2022-11-10
«Bastardi e pupazzi»: per Saviano libertà è licenza d’insulto al governo
Nel mirino di mister Gomorra ci sono Giorgia Meloni, Matteo Salvini, Matteo Piantedosi. La spara sempre più grossa, fa il bullo e si proclama «fiero per tutto il fastidio che gli do». Ma poi frigna quando gli chiedono un risarcimento danni.Gli chiedono, all’esagitato Roberto Saviano, se ridirebbe «bastardi» a Giorgia Meloni e Matteo Salvini. E lui risponde proprio di cuore, il suo cuore: «Senza dubbio. Usando il potere unico di uno scrittore. La parola». Ché se di mestiere facesse invece il pugile, il campione di Gomorra avrebbe a disposizione anche il «potere unico» di cazzotto. E sarebbe a quel punto inarrestabile, un vero super eroe: licenza di insulto e licenza di menare. Ieri, intervistato da La Stampa, Saviano ha ribadito gli epiteti dell’altro giorno a premier e vicepremier, li ha meglio motivati, diciamo così, e ne ha aggiunti anche al ministro degli Interni, Matteo Piantedosi, che si è beccato del «pupazzo». Il tutto in un fiume di ragionamenti non sempre lucidissimi, ma all’insegna dello spararla sempre più grossa. Seguire il filo logico di Saviano, specie un Saviano così arrabbiato, non è semplicissimo. Ma se si prova a farlo, tocca partire dalla fase politica. Per lo scrittore campano, che nega qualunque emergenza immigrazione, «le vere emergenze sono il razzismo e i diritti umani». Sono emergenze che riguarderebbero quasi tutti i partiti, compreso il centrosinistra, «che ha il piglio dell’amministratore del potere e rifugge ogni questione che considera divisiva, perdendo consensi, elettori e faccia». Ma il problema vero è sul fronte opposto, perché secondo Saviano, «la destra ha la ferocia che solo la spensieratezza degli ignoranti può concepire». E qui, se non fosse che lui fa lo scrittore e ha «il potere della parola», saremmo già ai primi due insulti: feroci e ignoranti. Parlando di immigrati, l’occasione fa il Saviano mordace e quindi tocca anche a Salvini, che si prende una nuova razione di pensiero illuminato. Dice il Saviano che il capo del Carroccio, nonché vicepremier, «è una persona intellettualmente basica». Questo perché «per lui il ragionamento è semplice: migranti stranieri portati in salvo da navi straniere» sono «stranieri al quadrato e raddoppio del consenso». Nel caso «intellettualmente basico» possa sembrare un momento di moderazione savianea, quasi un’autocensura, ecco quali ne sarebbero le conseguenze: «Questa basicità genera morte e disperazione, oltre a gettare vergogna sul nostro Paese». Nel mirino dello scrittore scatenato, con la sua licenza d’insulto, entra anche il capo del Viminale. Di Piantedosi, Saviano si limita a dire che «pur di far carriera ha scelto di fare il pupazzo Rockfeller di Salvini», citando il corvo ventriloquo della tv anni Ottanta. Chissà se avrebbe avuto il coraggio di insultare così un suo predecessore illustre come Francesco Cossiga, che aveva la risposta fulminante. In ogni caso, occhio anche al Saviano giureconsulto, capace di leggere il futuro quando afferma che «il ministro è destinato a vedere i suoi decreti bocciati dalla Corte costituzionale». Il cuore dell’intervista, in ogni caso, resta sempre la storiaccia degli insulti tv a Meloni e Salvini, con quel «bastardi» che non è passato inosservato, ovviamente. Come prima cosa, Saviano fa un po’ il bullo e butta lì, di fronte ai processi che lo aspettano: «Sono fiero per tutto il fastidio che gli do. Ai loro livelli si querela quando non se ne può più, quando si crede di doverne intimidire uno, magari con più visibilità, per intimidirne cento». Ma no, il Saviano non si intimidisce certo per un paio di querele. Lui che otto anni fa fu capace di chiedere 4,7 milioni di euro alla nipote di Benedetto Croce e a un giornale, che osarono mettere in dubbio il suo verbo. Quando gli chiedono se ripeterebbe quel «bastardi», lo scrittore anticamorra afferma: «Senza dubbio. Usando il potere unico di uno scrittore: la parola». Poi gli ricordano che l’ha querelato anche il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano e qui Saviano non si tiene proprio. Prima lo chiama «Genny ’o ministro» alla maniera di Gomorra, poi lamenta che gli ha chiesto un risarcimento danni e quindi lo crocifigge così: «Si spaccia per crociano, ma è solo un materialista, nel senso deteriore del termine». Se ne ricava che quando Saviano chiedeva soldi alla nipote di Croce era solo per maggior gloria della filosofia e della libertà di parola. Ma l’attacco a Sangiuliano non finisce qui, perché Saviano usa il metodo degli accostamenti giornalistici e, appunto, accosta il ministro giornalista a una serie di politici del centro destra campano, tra cui cita «Cosentino, Landolfi, Laboccetta et similia». Dove in quel «similia» c’è tutto il disprezzo savianeo, chiuso dalla seguente, pesante, insinuazione: «E io sono certo che Genny agli amici che tanto hanno fatto per lui tiene ancora, sotto sotto». Ovviamente, in una paginata di intervista sul foglio torinese, c’è lo spazio anche per il decreto «rave», definito «una pagliacciata incostituzionale, adatto a una democratura». Criticabile e criticato, il decreto verrà cambiato in sede di esame parlamentare, ma Saviano ha ormai la frizione che salta e quindi siamo alla «pagliacciata». Del resto, se per lui al Viminale c’è «un pupazzo», ci sta che escano decreti da pagliacci, no? Finale tragicomico con domanda profonda: «Saviano, che cos’è oggi il partito democratico». Risposta: «Un partito del quale, da quindici anni, le persone si chiedono cosa sia». E qui, lo scrittore con licenza d’insulto ha sfiorato anche il vilipendio di cadavere.
Tyler Robinson dal carcere dello Utah (Ansa)
Tedros Ghebreyesus (Ansa)