passato si è concesso alle coop di ospitare migranti oltre i limiti stabiliti, è stato grazie alle pressioni del superprefetto Morcone e del sindaco di Bergamo. Gli investigatori lo scrivono senza mezzi termini: «Dalla captazione del dialogo in argomento emergeva che in passato la prefettura di Bergamo si era trovata nella medesima condizione riferibile ai migranti che avevano ottenuto lo status di rifugiato o la protezione sussidiaria e che avevano continuato a usufruire dell'accoglienza nei Cas, favorendo in questo modo le cooperative attraverso il recepimento della diaria giornaliera», si legge nelle carte dell'inchiesta. «In merito Adriano Coretti riferiva testualmente all'interlocutore che “questo gioco sporco" era stato attuato in virtù delle pressioni di vari “poteri" esercitate sulla prefettura di Bergamo, segnatamente quelle del sindaco di Bergamo Giorgio Gori e del prefetto Mario Morcone, con il risultato che quella di Bergamo era l'unica prefettura d'Italia ad autorizzare la permanenza prolungata ed indebita dei migranti che avevano ricevuto protezione internazionale o sussidiaria nelle strutture Cas». Ecco il succo dell'intercettazione: Gori e Morcone, tifosi delle frontiere aperte, facevano pressioni politiche. La prefettura di Bergamo concedeva proroghe sulla permanenza nei Cas, e le coop incassavano.
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