2024-12-12
Sala fa da agente immobiliare al Leoncavallo
Per 130 volte in 19 anni l’atto di sfratto per gli ex fricchettoni è stato trasformato in coriandoli con l’avallo sornione delle istituzioni. Ora il sindaco è pronto a trasferire il carrozzone ideologico altrove, allestendo un bando ad hoc simile a quello del «cugino» Lambretta.La fine è nota per via della stucchevole ripetitività da reality con i cuochi. Il 24 gennaio 2025 un ufficiale giudiziario tornerà nel centro sociale Leoncavallo di Milano, dribblerà il presidio dei soliti happy few della sinistra gruppettara in via Watteau entrando dalla porta di servizio, consegnerà l’avviso di sfratto al responsabile di turno e andrà a bere un caffè al baretto autogestito. Un caffè molto lungo perché è da 19 anni che il rito si ripete con quasi identiche modalità. Per 130 volte l’atto è arrivato a destinazione, per 130 volte è stato di fatto trasformato in coriandoli con l’avallo sornione delle istituzioni (sindaco e prefetto di turno). E per 130 volte è stato detto che «la prossima arriveranno anche i carabinieri per lo sgombero». Mai visti, difficile che si materializzino il 24 gennaio. Il teatrino non vuole sorprese. Per i fricchettoni che hanno campato nell’illegalità per quasi mezzo secolo - dal 1975 al Casoretto e dal 1994 nello stabile del quartiere Greco - è già stata sufficiente quella arrivata il mese scorso dalla Corte d’Appello, che ha condannato il ministero dell’Interno a risarcire con tre milioni di euro la società «L’Orologio srl» della famiglia Cabassi per il mancato sgombero dell’ex cartiera dopo la storica okkupazione. Una pessima notizia per loro, la sabbia ha ricominciato a scendere nella clessidra, gli interessi faranno lievitare la cifra, lo Stato sarà costretto a rivalersi sul Comune e la patata bollente è già finita sulla scrivania arcobaleno del sindaco Beppe Sala. La grana non farà rinunciare al borgomastro della metropoli tascabile i tepori del camino del cottage in Engadina, quello dimenticato qualche anno fa nel compilare la dichiarazione dei redditi. Ma prima o poi Vanity Sala dovrà affrontare la faccenda; adesso c’è un provvedimento esecutivo che recita: «Il rifiuto di assistenza della forza pubblica all’esecuzione dei provvedimenti del giudice, che sia determinato da valutazioni sull’opportunità dell’esecuzione medesima, costituisce un comportamento illecito lesivo del diritto». Il viceré della galassia leonka Daniele Farina (un ex antagonista miracolato come Ilaria Salis dall’estrema sinistra) ha già detto: «Su questa storia decide Milano, l’attore principale è il Comune che ha dato disponibilità a trovare una soluzione».Qui cominciano i problemi perché la maggioranza a Palazzo Marino è in piena sintonia con il centro sociale; nel 2022 attribuì l’Ambrogino d’oro alla fondatrice delle Mamme del Leoncavallo e di sgombero non vuole sentire parlare. Inoltre fra tre settimane sono 50 anni di illegalità e gli abusivi hanno già preparato il calendario dei festeggiamenti. La soluzione alternativa è quella adottata anche a Roma, Bologna, Torino a guida dem con colpo di spugna incorporato. Il sindaco è pronto a una regolarizzazione o a una (più improbabile) permuta. Vale a dire a trasferire il carrozzone ideologico altrove, allestendo un bando fatto su misura (ciò che accadde con il centro sociale Lambretta) per ripulirgli la fedina pubblica. Nei giorni scorsi Sala ha rilanciato: «Siamo pronti ad aprire un tavolo e a regolarizzare». Lui ritiene di poter riuscire nell’impresa indolore anche se ha già fallito una volta. Nel 2018 aveva proposto di non spostare nessuno ma di trasferire i diritti di edificazione da via Watteau ad altre aree di proprietà dei Cabassi. Questi ultimi erano favorevoli alla soluzione, con una sola preghiera: tempi rapidi. Un concetto sconosciuto al sindaco (do you remember stadio di San Siro e Metro 4?), quindi nulla di fatto. C’è anche un’ipotesi che terrorizza la giunta. È la prova di forza, la chiamata alla «disobbedienza civile in nome dell’antifascismo». Luoghi comuni già sentiti per giustificare ogni scempio. L’idea piace ai Verdi e agli altri centri sociali i cui rappresentanti erano l’altroieri a presidio al Leoncavallo. Non sembra dispiacere neppure a Pierfrancesco Majorino, rappresentante ufficiale del progressismo gruppettaro, che un anno fa durante la disastrosa campagna elettorale per le regionali in Lombardia fece passerella fra i compagni leonka con una cena proletaria. L’evento fu presentato così dagli organizzatori: «A colazione c’è lo sfratto, a cena Majorino». Lui postò sui social eskimo e barba, perse qualche decina di migliaia di voti in un’ora ma ebbe fremiti guevaristi. Visto che sogna di candidarsi a sindaco di Milano, c’è chi lo invita a maggiore prudenza.La morale della storia è permeata di tristezza e ipocrisia, con la municipalità costretta a scendere a patti con persone che da anni occupano illegalmente uno spazio privato, dove hanno impiantato floride attività spesso esentasse nascondendosi dietro l’ideologia e la dubbia utilità sociale (quella del bike-polo, con una bicicletta al posto del cavallo è tutta da studiare). Ieri il Vanity sindaco ha flautato un commento barricadero: «Stiamo cercando un nuovo spazio perché il Leoncavallo è un valore storico della nostra città». L’europarlamentare della Lega Silvia Sardone e il consigliere Samuele Piscina hanno replicato: «Parole gravissime, il sindaco faccia un passo indietro o si dimetta. Nel Leonka si spaccia droga alla luce del sole, si svolgono attività di ogni tipo senza pagare tasse o affitti. Non è concepibile che Comune e sinistra premino chi fino a oggi ha svolto solo attività illegali». Questo alle spalle dell’incolpevole Ruggero Leoncavallo, la cui opera più celebre s’intitola «Pagliacci».
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.