
In Cina la pellicola ha incassato 70 milioni di dollari in un fine settimana. Quando le sale riapriranno, assisteremo a più scazzottate e leggerezza.Non film d'autore, ma grandi blockbuster, meglio se privi di complessità narrativa. La Cina, uno dei pochi mercati ad aver ottenuto il permesso di riaprire i cinema, ha fatto la propria richiesta. E dell'impegno civile, della grandiosità di pellicole e «visioni» che siano riflesso del presente si è (consapevolmente) dimenticata. Il Paese, che di recente ha riproposto ai suoi cittadini Avatar, consentendo al kolossal di riappropriarsi del titolo di film più redditizio di sempre, sembra aver formulato una nuova legge di mercato: una domanda in cui solo il disimpegno ha avuto voce e spazio. Godzilla vs Kong, che in Cina ha debuttato lo scorso venerdì, è riuscito ad incassare nel weekend la cifra record di settanta milioni di dollari, restituendo ai circuiti cinematografici - soffocati dalla pandemia - una boccata d'ossigeno. Il film, un'accozzaglia di mostri e combattimenti, nella quale lo scontro tra titani è strettamente connesso alla sopravvivenza del mondo umano, è stato accolto con un entusiasmo raro. Godzilla vs Kong, che nella sola giornata di venerdì ha incassato ventuno milioni di dollari, ha permesso all'industria cinematografica di registrare il miglior debutto dall'inizio dell'emergenza sanitaria. Come, è presto detto. La pellicola, che negli Stati Uniti debutterà domani, dividendosi tra store virtuali e sale cinematografiche, ha saputo rispondere ad un bisogno cui ogni major sembra essersi ormai adeguata: l'evasione, l'inconsistenza, una leggerezza che non ha niente a che vedere con il sentimento di Italo Calvino, che «non è superficialità, ma planare sulle cose dall'alto», senza che macigni appesantiscano il cuore. Gli spettatori hanno chiesto superficialità, e questo Godzilla vs Kong ha restituito loro, primo di una serie di film poco (o per nulla) impegnativi. Benché gli Oscar abbiano candidato a miglior pellicola dell'anno Nomadland, tragica vicenda di una donna azzerata dalla crisi dei subprime, benché le abbiano posto a fianco Promising young woman, storia di stupro e vendetta, benché abbiano dato voce al cinema d'autore, quel che ci aspetta è un'annata di blockbuster, eroi, storie e avventure dissociate da una realtà cui nessuno spettatore ha più risorse per guardare. La Disney, che per ovviare la chiusura delle sale europee ha ordito debutti a mezza via, tra il fisico e il digitale, ha promesso di portare su Disney+, suo servizio streaming, Crudelia, racconto live-action della cattivissima donna che ha cercato di trasformare i dalmata in pelliccia. La pellicola, come Emma Stone nei panni della signora DeMon, arriverà su Disney+ il 28 maggio, mentre Black Widow, primo spin-off degli Avengers dedicato all'eroina di Scarlett Johansson, sarà online dal 9 luglio. Online, sul servizio streaming del Topolino, dove il dicembre scorso è stato rilasciato anche Soul, capolavoro Pixar, verrà fatto debuttare il 18 giugno Luca, nuovo film animato. La storia, dove le piccole creature protagoniste vivranno l'Italia della riviera ligure, sarà preludio di un'estate che il cinema, almeno consentirà di vivere senza grandi pensieri. Per luglio, il 2, è previsto il debutto di Top Gun: Maverick, sequel del film datato 1986. Nella pellicola, le cui riprese sono terminate a marzo 2019, Tom Cruise ha ripreso la parte di Maverick, promettendo grande spettacolo. Lo stesso che Fast and Furious 9, cui il Coronavirus ha imposto un ritardo produttivo di oltre un anno, non ha dimenticato di portare con sé. Il film, in sala dal 12 luglio, reitererà lo schema dei capitoli precedenti, anticipando di appena quattro giorni l'uscita (americana) di Space Jam: A new legacy. Sequel della pellicola con Michael Jordan, il titolo sarà seguito da The Suicide Squad 2, disponibile dal 6 agosto, Venom: La furia di Carnage, al cinema dal 17 settembre, e No time to die, ultimo (e, in parte, disgraziato) 007. No time to die, diretto da Cary Fukunaga, avrebbe dovuto debuttare lo scorso anno, poco dopo il prorompere dell'emergenza sanitaria. Gli Studios, preso atto della chiusura dei cinema, ne hanno annullato l'esordio una prima volta, riprogrammandolo per l'autunno 2020. Allora, credevano che lo stato di salute dell'Occidente sarebbe stato compatibile con un ritorno alla vita collettiva. Ma i fatti hanno deluso le aspettative di Hollywood. Il venticinquesimo capitolo di James Bond è stato così riprogrammato, questa volta per l'aprile 2021. Di nuovo, però, le previsioni delle major hanno dovuto scontrarsi con la realtà sanitaria. E, di nuovo, la pellicola è stata posticipata. La Eon Production, insieme alla Mgm, ha annunciato che No time to die, l'ultimo 007 di Daniel Craig, sarà al cinema l'8 ottobre, un mese prima di Mission: Impossible 7. Il kolossal con Tom Cruise uscirà negli Stati Uniti il 19 novembre, mentre per l'Italia, dove ancora non è stato stabilito se e quando le sale cinematografiche potranno riaprire, non è stata stabilita una data di debutto.
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Pure la Francia fustiga l’ostinazione green di Bruxelles: il ministro Barbut, al Consiglio europeo sull’ambiente, ha detto che il taglio delle emissioni in Ue «non porta nulla». In Uk sono alle prese con le ambulanze «alla spina»: costate un salasso, sono inefficienti.
Con la Cop 30 in partenza domani in Brasile, pare che alcuni Paesi europei si stiano svegliando dall’illusione green, realizzando che l’ambizioso taglio delle emissioni in Europa non avrà alcun impatto rilevante sullo stato di salute del pianeta visto che il resto del mondo continua a inquinare. Ciò emerge dalle oltre 24 ore di trattative a Bruxelles per accordarsi sui target dell’Ue per il clima, con alcune dichiarazioni che parlano chiaro.
Ranieri Guerra (Imagoeconomica). Nel riquadro, Cristiana Salvi
Nelle carte di Zambon alla Procura gli scambi di opinioni tra i funzionari Cristiana Salvi e Ranieri Guerra: «Mitighiamo le critiche, Roma deve rifinanziare il nostro centro a Venezia e non vogliamo contrattacchi».
Un rapporto tecnico, destinato a spiegare al mondo come l’Italia aveva reagito alla pandemia da Covid 19, si è trasformato in un dossier da riscrivere per «mitigare le parti più problematiche». Le correzioni da apportare misurano la distanza tra ciò che l’Organizzazione mondiale della sanità dovrebbe essere e ciò che era diventata: un organismo che, di fronte a una crisi globale, ha scelto la prudenza diplomatica invece della verità. A leggere i documenti depositati alla Procura di Bergamo da Francesco Zambon, funzionario senior per le emergenze sanitarie dell’Ufficio regionale per l’Europa dell’Oms, il confine tra verità scientifica e volontà politica è stato superato.
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L’annuncio per un’abitazione a Roma. La padrona di casa: «Non dovete polemizzare».
La teoria di origine statunitense della «discriminazione positiva» ha almeno questo di buono: è chiara e limpida nei suoi intenti non egualitari, un po’ come le quote rosa o il bagno (solo) per trans. Ma se non si fa attenzione, ci vuole un attimo affinché la presunta e buonista «inclusione» si trasformi in una clava che esclude e mortifica qualcuno di «meno gradito».
Su Facebook, la piattaforma di Mark Zuckerberg che ha fatto dell’inclusività uno dei principali «valori della community», è appena apparso un post che rappresenta al meglio l’ipocrisia in salsa arcobaleno.






