2020-12-18
Benotti imbarazza il commissario: «Fu lui a chiedermi le mascherine»
Il giornalista, indagato per i mega compensi sull'acquisto dei dispositivi, va a Porta a Porta e coinvolge Mr. Invitalia: «Mi chiese una mano». Non è chiaro se fosse già stato incaricato della gestione dell'emergenza. L'inchiesta per l'acquisto di 800 milioni di mascherine cinesi da parte della struttura del Commissario straordinario per l'emergenza sanitaria ruota tutta intorno al ruolo del commissario Domenico Arcuri (non indagato), che gli inquirenti romani ritengono sia stato messo in mezzo dai soggetti che hanno incassato la bellezza di 63,5 milioni di commissioni. In particolare da Mario Benotti, giornalista Rai in aspettativa non retribuita, che avrebbe «sfruttato le sue relazioni personali con Arcuri» per far ottenere le commesse agli imprenditori Andrea Vincenzo Tommasi e Jorge Solis, impegnati in settori diversi da quello biomedicale.Ma per configurare il reato di traffico di influenze di cui sono accusati sei degli otto indagati occorre esercitare indebite pressioni sul pubblico ufficiale.E Benotti, il trait-d'union della presunta cricca con Arcuri, nega di aver effettuato alcuna pressione. Anzi di essere stato da lui incalzato. Ai suoi avvocati, Alessandro Sammarco e Giuseppe Ioppolo, ha riferito di conservare nel cellulare i messaggi di sollecito ricevuti dallo stesso Arcuri.Mercoledì in un'intervista rilasciata a Bruno Vespa, Benotti ha dichiarato: «Era un periodo in cui io parlavo con Arcuri di varie questioni. Stavo preparando un libro, su questioni di politica industriale eccetera. Poi scoppiò l'emergenza e fra le tante persone che, immagino, siano state interpellate, Arcuri mi chiese di dare una mano nella ricerca di dispositivi di protezione individuale (…) Misi in contatto la Protezione civile, cioè l'ufficio del commissario Arcuri, e la persona che ritenevo in quel momento più importante…». Cioè l'ingegnere Tommasi. A questo punto il giornalista aggiunge: «Quando cercai evidentemente all'interno dei miei contatti, di vedere come si poteva dare una mano, io informai Arcuri: “Forse abbiamo una soluzione" e Arcuri mi mise immediatamente in contatto con la struttura tecnica. Dopodiché, Arcuri in questa vicenda non è più entrato».Non è chiaro quando tutto questo sarebbe successo. E in questa storia le date sono importanti.Noi purtroppo non siamo riusciti a parlare con Benotti, ma ci piacerebbe avere dei chiarimenti sulla sua ricostruzione. Infatti Arcuri a inizio marzo era ancora l'ad di Invitalia e la sua nomina a commissario straordinario è stata annunciata dal premier Giuseppe Conte solo il 12 marzo, nomina divenuta effettiva il 17 dello stesso mese. Ma gli investigatori hanno scovato le proposte di incarico da parte di due aziende cinesi, aventi a oggetto «consulenza in tema di promozione e vendita –in Paesi diversi dalla Cina- di dispositivi medici», datate 10 marzo e 16 marzo. Dunque a partire dal 10 marzo Tommasi aveva pronti i fornitori che avrebbero fatto planare sull'Italia oltre 800 milioni di mascherine in Italia, anche se i contratti sono stati firmati il 25 marzo e il 15 aprile.È vero che è stato Arcuri a chiedere aiuto a Benotti e non, invece, il giornalista a proporsi? Se è così, perché il commissario si è rivolto a un uomo impegnato in business molto diversi da quello delle mascherine? E ancora, Arcuri ha incaricato Benotti quando era già commissario o prima? C'entrano qualcosa i rapporti di Benotti con la politica nel suo coinvolgimento da parte della struttura emergenziale? A Porta a Porta il giornalista ha negato: «Io non ho utilizzato nessun canale della politica né della maggioranza, né dell'opposizione» e ha assicurato che «nessun uomo politico sapeva della provvigione».Quando Vespa ha fatto notare a Benotti che le sue aziende si occupavano di tutt'altro, lui ha risposto: «Io presiedo un consorzio di ricerca pubblico e privato, che lavora nel settore delle scienze della vita e con una serie di società collegate e una serie di contatti internazionali».Questo consorzio si chiama Optel, ha sede a Mesagne in provincia di Brindisi e su Internet si legge che è «attivo nel settore della ricerca in campo della microelettronica, meccatronica, sensoristica avanzata di estrema precisione, con applicazione (esemplificative) in campo militare, civile, medico e di protezione idrogeologica». Insomma i dispositivi non sembrano proprio il core-business.In più nell'oggetto sociale si legge anche che «il Consorzio non ha scopo di lucro e che la sua gestione non deve portare alla distribuzione di utili sotto qualsiasi forma».Per incassare la provvigione da 12 milioni di euro Benotti ha scelto un'altra delle società in cui ha un ruolo, la Microproducts It. Ricavi senza spese, ottenuti mettendo semplicemente in contatto Arcuri con Tommasi e poi quest'ultimo con la struttura.Durante l'intervista il giornalista imprenditore ha sparato un po' di numeri a caso, sostenendo che grazie a lui lo Stato avrebbe risparmiato quasi 850 milioni di euro, rispetto ai prezzi stabiliti dalla Consip, e che a marzo le mascherine chirurgiche si pagavano anche «7, 8, 10 o 12 euro».Infine Benotti ha scaricato sul socio Tommasi la decisione di coinvolgere nel business l'ecuadoriano Solis, che ha incassato 3,8 milioni di commessa con una società che si occupa di bibite e che è stato segnalato agli uffici tecnici della Protezione civile dallo stesso Benotti: «Personalmente non lo conosco» ha precisato il giornalista. «A me l'ha segnalato l'ingegner Tommasi. E io ho detto alla Protezione civile che c'erano queste due persone che si stavano occupando di questa cosa. In quel momento posso aver peccato di non aver controllato che questo signore si occupasse di bevande». Alla fine Benotti ha ringraziato il Signore per l'importante guadagno e Vespa per avergli dato la possibilità di dare la sua versione: «Quello che mi sta a cuore è spiegare che questi soldi sono arrivati, sono su una società, e non sono miei personalmente e che sono soldi anche in via di reinvestimento e su cui si pagheranno le tasse. Se avessi avuto qualcosa da nascondere non li avremmo fatti venire qua».
Palazzo Berlaymont, sede della Commissione europea (Getty Images)
Manfred Weber e Ursula von der Leyen (Ansa)
Il cancelliere tedesco Friedrich Merz (Ansa)
Ursula von der Leyen (Ansa)