2022-12-07
Banconote vietate, lo spettro dell’Iran: conti bloccati a chi scende in piazza
L’obbligo di usare le carte ci toglie il controllo del denaro, come prova la deriva di Teheran. Strada già seguita pure dal Canada.Hossein Jalali, membro del Consiglio islamico iraniano, ha fatto alcune dichiarazioni riportate ieri con un certo risalto da Bbc Persian. Jalali ha affermato che il governo dell’Iran sarebbe intenzionato a bloccare i conti bancari delle donne che rifiutano di indossare il velo. Le attiviste che partecipano e hanno partecipato alle manifestazioni di piazza verrebbero avvertite preventivamente con un messaggio sullo smartphone, e qualora decidessero di non addivenire a più miti consigli, perderebbero la possibilità di utilizzare il proprio denaro.La notizia ha suscitato un certo scalpore: già ieri online comparivano articoli indignati, un po’ come quelli che si leggono da qualche settimana a proposito delle proteste in corso in alcune città della Cina contro le restrizioni sanitarie. Ciò che salta agli occhi, al solito, è la robusta ipocrisia che trasuda dalle tirate moralistiche occidentali su ciò che accade in altre nazioni considerate dittatoriali. Spendiamo tanta indignazione per quanto accade dall’altro capo del mondo, ma sembriamo incapaci di vedere che le stesse cose accadono sotto i nostri occhi. Anzi, certe manifestazioni oppressive (per quanto mascherate o a bassa intensità) vengono accolte qui come grandi passi avanti sulla via del progresso, e stigmatizzate come atti di barbarie quando avvengono altrove. Piccolo esempio. Da giorni il dibattito giornalistico italiano è monopolizzato dalla disputa sul contante. L’idea che si possa fare a meno del bancomat per le transazioni fino a 60 euro viene descritta dai più - cioè la gran parte dei commentatori liberal progressisti - come una forma di arretratezza culturale, una opposizione ottusa alla modernità che avanza inesorabile, e a cui è profondamente sbagliato opporsi. Dall’altra parte, chi difende l’uso della cartamoneta si aggrappa talvolta ad argomenti risibili, magari buoni per i ragionamenti fra amici ma un po’ carenti di prospettiva. Il risultato è che ci si continua a scornare su un tema piccino che, in sé, non sposta alcun equilibrio macroeconomico, e si evita di riflettere sui problemi che una determinata visione del mondo potrebbe causare nel prossimo futuro. Come ha scritto ieri su queste pagine Claudio Antonelli, l’idea che affascina le gerarchie europee (e occidentali più in generale) è quella di edificare una utopia cashless, che dovrebbe essere realizzata da qui al 2030. Per qualcuno, questo progetto dal sapore leninista di abolizione del contante equivale a una liberazione. Giusto ieri Caterina Soffici raccontava sulla Stampa la bellezza di vivere a Londra, dove tutto si paga con la tesserina magica e i fogli da 50 euro servono soltanto ad arricchire i borseggiatori. Un paio di giorni prima, su Repubblica, lo scrittore Paolo Di Paolo stigmatizzava l’attacco degli arcigni nemici dell’innovazione contro la «generazione Pos», cioè i giovani (più o meno nativi digitali) abituati a saldare ogni conto elettronicamente. Siamo sempre lì, alla messa in scena dello scontro fra progressisti e retrogradi, fra fautori della libertà individuale e feroci conservatori. E se è vero che talvolta le argomentazioni di chi difende il contante sono caricaturali, è ancor più vero che le pose di chi - per dirla con Michel Houellebecq - sostiene «il progresso per il progresso» risultano non soltanto ridicole ma anche pericolosette. Non ci si rende conto, infatti, che l’abolizione de facto della cartamoneta è il primo (o secondo o terzo) scalino della chiocciola che conduce alla società digitalizzata, cioè al trionfo del capitalismo di sorveglianza di cui ha scritto Shoshana Zuboff. Ed è esattamente qui che si torna allo scenario descritto con foga dal politico iraniano succitato. La valuta immateriale è una illusione, un gioco di prestigio: il denaro non scompare né viene sublimato, semplicemente la sua gestione si sottrae al nostro controllo. Già oggi le banconote possono perdere di valore in un lampo, diventare carta straccia, ma almeno sono reali e non possono essere distrutte dalla sera alla mattina, a meno di disastri borsistici. Il denaro elettronico, invece, si può bloccare pigiando un tasto. Per un motivo semplice: noi non l’abbiamo più in mano, ma altri lo gestiscono. E per altri s’intendono i centri di potere, statali o sovrastatali. L’iraniano Hossein Jalali minaccia un atto che in Europa e in Canada si è già verificato: sono state neutralizzate le carte di credito dei cittadini russi, sono stati bloccati i conti correnti dei camionisti in protesta contro il governo dell’ultraliberale Justin Trudeau. Pensate davvero che qualcosa di simile non possa accadere anche qui? Mentre il Web e le tv vi raccontano gli orrori delle lontane autocrazie, perché non provate a dare un’occhiata a ciò che accade sotto il vostro naso? Vi rendereste conto che un sistema di controllo e valutazione della popolazione sta fissando le fondamenta, e viene sostenuto con forza dagli stessi intellettuali, giornalisti e politici che hanno caldeggiato tutte le fenomenali innovazioni di cui oggi paghiamo il prezzo. Il fatto è che il denaro non si smaterializza: si limita a cambiare forma. Certamente può sparire la cartamoneta, e questo primo passaggio può sembrarci perfino utile, comodo, pratico. Ma a quel punto il valore economico deve spostarsi da un’altra parte, e si dirige sulla persona: viene assegnato direttamente al possessore di una tessera, di un chip o di un lasciapassare. Chi raggiunge determinati standard od ottempera a certi obblighi può accedere a determinati servizi o beni; gli altri devono farne a meno. Nei fatti, si tratta di una forma di controllo dei corpi e di correzione della devianza: perfino l’elemosina si dovrà fare elettronicamente, permettendo così di identificare e valutare il senzatetto che la riceve. Ecco il futuro che potrebbe attenderci. Secondo qualcuno non dobbiamo opporci, anzi si tratta di una comodità in più. Forse hanno ragione i tifosi del Pos: dopo tutto la libertà è molto faticosa, meglio rinunciarvi.
Andrea Sempio. Nel riquadro, l'avvocato Massimo Lovati (Ansa)
Ecco #DimmiLaVerità del 15 ottobre 2025. Ospite Daniele Ruvinetti. L'argomento di oggi è: "Tutti i dettagli inediti dell'accordo di pace a Gaza".
Pier Luigi Lopalco (Imagoeconomica)