2024-04-23
Beccati gli anarchici che devastarono Torino
Identificati i facinorosi solidali con Alfredo Cospito che nel marzo 2023 trasformarono la città piemontese in un campo di battaglia e ferirono diversi agenti. Indagati 75 manifestanti ed eseguite 19 misure cautelari, tra cui domiciliari e divieti di dimora.L’eterno ritorno dei compagni che sbagliano. Quattro marzo 2023. Torino diventa un campo di battaglia. Il corteo per il terrorista Alfredo Cospito, detenuto al 41 bis, è il passato che non vuole passare. Negozi distrutti, auto danneggiate, vetrine in frantumi, cartelli divelti, cassonetti incendiati. Una sfida contro lo Stato, che ha osato il carcere duro. E la minaccia di vendicare il torto subito. Adesso sono indagati 75 anarchici. E altri 19 hanno ricevuto misure cautelari, tra cui diversi arresti domiciliari. Mascherati con sciarpe, passamontagna, caschi e maschere, sfilano più di un anno fa in centro a Torino scandendo slogan in odio a governo e carceri. I protagonisti dell’inchiesta sono la frangia più violenta di quel corteo di 400 antagonisti. Che non mettono solo a ferro e fuoco la città. Contro gli agenti lanciano petardi, bombe carta, sassi e bottiglie. I reati contestati ora agli anarchici sono devastazione, violenza e lesioni aggravate a pubblico ufficiale. E risponderanno anche degli ingenti danni: 630.000 euro. «Plurimi danneggiamenti protrattisi per oltre due ore» scrive il gip del tribunale di Torino, nella corposa ordinanza di custodia cautelare che ricostruisce quel pomeriggio di un giorno da cani. «L’azione violenta ha interessato beni sia pubblici che privati, colpiti in modo indiscriminato e fine a se stesso». Sfigurando una zona centrale della città. Costringendo i residenti a rifugiarsi dentro i palazzi e i titolari dei negozi a chiudere le saracinesche. «Il corteo anarchico ha dunque provocato un significativo pericolo per l’ordine pubblico» aggiunge il giudice. Che insiste sull’«assetto paramilitare del corteo». Le «barricate create ad arte» con «cassonetti incendiati, reti metalliche, scudi rinforzati e arredi urbani» hanno «impedito l’intervento della forza pubblica». Una dettagliata pianificazione criminale confermata anche da una precisa ripartizione di ruoli tra capi e capetti, che comunicavano pure con le ricetrasmittenti. Il gip parla, infatti, di «inequivocabile preordinata organizzazione delle azioni violente». L’avanzamento come una falange, i manifestanti mascherati, il continuo lancio di fumogeni, la coda del corteo che crea «barriere protettive». Serie di eventi «del tutto incompatibile con azioni sporadiche e casuali dei singoli partecipanti».Torniamo allora a quello scellerato 4 marzo 2023. Tutto fila liscio fino alle 18.30. Ma quando parte la manifestazione, gli anarchici si nascondono dietro un grande telo bianco. Sono i fumogeni ad annunciare quella che il gip definisce la «mutazione del corteo». Indossano maschere, caschi ed elmetti. Comincia l’assalto. Cassonetti, tavoli e reti vengono piazzate sul percorso per impedire l’intervento degli agenti. Dove passano i barbari rossi, non cresce più l’erba, già scarsina in città. Tutto distrutto. L’ordinanza compendia i risultati dello sfacelo: porte, vetrine, tre istituti banche, un’agenzia immobiliare, cinque esercizi commerciali, una società, un supermercato, la galleria d’arte, ventuno macchine. Oltre che le devastazioni di beni pubblici, ovviamente: dai parchimetri alla segnaletica. Sampietrini, bombe carta, fumogeni, bottiglie e petardi colpiscono gli agenti che tentano di fermare quella furia bestiale. Alcuni vengono feriti: il più grave avrà una prognosi di cento giorni. E può andar peggio. Come spiega l’ordinanza, c’è allora un «rischio elevato di conseguenze per l’incolumità delle persone: sia in ragione della conformazione dei luoghi, sia tenuto conto della significativa presenza, il sabato pomeriggio, di numerosi cittadini».In testa al corteo c’è una leggenda dell’anarco-insurrezionalismo italico: Pasquale Valitutti, finito ai domiciliari. Testimone controverso nella notte fra il 14 e il 15 dicembre 1969 quando morì Giuseppe Pinelli, «Lello» era in questura a Milano, tra i fermati per la strage di piazza Fontana, assieme anche a Pietro Valpreda. Nei cortei, compreso quello per cui adesso è stato arrestato, Valitutti procede con la sua sedia a rotelle elettrica, il berretto di lana sul capo e le lenti spesse. Settantasei anni. E mezzo secolo di indomita lotta. L’ordinanza riferisce il suo grido di guerra per il compagno Alfredo: «Gli anarchici storicamente non dimenticano i loro nemici. Non lo hanno mai fatto. Quando si creeranno le condizioni storiche, questa gente pagherà». E poi, a convalidare le minacce: «Quando cambieranno i tempi, nel corso della storia, loro pagheranno per ciò che hanno fatto».E quel corteo «paramilitare» è l’avvisaglia. Un messaggio allo Stato. Anzi, al governo di centrodestra. Il giudice passa in rassegna le scritte minacciose, tra cui quelle contro il ministro della Giustizia: «Nordio boia» oppure «Nordio appeso». Peccato che la firma per mandare Cospito al 41 bis l’abbia messa chi l’ha preceduto in via Arenula: Marta Cartabia. Ma, come spiega Valitutti, Nordio «si è allineato a Meloni». Lotta dura e senza paura. Soprattutto adesso, quando di rosso a Palazzo Chigi non è rimasto nemmeno un fioco riverbero.
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
Continua a leggereRiduci
Mark Zuckerberg (Getty Images)