Dopo il terremoto provocato dalla Casa Bianca, la Fed è al lavoro mentre la Bce sembra impreparata. Davanti a deflazione e recessione incombenti bisogna correre a tagliare i tassi. Rispondendo tempestivamente anche al problema della liquidità.
Dopo il terremoto provocato dalla Casa Bianca, la Fed è al lavoro mentre la Bce sembra impreparata. Davanti a deflazione e recessione incombenti bisogna correre a tagliare i tassi. Rispondendo tempestivamente anche al problema della liquidità.Per le banche centrali e per il mondo della finanza in generale, il 2 aprile ha segnato un epocale spartiacque. Nulla sarà più come prima e il sentiero relativamente tracciato su cui sembravano avviate sia la Bce che la Fed ora non esiste più. Spazzato via come una pista del deserto dopo una tempesta di vento. Con l’essenziale differenza che la Fed è sul pezzo da diversi giorni, con il suo presidente, Jerome Powell, che ci ha messo la faccia più volte e invece di Christine Lagarde pare che si siano perse le tracce. Anzi, dopo gli avventati annunci di inizio marzo da parte di Ursula von der Leyen e Friedrich Merz a favore di una politica di bilancio espansiva, era aumentata la probabilità che dal prossimo Consiglio del 17 aprile sarebbe uscita una decisione di tassi invariati.Poi ieri mattina il confronto con la realtà è stato affidato al governatore della Banca centrale greca e membro del Consiglio direttivo della Bce, Yannis Stournaras, che dalle colonne del Financial Times ha suonato la fine della ricreazione a Francoforte, contestando la prudenza sui timori inflazionistici che la Lagarde aveva lasciato trapelare fino a qualche settimana fa.Oggi invece la notizia è che i rischi deflazionistici e recessivi per l’Eurozona sono così evidenti che alla domanda se la situazione fosse abbastanza grave da giustificare un taglio dei tassi di 50 punti base, Stournaras ha solo rifiutato di commentare.La realtà è che, dopo almeno otto anni di avvertimenti, ci siamo fatti cogliere con le mani nel sacco da Donald Trump - gli Usa costituiscono il più grande mercato di esportazione dell’Eurozona e rappresentano il 21% dell’export totale - e ora, secondo Stournaras, sebbene sia difficile «valutare con precisione l’impatto dei dazi», l’impatto negativo sulla crescita dell’area euro «potrebbe essere compreso tra 0,5 e 1 punto percentuale». Un numero che significa recessione per l’Eurozona, perché la Bce proprio a marzo aveva abbassato le sue previsioni di crescita per l’area euro nel 2025 a solo lo 0,9 per cento.A questo punto, analisti e investitori puntano decisamente su un altro taglio dei tassi di un quarto di punto in aprile. Jp Morgan, che in precedenza si aspettava che la Bce mantenesse i tassi stabili al 2,50% ad aprile, ora ha cambiato idea e ha previsto un altro taglio di un quarto di punto, seguito da altri due a giugno e a settembre. Il punto d’arrivo sembra ora essere l’1,75%.Sempre il Financial Times riporta una stima del Cologne institute for economic research, secondo cui il danno economico totale all’economia tedesca nel corso del mandato quadriennale di Trump potrebbe ammontare a 200 miliardi di euro, portando a un livello del Pil inferiore di 1,5 punti percentuali nel 2028.Inoltre, «nel breve termine, il governo entrante avrà difficoltà ad attutire lo shock commerciale immediato», hanno scritto gli economisti della Deutsche bank in una nota di lunedì, aggiungendo che la Germania potrebbe persino affrontare un terzo anno di Pil in calo nel 2025. Scenario confermato dal presidente dell’Ifo, Clemens Fuest, secondo il quale «dato che l’economia tedesca è già in stagnazione, è possibile che i dazi statunitensi spingano la crescita economica in Germania sotto lo zero».Il probabile effetto recessivo e deflazionistico sull’economia dell’Eurozona richiede indubbiamente una decisa azione sui tassi di interesse. Ma non bisogna dimenticare che quando ci sono variazioni così rilevanti e rapide dei corsi azionari, c’è anche un serio problema di liquidità che potrebbe portare ulteriori danni. Questo è un ulteriore compito delle banche centrali, per il quale la Bce sembra essere impreparata, essendo impegnata attraverso la riduzione dei titoli pubblici in portafoglio, esattamente nella direzione opposta. Un tema che abbiamo sollevato già da qualche settimana ma su cui a Francoforte ancora nicchiano.Forse in Bce pensavano che la salita delle quotazioni di Thyssenkrupp (+141%), Rheinmetall (+115%), (Thales +77%), Leonardo (+73%) dal primo gennaio 2025, fosse un fenomeno normale e non invece il segnale chiaro di una bolla finanziaria?Per la discesa dei prezzi, i titoli dati a garanzia diventano insufficienti e quindi gli investitori sono costretti a vendere a qualsiasi prezzo per ricostituire i margini, aggravando la discesa dei prezzi. Viceversa, avendo a disposizione le linee di credito della Fed, si riuscirebbe a calmierare il fenomeno, come peraltro accaduto in passato. Proprio per questo motivo, la Fed si è già prudentemente avviata su questa strada, rallentando da tempo il ritmo con cui sta alleggerendo il proprio portafoglio di titoli pubblici. Sul fronte dei tassi, ieri pomeriggio è stata convocata una riunione a porte chiuse del Consiglio dei Governatori della Fed per esaminare «la revisione e la determinazione dei tassi da applicare alle banche della Federal reserve». Un eventuale annuncio di un taglio dei tassi o l’approntamento di misure straordinarie per la fornitura di liquidità al sistema, seppure inusuale al di fuori dell’abituale calendario, sarebbe un segnale di accomodamento rispetto alla direzione che hanno già preso i mercati.Mentre, fino alla scorsa settimana, erano state completamente prezzate solo tre riduzioni, ieri alcuni indicatori hanno mostrato una probabilità pari a quasi il 40% che la banca centrale abbassi il suo tasso di riferimento di 25 punti base entro la prossima settimana, ben prima della prossima decisione politica programmata dalla Fed il 7 maggio.
L' Altro Picasso, allestimento della mostra, Aosta. Ph: S. Venturini
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Jose Mourinho (Getty Images)
Con l’esonero dal Fenerbahce, si è chiusa la sua parentesi da «Special One». Ma come in ogni suo divorzio calcistico, ha incassato una ricca buonuscita. In campo era un fiasco, in panchina un asso. Amava avere molti nemici. Anche se uno tentò di accoltellarlo.