2018-11-30
Batterio killer negli ospedali. Richiamati 10.000 pazienti
Lettere della Regione Veneto a chi potrebbe aver contratto l'infezione: «Occhio ai sintomi». Numeri verdi d'emergenza.Dopo sei morti accertate e 16 contagi, la commissione tecnico scientifica della Regione Veneto ha deciso che invierà una lettera informativa ai 10.000 pazienti che, tra il 2010 e la fine del 2017, potrebbero essere stati contagiati dal Mycobacterium chimaera. Il batterio killer, annidandosi nelle macchine che riscaldano o raffreddano il sangue quando il paziente è sottoposto a circolazione extracorporea, potrebbe aver contagiato migliaia di persone operate per la sostituzione di una valvola cardiaca nelle cardiochirurgie degli ospedali di Vicenza, Treviso, Mestre e Padova. Il gruppo di lavoro istituito dalla Regione, guidata dal leghista Luca Zaia, ha applicato il principio di «massima precauzione» contro il killer microscopico e, come si legge in una nota, visto che «il batterio sembra essersi annidato già nel sito di produzione del dispositivo, la Regione si sta tutelando nei confronti della ditta». Il protocollo d'intervento è stato condiviso anche con l'Emilia Romagna, dove sono state accertate due vittime al Salus Hospital di Reggio, e che preparerà altre 10.000 lettere informative per altrettanti persone a rischio. Sui contenuti della missiva che raggiungerà i pazienti di queste regioni, ad oggi si sa che, oltre a indicazioni sui possibili sintomi dell'infezione, ci saranno «i numeri di telefono da contattare per qualsiasi evenienza e per gli eventuali approfondimenti clinici necessari». La questione è assai complessa. Il Mycobacterium chimaera è molto diffuso in natura, soprattutto nell'acqua potabile, ma generalmente non è pericoloso per la salute umana. I rari casi di infezione sono stati riscontrati in Europa e negli Stati Uniti solo in pazienti che erano venuti a contatto con i dispositivi usati durante interventi cardiochirurgici in circolazione extra corporea. Il primo caso di infezione associato a questo tipo di dispositivo risale al 2014, ma non si escludono casi anche a partire dal 2011. Il problema è che il periodo di incubazione è lungo: da 3 mesi a 6 anni (mediamente sono 17 mesi). Segni e sintomi sono generalmente aspecifici e comprendono affaticamento, febbre e perdita di peso. Non esiste una terapia e, quel che è più grave, il tasso di mortalità è circa del 50%. Attualmente, l'entità dell'epidemia globale non è nota con esattezza. L'Italia sembrava esclusa dall'emergenza di queste nuove infezioni; invece, a inizio novembre, è scoppiato il caso in seguito a un esposto presentato, alla procura di Vicenza, dalla famiglia di Paolo Demo, anestesista morto il 2 novembre, stroncato dal batterio contratto all'ospedale San Bortolo di Vicenza in seguito a un intervento al cuore nel 2016. Il medico, che era a conoscenza dell'origine dalla sua infezione, aveva tenuto un diario per documentare l'evolversi dell'infezione. Dal suo memoriale è partito l'allarme. Sono 40.000 le procedure di circolazione extracorporea svolte in un anno in Italia e, come fa sapere il ministero, quasi tutte sono compiute con lo stesso dispositivo della LivaNova Deutschland GmbH che ha provocato l'infezione. Lungo lo Stivale ci sono 218 dispositivi potenzialmente a rischio. Finora le morti, tra accertate e da accertare, arrivano a una decina. Tutte le Regioni sono state richiamate dal ministero a indagare nei propri database per vedere se vi siano casi sospetti . La task force veneta assicura che i macchinari delle cardiochirurgie di tutti gli ospedali «sono già stati messi in sicurezza e, in alcuni casi, sostituiti. Viene data a tutti i reparti l'indicazione di collocare tali macchinari, di qualsiasi marca di fabbricazione essi siano, all'esterno della sala operatoria». Inoltre, fanno notare i tecnici, visto che i dati in letteratura «hanno evidenziato che il batterio sembra essersi annidato già nel sito di produzione del dispositivo, quindi antecedentemente all'installazione in sala operatoria, la Regione Veneto si sta tutelando nei confronti della ditta produttrice». Il problema è che le procedure potrebbero non bastare. Il batterio killer è stato isolato infatti non solo nei dispositivi incriminati, ma anche nei campioni d'aria della sala operatoria dove questi dispositivi erano utilizzati. La trasmissione della contaminazione potrebbe avvenire anche attraverso i membri dello staff. Inutile pensare di risolvere il problema sostituendo le apparecchiature. La ditta, che già nel 2015 aveva raccomandato la sanificazione da parte dei detentori del macchinario, ricorda che la contaminazione può verificarsi non solo nel sito produttivo, ma anche durante il trasporto e nello stesso ospedale. Solo la procedura di decontaminazione correttamente eseguita può ridurre al minimo il rischio.
Un frame del video dell'aggressione a Costanza Tosi (nel riquadro) nella macelleria islamica di Roubaix
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)