Barba, nuova ossessione maschile. Giro d'affari da 166 milioni di euro
- Le botteghe continuano a crescere e i prodotti per la cura del viso valgono il 24% del comparto bellezza Gli esperti: «Per un risultato perfetto usate shampoo e oli specifici, non riciclate quelli per capelli».
- Stefano Lippi, direttore didattico dell'accademia Proraso, spiega come prendersi cura della barba e il perché è fondamentale istituire corsi professionali per insegnare il mestiere.
- Gian Antonio Pisterzi, negozi a Milano e Wall Street. «Gli italiani sanno cosa vogliono, gli americani si affidano del tutto. Faccio scoprire loro la nostra cultura del rasoio».
Lo speciale contiene tre articoli.
Vecchie poltrone, rasoi a lama lunga, insegne luminose con gli stessi colori a illuminare le strade. I barbieri, o «barber shop» come la moda hipster ha insegnato a chiamarli, sono fioriti a ogni angolo del globo, portandosi appresso un tricolore bianco, blu e rosso diventato simbolo della rinascita.
Secondo Forbes, tra il 1992 e il 2012 i negozi per uomini, dove farsi acconciare la barba anziché tagliarla di proprio pugno a casa, avevano perso il 23% circa del proprio volume d'affari. Dato, questo, che avrebbe cominciato a risollevarsi un anno più tardi, nel 2013, quando gli hipster hanno imposto al mondo un nuovo modello di eleganza maschile. Da allora, quella di barbiere è diventata la professione con la più veloce crescita degli Stati Uniti, dove si stima che entro il 2020 il mercato relativo alla cura dell'uomo possa raggiungere i 26 miliardi di dollari annui. Testimoniando come il binomio tra bellezza e uomo abbia cessato di essere un tabù.
Carlos Aguilar, proprietario di un ristorante a Houston, intervistato da Forbes ha ammesso di spendere 120 dollari al mese per concedersi, una volta ogni due settimane, i propri 45 minuti di cure estetiche. Tagliare la barba non è che uno dei trattamenti cui il barbiere sottopone i propri clienti. Nel mezzo ci sono oli, massaggi, creme, profumi e gel per assicurare al proprio pelo la giusta fissità.
Hiroshi Vitanza, fondatore della Barber mind e della Barber mind training, la prima accademia online italiana, ha creato linee atte a soddisfare le più varie esigenze. Tra queste, spicca la Bepop, la cui fonte d'ispirazione si nasconde nella New York anni Quaranta. Il kit è composto da shampoo, olio e balsamo formulati con olio di tsubaki, ottenuto dalla pigiatura a freddo dei semi della camelia japonica. Conosciuto in Oriente sin dai tempi più antichi, è stato recuperato per via della consistenza setosa, capace di farlo penetrare a fondo, nutrendo e arricchendo pelle e pelo senza però ungerli. Cosa, questa, chiesta a ogni kit che si rispetti.
L'uomo medio, secondo i più recenti studi, non vuole vedere alterate le proprie caratteristiche maschili, né vuole coprire la pelle, i capelli o la barba con una moltitudine di prodotti oleosi e appiccicaticci. Quel che vuole sembra essere l'esaltazione della propria bellezza naturale, alla quale, in fin dei conti, bastano pochi, validi strumenti. Un kit degno di questo nome deve contenere un buono shampoo e un buon balsamo specifici per la barba. Poi, un pettinino o una spazzola che aiutino a stendere in maniera uniforme l'olio e, infine, cere modellanti, una per i capelli e una per la barba. I migliori, in commercio, accanto a quelli tradizionalmente offerti dalla Proraso, presente nell'88% delle barberie in Italia, sono venduti da The ultimate beard grooming kit, al cui interno è possibile trovare un pettinino in legno di noce, adatto per chi porta la barba lunga, e il kit barba e baffi proposto da Renée Blanche, nel quale il pettinino è sostituito da una spazzola con setole in cinghiale. I costi, nel caso di Renée Blanche, sono facilmente sostenibili. Per un kit completo, disponibile anche su Amazon, è possibile spendere meno di 30 euro, cifra che non basta invece a fare propri i prodotti lusso.
Un litro di shampoo a marca Barba italiana può arrivare a sfiorare i 50 euro, mentre un flacone da 50 millilitri di olio da barba biologico vegano, firmato da The pure collection con lo scopo di fare crescere una «barba attraente e virile», può toccare i 112 euro.
Ad approfittare per primo della tendenza spendacciona tutta maschile è stato David Beckham che, dopo aver sdoganato il maschio metrosexual che non disdegna cremine e cure estetiche, ha lanciato House 99, una linea beauty rivolta esclusivamente agli uomini. House 99, composta (anche) da un comporto social nel quale ciascun cliente può chiedere e dare suggerimenti di natura estetica, si articola su diversi prodotti. Ci sono creme idratanti per il viso e altre studiate per chi - come Beckham - è ricoperto di tatuaggi. Ci sono balsami per i capelli e la barba, come quelli già proposti - tra gli altri - da Bullfrog e Depot. E ci sono le fragranze perché, come documentato dal Centro studi di cosmetica Italia, nel 2016 sono stati circa 402 i milioni di euro spesi per assicurarsi il profumo migliore.
Lo stesso anno, gli uomini hanno fagocitato il 24% del fatturato relativo al comparto bellezza in Italia, spendendo, approssimativamente, 166 milioni di euro totali, di cui 69 per saponi e prodotti da barba, 41 per la cura della pelle e 56 per i dopobarba.
Claudia Casiraghi
La barba? «Dà sicurezza, autorità e saggezza».
C'è la media lunghezza, quella da hipster e quella invernale, la cosiddetta business beard e la bun beard, quella spessa e quella da principiante. Parliamo di barbe, trend in fortissima ascesa al punto che è ormai raro trovare un uomo che non l'abbia adottata. La barba può ormai essere considerata l'accessorio maschile per eccellenza, l'elemento di maggior risalto del fascino da macho, non necessariamente da duro ma anche dolce, sensibile e colto. C'è perfino una ricerca che dice che i volti maschili più attraenti sono quelli con la barba rispetto alle facce ben rasate.
«Sono cicli», spiega Stefano Lippi, direttore didattico dell'accademia Proraso, «Nel passato medievale e rinascimentale erano tantissimi gli uomini con la barba. La barba dà sicurezza, autorità, conferisce un'espressione di maturità e di saggezza. E guardando alla storia sono più le statue di uomini barbuti che senza. L'uomo un po' per gioco e tanto per pigrizia ha iniziato a sperimentare questo tipo di moda».
Sembrerebbe una contraddizione: erano spariti i barbieri quando gli uomini si rasavano e ora che portano la barba lunga è tornato anche di moda il lavoro del barbiere. «Gestire la barba lunga non è semplice, il barbiere conosce la tecnica di taglio, i prodotti che vanno usati. Andando incontro alle esigenze dei clienti ora lavorano in un ambiente completamente diverso da quello di un parrucchiere unisex. Prima i 9 maschi andavano dal parrucchiere da donna, ora vanno dal barbiere dove non attendono ore, vengono accolti e coccolati. Noi in Italia siamo un'eccellenza. Proraso lavora con i barbieri e le barberie dal 1948 e ne abbiamo seguito tutta l'evoluzione. Siamo presenti nell'88% dei barbieri in Italia. Abbiamo portato barbieri a New York , in Inghilterra, perfino in Sudafrica contribuendo a questo grande cambiamento». Conseguenza del fatto che l'universo maschile verso lo specchio ha cambiato atteggiamento.
«Gli uomini si amano, si piacciono e si curano molto di più. Da una ricerca svolta da Gillette gli uomini passano 16 minuti al giorno in bagno dedicandoli alla propria bellezza. Tutti gli anni si guadagna un minuto. Le fasce più mature si curano sempre allo stesso modo ma gli adolescenti, i Millennials si danno da fare per il piacere di piacersi e di sperimentare. La fascia che va dai 35 ai 45 anni ha dato una mano per quanto riguarda i prodotti per la cura della barba».
E, in effetti, i prodotti sono davvero tanti. Chissà se servono proprio tutti. Quali consigli per avere una barba curata? «Primo, lavarla con un detergente apposito, guai a usare il sapone per le mani. Ci sono detergenti che contengono ammorbidenti che non seccano. Seconda mossa, spazzolarla o pettinarla per sciogliere i nodi e gestire le lunghezze. Poi, balsamo oppure olio protettivo e si è a posto. Una volta al mese uno scrub leggero in modo da togliere le impurità dall'epidermide e ogni tre/quattro settimane l'appuntamento dal barbiere per una regolata. Il perfetto uso degli attrezzi giusti esprime la professionalità». Che imparano in Accademia. «Per operare in questo mondo ci sono corsi professionali nelle scuole indicate dal Miur, riconosciute anche da Confartigianato. I corsi sono articolati su tre livelli: per giovani che sono alle prime esperienze, quello dei maestri barbieri che hanno cinque anni di esperienza e un livello di ultraspecializzazione per quanto riguarda l'affilatura dell'acciaio per rasatura con rasoio. Nel 2018 sono usciti 35 maestri barbieri e 88 barbieri. I primi, come da albo, operano da cinque anni e sono titolari d'azienda. È un punto d'eccellenza, si parla tanto di altri mestieri artigiani e poco di questo. E pensare che abbiamo tantissime richieste dall'estero per i nostri corsi».
Paola Bulbarelli
«Insegno a radersi ai newyorkesi»
Una G, una A e una P. Un gioco di lettere che si intrecciano e formano il logo di Gian Antonio Pisterzi, professione barbiere. Un lavoro che ora è tornato alla ribalta. «Fin da quando avevo 8 anni ho sempre pensato che non avrei potuto fare che questo», racconta Pisterzi. Oggi di anni ne ha 33 e i passi da gigante fatti da quando partì dal paese d'origine, Amaseno in provincia di Frosinone, si toccano con mano. Un negozio in via Montenapoleone e un altro a New York, di fronte a Wall Street. Fortuna? No, voglia di lottare.
«Aspettavo il nonno nel negozio del barbiere, passavo la scopa, facevo gli shampoo. Una volta il barbiere faceva anche il sarto, toglieva i denti, eseguiva piccoli interventi. È tutt'oggi una vera istituzione. I carabinieri, se hanno bisogno di informazioni, vanno da lui». Prima tappa fuori dai confini della provincia fu Roma. «Al mattino andavo a scuola, al pomeriggio in un'accademia specializzata. La grande opportunità l'ho avuta sulle navi da crociera, ma prima di essere preso dovetti frequentare diversi corsi a Londra: vendetti l'auto e la moto andando all'avventura». Il lavoro sulle navi poteva sembrare un arrivo ma così non fu. «Durante i mesi di pausa lessi un'offerta a Milano. Risposi e mi ritrovai nella barberia di Dolce & Gabbana dove rimasi un anno per poi spostarmi da Acqua di Parma».
Fino al grande salto, le sue barberie: la prima in via Montenapoleone 17 e sei mesi dopo al 55 di Wall Street. Una clientela molto diversa una dall'altra. «I clienti italiani sono più esigenti. Se c'è un pelo fuori posto te lo fanno subito notare, in America no, vanno sempre di corsa. L'uomo italiano si coccola molto di più, l'americano è nel vortice del lavoro e si affida, non fa commenti. Potremmo farlo uscire con una basetta più lunga dell'altra e non direbbe nulla. Siamo noi che gli facciamo notare imperfezioni o che lo consigliamo, mentre l'italiano sa già cosa vuole. Lì non c'è questa cultura perché la maggior parte dei barbieri americani taglia in pochi minuti a 10 dollari. Far conoscere questo lavoro Oltreoceano è una missione».
Sedersi su una delle poltrone di Pisterzi significa affidarsi alle sue mani per trattamenti straordinari: «Il nostro è un piccolo centro benessere. Il tempio medio di un trattamento va dai 45 minuti a oltre un'ora». Parola d'ordine, rilassarsi. «È come un rito: sedersi, leggere il giornale, bere un caffè o un whisky». Tutti hanno una pelle diversa, quindi bisogna adattare taglio e stile. «Oggi il trend è avere la barba lunga e il nostro lavoro è diventato di gran moda con un business pazzesco dei prodotti. Spesso è la compagna che li sceglie. La barba va a momenti. A volte si porta lunga, a volte si sente il bisogno di tagliarla. D'inverno consiglio di tenerla lunga per una sensazione di calore. Senza seguire le mode ma personalizzando le scelte, lasciando perdere le imposizioni dettate da altri».
E per quanto riguarda la rasatura? «Un lavaggio prima del rasoio per pulire la pelle con prodotti ad hoc, panni caldi aromatizzati con fragranze speziate o agrumate. Massaggio del viso con oli. Poi si fa la barba con la lama o con la forbice. Finita la rasatura altro massaggio e panno profumato per avere il viso liscio».
«Portare la barba è una moda molto italiana. Nella zona dove lavoro, a Wall Street, nessuno la porta perché i nostri clienti sono businnessmen e la loro regola numero uno è avere il viso pulito: tagliamo molto a zero. Qui a Milano c'è il servizio opposto: raramente si fa la barba completa. Se si va a Brooklyn o a Soho e in quartieri più alternativi si vedono molte persone con la barba lunga».
Progetti nel cassetto? Tanti. «Altri negozi soprattutto in America. E poi una linea di prodotti firmati Gian Antonio Pisterzi». È tornato a scuola per questo. Unico italiano, non laureato, accettato a frequentare un master alla New York university in amministrazione aziendale. Questa è l'America, bellezza. «Il mio obiettivo è andare sempre avanti e l'unico modo per farlo è studiare il mondo del business».
Paola Bulbarelli