2021-08-06
Benvenuti nel green caos
Disparità per chi s'è vaccinato all'estero, stagione compromessa, false rassicurazioni mediche e il senso pericoloso di un liberi tutti (mentre siamo solo più controllati). Ecco le follie e le ingiustizie del foglio verde.Da cronista, ho l'abitudine di guardarmi intorno per osservare la realtà che mi circonda. Così, in questi giorni vado in giro domandando a turisti, baristi, ristoratori, albergatori eccetera che cosa succederà da oggi con l'entrata in vigore del green pass. Quello che segue è il rigoroso resoconto degli effetti a dir poco ingiustificati dell'introduzione del famoso lasciapassare che dovrebbe proteggerci dal Covid. Fiorella è un'italiana che vive e lavora a Londra e che si è vaccinata con Astrazeneca prima di noi. Quando nel nostro Paese ancora si aspettavano le fiale promesse da Domenico Arcuri, lei aveva già ricevuto entrambe le dosi. Tuttavia, una volta rientrata in Italia ha avuto una brutta sorpresa: nonostante fosse da considerare immunizzata a tutti gli effetti, per le nostre autorità non lo era, perché non poteva esibire un green pass come quello introdotto dal ministero della Salute. Risultato, da oggi non può sedersi al bar o al ristorante, dove al contrario si può accomodare qualsiasi italiano che abbia ricevuto una sola iniezione e dunque sia vaccinato, ma solo a metà.La storia di Giovanni invece è rovesciata. Lui vive in Italia e dopo aver ricevuto la prima dose si è imbarcato su un volo per Malta, ovviamente munito di regolamentare green pass. Risultato, una volta atterrato ha scoperto suo malgrado che il pezzo di carta scaricato con l'app del ministero valeva quanto la carta straccia e alla dogana gli sono state prospettate le seguenti possibilità: o ripartire per l'Italia con il primo volo raggiungibile o sottoporsi a una quarantena di dieci giorni dicendo addio alle vacanze. Inutile dire che si è imbarcato, facendo ritorno a casa.Enzo lavora come direttore di un importante albergo, che nelle sue camere vede sfilare turisti provenienti da tutto il mondo. Da oggi, in base al decreto del governo, deve pretendere che tutti gli ospiti che intendono usufruire di servizi come spa e piscina abbiano il green pass, ma se vogliono fare colazione o consumare un pasto nel ristorante dell'hotel non c'è problema. Ma se si è esterni, se non si soggiorna in hotel, che si fa? Senza dire poi che gran parte degli stranieri non è munita di certificato, un po' perché qualche Stato, come nel caso di Fiorella, non lo prevede o non ne rilascia uno riconosciuto, un po' perché il vaccino ricevuto è Sputnik o Sinovac, cioè i farmaci messi rispettivamente a punto da Russia e Cina, che da noi valgono più o meno come l'acqua fresca. La clientela araba, cioè quella più danarosa, si è prevalentemente immunizzata con Sinovac e dunque è esclusa dal godimento dei servizi alberghieri: niente spa o piscina al chiuso, dubbi sulla serata disco nel relais o al pianobar. Insomma, un soggiorno in semi quarantena, che ovviamente affosserà il turismo in arrivo da oltrefrontiera, che dovrà destreggiarsi fra i ristoranti esterni (vietati) e quelli interni (consentiti). Chi lo spiega poi agli italiani che in trattoria serve il lasciapassare e nel ristorante di lusso no? Dove sta la differenza di contagio?Riassumo poi brevemente il racconto di Carlo, manager che per lavoro viaggia molto all'estero: nonostante la doppia dose di vaccino e il regolare green pass, appena arrivato in Francia o Spagna ha dovuto sottoporsi al tampone, perché francesi e spagnoli considerano il nostro certificato meno di zero. Qualcuno potrebbe obiettare che questi sono solo problemi organizzativi, che nei prossimi giorni verranno affrontati e risolti. Sì, problemi d'avvio della campagna per indurre tutti gli italiani a vaccinarsi, che però si scontrano con una serie di incongruenze. La più lapalissiana è che mentre ai clienti di un ristorante si rende obbligatoria la vaccinazione per accedere ai locali al chiuso, per i camerieri e il personale di servizio non è richiesta. Cioè, per mangiare devi essere vaccinato, per cucinare o portare i piatti in tavola no. Due: a chi si lamenta e accampa la violazione dei diritti costituzionali con l'introduzione del green pass, si risponde che per sedersi al tavolo basta un tampone. Si tratterebbe dell'uovo di Colombo, peccato che l'uovo nasconda una sorpresa, ossia una trentina di euro a tampone, ovviamente a carico del cliente. No, replicano dal ministero della Salute e dintorni, introdurremo i tamponi a prezzi calmierati. In attesa di vederli (chissà quando), segnaliamo che anche pagando il test 10 euro si spenderà l'equivalente di una pizza. Una consumazione al prezzo di due, che si abbatte sulle persone a reddito più basso. Tre. Del resto, che a fare le spese del certificato vaccinale sarà chi ha meno soldi in tasca lo si desume anche dal fatto che il green pass vale per i treni a lunga percorrenza, cioè per l'alta velocità, mentre per quelli dei pendolari, che di regola sono i più affollati, niente. Chi mi sa spiegare la differenza? I lavoratori a basso reddito sono esenti dal contagio e quelli di prima classe no? Oppure bisogna proteggere i primi e per i secondi sono finiti i soldi? Tralascio le difficoltà di chi ha avuto il Covid, ma non ha il green pass, di chi il vaccino lo vorrebbe fare ma non può, perché incinta o a causa di malattie che non consentono l'inoculazione, e quindi non potrà frequentare luoghi ove sia richiesto il green pass. Anche a questo, a sentire le autorità, si troverà una soluzione, ma per ora chi è in tali condizioni si rassegni a restare a bocca asciutta e a non viaggiare. Arrivati a questo punto del racconto, qualcuno potrebbe chiedermi perché io ce l'abbia tanto con il lasciapassare vaccinale. Forse in quanto sono contrario al farmaco anti Covid e non ho il lasciapassare, dunque non posso viaggiare o mangiare al ristorante? No, il motivo lo spiego subito: siccome da cronista osservo ciò che mi sta intorno, noto che il green pass è ritenuto una specie di garanzia di immunità, che permette comportamenti che altrimenti dovrebbero essere evitati. Risultato, ci si contagia e si fa correre il virus senza neppure rendersene conto. Andrea Crisanti, il dottore che fino a ieri veniva venerato come un santo perché per primo aveva parlato della necessità di fare i tamponi, dice che il 16% dei ricoverati in ospedale ha ricevuto la seconda dose. In Israele, il Paese più avanti di altri con le immunizzazioni, i dati sono anche peggiori: il Jerusalem Post segnala che circa il 60% dei pazienti in gravi condizioni sono vaccinati e il 90% dei nuovi contagi sopra i 50 anni si registra tra persone che hanno ricevuto due dosi. Quindi, far credere che basti il green pass per evitare di prendersi il Covid o qualche variante non solo è sbagliato, ma è anche pericoloso, perché crea l'effetto liberi tutti. E, invece, liberi non siamo.