
Sabato il comitato «Per mio figlio scelgo io» presenta i tre quesiti, il 15 marzo al via la raccolta firme. Obiettivo: abrogare le sanzioni economiche previste dalla legge Lorenzin e consentire a tutti di accedere a scuole e asili.La battaglia per la libertà vaccinale ambisce a diventare un referendum. Il bersaglio, come sempre, non sono i vaccini in sé, bensì la famigerata legge Lorenzin, la norma voluta dall’allora ministro della Salute Beatrice Lorenzin (ex Pdl, all’epoca nel Nuovo centrodestra di Angelino Alfano e oggi nel Pd), che nel 2017 ha portato i sieri obbligatori in età pediatrica da quattro a dieci. A lanciare l’iniziativa è il Comitato promotore #permiofiglioscelgoio, che sabato alle 16 terrà una conferenza stampa presso la sala del Carroccio del palazzo Senatorio del Comune di Roma. Qui verrà presentato il contenuto dei tre quesiti referendari proposti, che mirano a «garantire ai genitori l’effettività della libera scelta sulle cure dei propri figli, chiedendo l’abrogazione sia della sanzione economica prevista dalla Legge Lorenzin per i genitori inadempienti, sia del divieto di iscrizione agli asili nido e alla scuola dell’infanzia per i bambini non vaccinati».Alla presentazione di sabato, interverranno Moreno Ferrari, presidente del Comitato, Simona Boccuti, del Popolo delle mamme, Mariano Amici, promotore e medico, Angelo Di Lorenzo, presidente di Avvocati Liberi, Roberto Martina, segretario di Avvocati Liberi, e Gianfrancesco Vecchio, professore e avvocato, con la partecipazione di Augusto Sinagra, professore e avvocato, e Giovanni Frajese, medico più che noto ai lettori della Verità. A moderare i lavori, il giornalista Adalberto Gianuario.Come noto, fino al 2017 le vaccinazioni pediatriche obbligatorie in Italia erano quattro: l’antipoliomielitica, l’antidifterica, l’antitetanica e l’antiepatite B. Le altre erano solo raccomandate, cosa che per altro in diversi Stati europei accade per tutte le inoculazioni, eppure non si registrava alcuna ecatombe. Le coperture vaccinali erano già piuttosto buone, ma con la scusa di una presunta epidemia di morbillo in corso a Londra, che comunque anche in quel caso non scatenò alcuna moria (e lo dimostrano i dati dell’istituto di statistica britannico), il numero venne portato a dieci: si aggiunsero così l’antipertosse, l’anti-Haemophilus influenzae tipo b (Hib), l’antimorbillo, l’antiparotite, l’antirosolia e l’antivaricella. Nessuno ha mai spiegato perché, a fronte di una supposta emergenza morbillo, si sia arrivati a imporre altri sei vaccini piuttosto che promuovere o, se proprio se ne sentisse il bisogno, imporre solo quello relativo all’epidemia presente. Soprattutto se si considera che soltanto la Francia, tra i Paesi europei avanzati, ha un numero di inoculazioni obbligatorie maggiore, mentre Stati come la Germania, il Belgio, la Spagna, il Portogallo e il Regno Unito ne hanno zero o, al più, una.Purtroppo, però, la propaganda parossistica del fronte scientista e mainstream ha inibito ogni dibattito. In Italia, chiunque metta in discussione la legge Lorenzin viene tacciato di essere no vax e nemico della scienza, e gli viene riservato un trattamento che fa invidia alle crociate contro gli eretici del Medioevo. Il comitato #permiofiglioscelgoio vuole abbattere questo muro e portare la questione al giudizio popolare. La raccolta firme inizierà il 15 marzo, e durerà fino al 15 giugno. L’obiettivo non è l’abrogazione in toto della legge Lorenzin, bensì solo l’abolizione degli obblighi vaccinali pediatrici e delle relative sanzioni. In altre parole, viene semplicemente chiesto di rimuovere l’obbligatorietà per tutti e dieci i vaccini (come avviene in altri Paesi) e, contestualmente, restituire ai bambini non vaccinati la possibilità di accedere alle scuole.Lo strumento referendario, però, per quanto rappresenti una grande espressione di democrazia, in certe circostanze potrebbe anche rivelarsi un’arma a doppio taglio. Se da una parte, infatti, potrebbe aprire un dibattito, dall’altra, in caso veramente si andasse al voto prima che i tempi fossero maturi, potrebbe anche sancire l’archiviazione della causa. In tal senso, diventa decisivo affiancare alla strada politica anche un’intensa attività culturale. Si ricordi, a tal proposito, le reazioni che generò lo scorso luglio la proposta di Claudio Borghi, senatore della Lega, il quale presentò un emendamento (poi dichiarato inammissibile) al Dl liste per rimuovere l’obbligo solo di alcune delle vaccinazioni obbligatorie.Della sua importanza, però, è convinto l’avvocato Angelo Di Lorenzo. «Il referendum», spiega alla Verità, «nelle condizioni in cui siamo è l’unica strada che possa potenzialmente portare a un risultato, visto che la legge Lorenzin ormai è consolidata e radicata da quasi dieci anni, e non c’è una volontà politica in questo momento di mettere mano alla normativa per alleggerirla nella direzione di non imporre ma convincere la popolazione pediatrica alle vaccinazioni. Il referendum vorrebbe lasciare in piedi tutto il sistema delle vaccinazioni pediatriche ma, al contempo, dare libertà di autodeterminazione ai genitori. Chi vuole vaccinare i figli ha il diritto di farlo gratuitamente. Parimenti, chi non vuole vaccinarli con uno o più dei dieci antigeni previsti dal catalogo Lorenzin ha il diritto di scegliere senza subire le conseguenze odiose della norma».
Luca Marinelli (Ansa)
L’antica arte partenopea del piagnisteo strategico ha in Italia interpreti di alto livello: frignano, inteneriscono e incassano.
Venghino, siori, venghino, qui si narrano le gesta di una sempiterna compagnia di ventura.
L’inossidabile categoria dei cultori del piagnisteo.
Che fa del vittimismo una posa.
Per una buona causa: la loro.
Ecco #DimmiLaVerità del 6 novembre 2025. L'ex ministro Vincenzo Spadafora ci parla del suo movimento Primavera e della situazione nel centrosinistra.
Antonio Filosa (Stellantis)
La batteria elettrica è difettosa. La casa automobilistica consiglia addirittura di parcheggiare le auto lontano dalle case.
Mentre infuria la battaglia mondiale dell’automobile, con la Cina rampante all’attacco delle posizioni delle case occidentali e l’Europa impegnata a suicidarsi industrialmente, per Stellantis le magagne non finiscono mai. La casa automobilistica franco-olandese-americana (difficile ormai definirla italiana) ha dovuto infatti diramare un avviso di richiamo di ben 375.000 automobili ibride plug-in a causa dei ripetuti guasti alle batterie. Si tratta dei Suv ibridi plug-in Jeep Wrangler e Grand Cherokee in tutto il mondo (circa 320.000 nei soli Stati Uniti, secondo l’agenzia Reuters), costruiti tra il 2020 e il 2025. Il richiamo nasce dopo che si sono verificati 19 casi di incendi della batteria, che su quei veicoli è fornita dalla assai nota produttrice coreana Samsung (uno dei colossi del settore).
Lucetta Scaraffia (Ansa)
In questo clima di violenza a cui la sinistra si ispira, le studiose Concia e Scaraffia scrivono un libro ostile al pensiero dominante. Nel paradosso woke, il movimento, nato per difendere i diritti delle donne finisce per teorizzare la scomparsa delle medesime.
A uno sguardo superficiale, viene da pensare che il bilancio non sia positivo, anzi. Le lotte femministe per la dignità e l’eguaglianza tramontano nei patetici casi delle attiviste da social pronte a ribadire luoghi comuni in video salvo poi dedicarsi a offendere e minacciare a telecamere spente. Si spengono, queste lotte antiche, nella sottomissione all’ideologia trans, con riviste patinate che sbattono in copertina maschi biologici appellandoli «donne dell’anno». Il femminismo sembra divenuto una caricatura, nella migliore delle ipotesi, o una forma di intolleranza particolarmente violenta nella peggiore. Ecco perché sul tema era necessaria una riflessione profonda come quella portata avanti nel volume Quel che resta del femminismo, curato per Liberilibri da Anna Paola Concia e Lucetta Scaraffia. È un libro ostile alla corrente e al pensiero dominante, che scardina i concetti preconfezionati e procede tetragono, armato del coraggio della verità. Che cosa resta, oggi, delle lotte femministe?






