2024-03-22
Ora la Bce smentisce la sua smentita pur di spingere la transizione verde
Il bollettino Eurotower parla di debolezze nel settore del credito e individua la ricetta nell’unione bancaria, utile alla svolta green. Ma solo 4 giorni fa un suo rapporto denunciava: «La stretta eco affossa le aziende».Una, nessuna, centomila. Ormai la Bce è un ente pirandelliano. Diviso in tante anime, ognuna che punta a curare gli interessi dei propri Paesi di riferimento. Paesi che hanno economie diverse, paghe diverse e percentuali di inflazione assai divaricate. Il tutto meriterebbe un bel saggio. E pure un tratto di sorriso (per rimanere nel tema pirandelliano) distaccato. Solo che per noi cittadini europei, che alla fine siamo vittime di questa schizofrenia, è difficile mantenere un distacco atarassico. Se poi si ha un mutuo, una casa e un’azienda, la sofferenza rasenta la rabbia. Rabbia che ieri, in occasione del consueto bollettino economico, è inevitabilmente salita di un’asticella. Dopo aver cannato per un paio di anni le previsioni sull’inflazione e sul Pil, l’Eurotower ci spiega che «l’economia del Vecchio continente rimane debole, i consumatori contengono ancora le spese, gli investimenti registrano una moderazione e le esportazioni delle imprese diminuiscono, per effetto di un rallentamento della domanda estera e di alcune perdite di competitività». Ne segue per il 2024 un nuovo taglio delle previsioni sul Pil. «Tuttavia» assicura la Bce, «le indagini congiunturali indicano una ripresa graduale nel corso di quest’anno». Domani, insomma, andrà meglio. Come è difficile comprenderlo, visto che l’occupazione alla fine del 2023 è salita, ma il prodotto per occupato diminuisce ulteriormente. Manca manodopera specializzata, che secondo i vertici di Bruxelles andrebbe rimpiazzata con l’arrivo di migranti. La Bce si guarda bene dal sottolineare anche in questo caso che siamo di fronte a un circolo vizioso che abbatterà ulteriormente le paghe e pure la produttività. D’altronde, come si evince sempre dal bollettino di ieri, i vertici della Bce sono concentrati su altro. O meglio su un altro circolo vizioso che stavolta è tutto in capo a Francoforte. Il rialzo dei tassi e i costi per le banche. Citiamo il testo: «I governi dovrebbero continuare a revocare le misure di sostegno connesse all’energia affinché il processo di disinflazione prosegua in maniera durevole. Le politiche strutturali e di bilancio dovrebbero essere rafforzate per rendere l’economia dell’area più produttiva e competitiva, per espandere la capacità di offerta e ridimensionare gradualmente gli elevati rapporti fra debito pubblico e Pil». Fin qui tutta teoria di per sé condivisibile se non fosse che si tratta dell’ennesima prefazione che porta alla coazione a ripetere che abbiamo sperimentato più volte sul tema dell’inflazione. «Serve», si legge sempre nel testo, «una più rapida attuazione del programma Next generation Eu e un atteggiamento più deciso verso la rimozione delle barriere nazionali per realizzare mercati bancari e dei capitali più spessi e integrati che possono contribuire ad aumentare gli investimenti nelle transizioni ecologica e digitale e a ridurre le spinte sui prezzi nel medio periodo». Per la Bce, dunque, «occorre attuare senza indugi il nuovo quadro di governance economica dell’Ue».Prima grossa contraddizione. La Banca centrale rileva debolezze nel settore bancario (extra costi e impennata delle sofferenze) e quindi in pratica suggerisce di attuare al più presto l’unione del sistema del credito. Esattamente ciò che vuole Bruxelles. Al di là dell’indipendenza che l’Eurotower dovrebbe perseguire, sono le politiche sbagliate sui tassi (per combattere un’inflazione che invece era di altra natura e tutta proveniente dalle crisi post Covid e post guerra) che hanno messo le banche in difficoltà e ora la stessa Bce, dopo essere stata la malattia, propone una cura che è tutta di matrice politica e non monetaria. A pensar male si fa peccato, ma non si sbaglia mai. Stesso discorso sull’altra enorme contraddizione sulla transizione green. Qui siamo al paradosso del paradosso. Nel 2021, la Bce premiava una tesi di laurea della London school of economics il cui concetto era: la transizione green crea povertà, riduce la produttività e i posti di lavoro. Un anno e mezzo dopo, Christine Lagarde, numero uno della Bce, lancia una litania. E spiega che uno dei principali compiti della banca è perseguire la transizione green. E, nella realtà, fa di tutto per passare dalle parole ai fatti. Nuove regole, più fondi Esg. Il tutto per sostenere il modello definito dalla Commissione targata Frans Timmermans. Poco importa che la realtà si ostini a essere diversa dai desiderata, la Bce tira dritto. Fino a quattro giorni fa quando sul sito della Bce viene pubblicata una ricerca che contraddice totalmente le parole della Lagarde e la teoria green. «Una stretta verde decisa e rigorosa affosserà di circa un terzo in cinque anni le performance economiche delle aziende meno efficienti». Il report dell’Eurotower prende in esame l’impatto degli choc recenti e dei cambiamenti strutturali tuttora in corso (oltre alla transizione ecologica, pure quella digitale) sulla produttività, alla luce dei dati raccolti in sei tra le più grandi economie nell’area della moneta unica, tra cui l’Italia. Ma se pensate che sia finita qui vi sbagliate. Nel bollettino di ieri la smentita della teoria green viene a sua volta smentita. Ripetiamo la frase per essere sicuri di aver compreso bene. La Bce invoca riforme bancarie e «la rimozione delle barriere nazionali per realizzare mercati dei capitali [...] che possono contribuire ad aumentare gli investimenti nelle transizioni ecologica». Capito? Il green fa male all’economia, ma va perseguito. Errare umano, perseverare Bce.
Giorgia Meloni e Donald Trump (Ansa)