Il virus? Costruito in laboratorio. Lockdown, coprifuoco, mascherine? Inutili o dannosi. Tachipirina e vigile attesa? Le cure precoci avrebbero evitato il 90% dei ricoveri. Plasma iperimmune? Giuseppe De Donno aveva visto giusto: lo fecero suicidare. Vaccini? Poco efficaci. Effetti collaterali? Molti e anche gravi. Lo provano centinaia di studi.
Il virus? Costruito in laboratorio. Lockdown, coprifuoco, mascherine? Inutili o dannosi. Tachipirina e vigile attesa? Le cure precoci avrebbero evitato il 90% dei ricoveri. Plasma iperimmune? Giuseppe De Donno aveva visto giusto: lo fecero suicidare. Vaccini? Poco efficaci. Effetti collaterali? Molti e anche gravi. Lo provano centinaia di studi.Sarà perché chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato; sarà perché il pathos pandemico si è stemperato; sarà perché la verità non si può nascondere in eterno; fatto sta che la muraglia di bugie sul Covid sta crollando. Le tesi che, all’inizio, venivano ridicolizzate in quanto bislacche farneticazioni di «complottisti», stravaganti, se non pericolose, stanno diventando versione ufficiale. La «fuga» del coronavirus nel laboratorio di Wuhan; le terapie domiciliari precoci; la nocività del protocollo «paracetamolo e vigile attesa»; l’inutilità e, anzi, la dannosità dei lockdown, dei coprifuochi, della didattica a distanza, del green pass, del distanziamento, delle mascherine e delle altre restrizioni; l’infondatezza scientifica delle varie misure; i flop dei vaccini, i loro effetti collaterali; ecco, tutto il corpaccione della delirante narrativa imposta per tre anni, man mano, si sta sgretolando.Cominciamo dal principio: le origini del Covid. Ricordate com’erano trattati i pochi - La Verità inclusa - che osavano accreditare l’ipotesi che il virus fosse stato ingegnerizzato nei laboratori di Wuhan? E da lì, magari per il morso di un pipistrello, si fosse diffuso all’esterno? L’allora virologo della Casa Bianca, Anthony Fauci, si prodigò con i suoi collaboratori per far sparire questa teoria dalla circolazione. Si sarebbe appreso che il National institute of allergy and infectious diseases, da lui diretto, aveva finanziato esperimenti in Cina sul «guadagno di funzione»: come rendere i virus capaci di aggredire gli esseri umani.Il 30 giugno 2021, il nostro quotidiano esaminò un articolo datato 2008: lì, la direttrice dell’Istituto di virologia di Wuhan descriveva le manipolazioni genetiche con cui aveva ottenuto un coronavirus infettivo per l’uomo, a partire da uno, innocuo, dei pipistrelli. Il professor Mariano Bizzarri ci confermò che, «prima di allora, […] i coronavirus non avevano mostrato di poter aggredire cellule umane». Esprimersi in termini simili, però, significava essere ridotti a una macchietta. Bisognava bersi la storiella del pangolino.Adesso succede che, sul New York Times, la biologa molecolare Alina Chan ci racconti i cinque motivi per cui «la pandemia probabilmente è cominciata in un laboratorio». Sapete chi è la dottoressa Chan? La donna che, a giugno 2021, dichiarò che tanti colleghi si rifiutavano di avvalorare la pista cinese, per timore di essere «associati a Donald Trump ed essere strumentalizzati dai razzisti». E sapete quale fu l’unico quotidiano italiano a citarla? Quello che avete tra le mani stamattina. Notammo che era assurdo censurarsi da soli, pur di fare dispetto a un presidente antipatico. Ma ormai l’involtino primavera, di cui a febbraio 2020 facevano una scorpacciata giornalisti e politici, è andato di traverso pure a Fauci. Audito dal Congresso Usa, egli ha dovuto riconoscere: «Non credo che l’idea che ci sia stata una fuga dal laboratorio sia in sé una teoria cospirazionista». Ma guarda... Se ne può dedurre che i «complottisti» non fossero tanto svitati? Poi c’è il dolorosissimo capitolo delle terapie. Dapprima, la vulgata era che il Covid non fosse curabile. Il ministero guidato da Roberto Speranza consacrò il famigerato protocollo basato su Tachipirina e monitoraggio dei parametri vitali: il saturimetro divenne la «nuova normalità». Intanto, gruppi di medici coscienziosi, ancora fedeli al giuramento d’Ippocrate, a proprio rischio e pericolo, si mossero: visitarono i malati a casa, somministrarono antinfiammatori, elaborarono linee guida per trattamenti che stavano dando risultati promettenti. Se adottate, avrebbero contribuito ad alleggerire la pressione sugli ospedali. Avrebbero potuto salvare molte vite. Alcuni scrissero al dicastero. Risultato? Vennero ignorati, perseguitati, a volte addirittura sanzionati dall’Ordine. Noi demmo loro voce, quando le virostar li descrivevano come dei ciarlatani. Ebbene: a giugno 2021, su EClinicalMedicine, rivista che fa capo a The Lancet, il team di Giuseppe Remuzzi pubblicava finalmente lo studio sugli antinfiammatori: i Fans riducevano del 90% i giorni di ricovero dei pazienti Covid.Grida vendetta la tragedia di Giuseppe De Donno. Partendo dal nosocomio di Mantova, il dottore sperimentò con successo le cure con il plasma dei guariti. In men che non si dica, fioccarono gli «esperti» secondo i quali quel metodo era inutile. Un’indagine commissionata dall’Aifa, ad aprile 2021, lo bocciò. Altre stroncature vennero da Buenos Aires e dal Regno Unito. Il 27 luglio, il medico si suicidò. Indovinate com’è andata a finire? Nel 2022, una ricerca uscita sul New England journal of medicine certificò che la terapia funzionava eccome: salvava i non vaccinati ed era pure migliore dei monoclonali, «costosi da produrre», di lenta approvazione da parte delle autorità regolatorie e potenzialmente indisponibili «durante i picchi di Covid-19». D’altronde, in Italia, nell’era di Speranza, avevamo fatto gli schizzinosi anche su quelli: l’Aifa di Nicola Magrini ignorò la proposta della multinazionale Eli Lilly, che offriva 10.000 dosi di anticorpi gratuite, pur di poter condurre la fase 3 dei suoi trial sul rimedio anti Covid.Sui lockdown e le altre restrizioni si potrebbe scrivere un libro. Segnaliamo che, quando dubitare dell’utilità dei domiciliari veniva considerato alla stregua di un’offesa alle vittime del virus e un oltraggio alle bare di Bergamo, La Verità ospitava le obiezioni del prof John Ioannidis. Uno che appariva meglio titolato della maggior parte degli scienziati nostrani, padroni dei salottini tv. Chi accettò di non oscurare l’epidemiologo greco-americano, si prodigò ugualmente nel mostrificarlo. Lo stesso stratagemma che fu utilizzato contro il premio Nobel Luc Montagnier, che Matteo Bassetti definì «rincoglionito con problemi di demenza senile». Il primario genovese sarebbe stato condannato per diffamazione.Dall’estate 2021 in avanti, quando l’Inghilterra per prima denunciò l’impennata di casi e vittime di tumore, dovuta a diagnosi ritardate e cure interrotte, gli studi anti lockdown si sono moltiplicati. Con loro, le prove che chiudere le scuole non serviva e aveva rovinato la salute e l’apprendimento dei ragazzi; oppure, che non aveva senso interdire strade e locali dopo le 18, manco il Covid dormisse fino a quell’ora; o che le mascherine, alla verifica sul campo, si rivelavano inadatte a limitare la trasmissione del patogeno. Persino Fauci, l’altro giorno, ha dovuto confermarlo: «Non c’era nessuno studio che giustificasse l’obbligo di mascherine per i bambini». Il guru degli scientisti, al quale Speranza voleva affidare un centro anti pandemie a Siena, ha balbettato anche quando gli è stato chiesto conto del dogma del distanziamento sociale: quella regola, ha detto, «è venuta fuori a un certo punto». Non si sa da dove, non si sa per quale motivo. Questi erano i cervelloni nei quali avreste dovuto riporre la vostra fiducia.I verbali del Robert Koch Institut, il corrispettivo tedesco del nostro Istituto superiore di sanità, di recente desecretati, hanno svelato che la comunità scientifica era ben poco certa del valore dei diktat. «I lockdown talvolta hanno conseguenze più gravi del Covid stesso», erano arrivati ad affermare i funzionari in Germania. Secondo loro, non c’era ragione per richiedere l’uso delle mascherine «al di fuori della sicurezza sul lavoro». E i super green pass non erano «tecnicamente giustificabili».Da noi, il post pandemia ha svegliato Gianni Rezza. Lo scorso 29 marzo, in un’intervista retrospettiva sulla gestione dell’emergenza, ha commentato: «Qualche eccesso lo avrei evitato, come insistere con il green pass quando si era capito che con Omicron i vaccini non proteggevano più dall’infezione». Peccato che il green pass rafforzato fosse stato introdotto proprio per rispondere alla recrudescenza dei contagi, innescata dalla variante sudafricana. Con il silenzio-assenso di Rezza, secondo il quale, nel caso dei vaccini, «così come per ogni farmaco, bisogna soppesare rischi e benefici». Sul serio? Non è quello che sostenevamo noi, quando criticavamo l’obbligo di iniezione diretto per sanitari, giovani professoresse, militari, carabinieri e poliziotti? E l’obbligo indiretto, introdotto attraverso il certificato verde? Eravamo negazionisti? Eravamo negazionisti, quando riportavamo gli studi sugli effetti avversi dei vaccini? Quando, anche per via della morte di Camilla Canepa, parlammo delle trombosi, poi delle miocarditi e delle pericarditi? L’associazione dei cardiologi italiani le considerava «lievi e autolimitanti». I luminari garantivano: sono peggio quelle provocate dal Covid. Tre anni dopo, la situazione è cambiata. Astrazeneca, in causa con le vittime del suo vaccino, ha messo nero su bianco che il farmaco «può provocare, in casi molto rari, trombosi con sindrome da trombocitopenia». Dopodiché, lo ha ritirato. «È perché vuole produrre vaccini a mRna», provano ad argomentare i sacerdoti della puntura. Sarà. Solo che è appena uscito, su una delle riviste del British medical journal, un articolo dedicato ai preoccupanti dati sulle morti in sovrannumero, culminate proprio nel 2021. Ossia, quando erano in vigore le restrizioni e si vaccinava a manetta. I quattro autori olandesi menzionano, tra le possibili cause, gli effetti avversi dei vaccini e invitano i governi a indagare. Quanto a miocarditi e pericarditi, un recente studio britannico riferisce di averne trovate un po’ nei ragazzini vaccinati, ma nessuna in quelli che si erano presi il virus.La storia del Covid sembra sempre più simile a una famosa frase, attribuita, forse erroneamente, a Ghandi: «Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti odiano, poi ti combattono. E alla fine vinci».
Mattia Furlani (Ansa)
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Giancarlo Tancredi (Ansa)
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