2020-03-04
Avanti con i tagli: in 1.100 fuori da BancoBpm
Dopo Unicredit e Ubi, anche la banca guidata da Giuseppe Castagna presenta un piano con un 5% di prepensionamenti e la chiusura di 200 filiali. Obiettivo è garantire ai soci 800 milioni di dividendi e all'istituto un ruolo non da preda nel risiko avviato da Intesa.Il Coronavirus può cambiare i prezzi delle fusioni e complicare la cessione dei crediti deteriorati. Ma sul fronte industriale, la strada delle banche è ormai segnata: fare pulizia nei bilanci, diventare agili e più snelli sfruttando così meglio le leve tecnologiche. Anche in vista di un possibile taglio dei tassi da parte della Bce che potrebbe mettere sotto pressione i ricavi, la caccia della redditività ora passa dai comparti come il private banking e il wealth management che richiedono nuove competenze soprattutto nell'analisi dei dati che arriveranno da sistemi di intelligenza artificiale. Mentre il profilo professionale di impiegato allo sportello è sempre meno ricercato.Lo conferma il nuovo piano al 2023 annunciato ieri dal BancoBpm. La strategia è simile a quella già annunciata da altre big del credito come Unicredit e anche da Ubi prima che arrivasse l'Ops di Intesa: c'è chi lo chiama re-skilling, ovvero la riqualificazione e ricollocazione dei dipendenti liberati dalla digitalizzazione dei processi. E chi, è il caso del BancoBpm, vara un «programma di recruiting strategico finalizzato ad attrarre talenti e ad accelerare il ricambio generazionale». Tradotto: un piano di prepensionamento volontario su 1.100 dipendenti (non viene fornito il dato relativo al numero di accessi a Quota 100) che abbatterà il costo del personale del gruppo guidato da Giuseppe Castagna a 1.660 milioni nel 2023 rispetto ai 1.700 milioni del 2019. Più la chiusura di circa 200 filiali e un aumento del 30% delle filiali ad elevata automazione. L'obiettivo, anche in piazza Meda, è migliorare l'efficienza operativa accelerando la transizione della banca verso un modello digitale omnicanale. Aumenteranno le cosiddette «filiali relazionali» che sono focalizzate sui servizi di consulenza e sulla vendita dei prodotti finanziari. Che il dimagrimento sia funzionale anche per un possibile matrimonio per il momento è stato smentito da Castagna. «Non penso che dobbiamo rispondere a nessuno perché stiamo facendo la nostra road map su base stand alone. Non fatemi commentare transazioni attive adesso sul mercato che riguardano i nostri competitor», ha detto ieri l'ad incalzato sugli effetti dell'operazione Intesa-Ubi. Quanto al risiko, ha aggiunto, «spero di partecipare a questo consolidamento dal basso e non dall'alto» cioè con fusioni tra «banche di medie dimensioni piuttosto che con una transazione ostile». Castagna, insomma non vuol fare da “preda" come Ubi. Anche se proprio ieri un report del Santander ha definito l'Ops di Intesa una fusione vantaggiosa per entrambe le parti definendola zuna delle storie di ritorno più interessanti in Europa, con un rendimento da dividendi in contanti del 10 per cento».Nel frattempo, il nuovo piano del BancoBpm prevede un utile netto nel 2023 di circa 770 milioni e la distribuzione di oltre 800 milioni di dividendi, con un pay-out medio superiore al 40 per cento. Più di 600 milioni verranno investiti in evoluzione tecnologica, di cui 250 milioni per l'evoluzione digitale. Obiettivi ambiziosi, considerata l'incertezza sull'impatto del Coronavirus a livello di scenario macroeconomico. Ma considerati raggiungibili, dai vertici di piazza Meda, «anche in caso di recessione dell'Italia nel 2020, con un'ipotesi di Pil negativo dello 0,1%" grazie al potenziale ancora inespresso nel comparto Wealth management e Family banking. Verrà inoltre valorizzato il portafoglio immobiliare del gruppo con la cessione di «circa un miliardo di euro» di asset e ridotto al 40% il peso dei titoli di Stato italiani sul totale del portafoglio titoli.I sindacati tengono alzata la guardia mentre in Borsa, gli analisti reputano il piano un po' troppo ottimista alla luce dell'impatto del Covid-1 e mostrano perplessità sull'assenza di target di breve periodo. Passata qualche ora dalla presentazione del piano, a metà seduta sono scattate forti vendite sul titolo che ha poi archiviato la giornata lasciando sul terreno di Piazza Affari l'8,2 per cento.
Francesco Zambon (Getty Images)
La deposizione in mare della corona nell'esatto luogo della tragedia del 9 novembre 1971 (Esercito Italiano)
Quarantasei giovani parà della «Folgore» inghiottiti dalle acque del mar Tirreno. E con loro sei aviatori della Royal Air Force, altrettanto giovani. La sciagura aerea del 9 novembre 1971 fece così impressione che il Corriere della Sera uscì il giorno successivo con un corsivo di Dino Buzzati. Il grande giornalista e scrittore vergò alcune frasi di estrema efficacia, sconvolto da quello che fino ad oggi risulta essere il più grave incidente aereo per le Forze Armate italiane. Alle sue parole incisive e commosse lasciamo l’introduzione alla storia di una catastrofe di oltre mezzo secolo fa.
(…) Forse perché la Patria è passata di moda, anzi dà quasi fastidio a sentirla nominare e si scrive con la iniziale minuscola? E così dà fastidio la difesa della medesima Patria e tutto ciò che vi appartiene, compresi i ragazzi che indossano l’uniforme militare? (…). Buzzati lamentava la scarsa commozione degli Italiani nei confronti della morte di giovani paracadutisti, paragonandola all’eco che ebbe una tragedia del 1947 avvenuta ad Albenga in cui 43 bambini di una colonia erano morti annegati. Forti le sue parole a chiusura del pezzo: (…) Ora se ne vanno, con i sei compagni stranieri. Guardateli, se ci riuscite. Personalmente mi fanno ancora più pietà dei leggendari piccoli di Albenga. Non si disperano, non singhiozzano, non maledicono. Spalla a spalla si allontanano. Diritti, pallidi sì ma senza un tremito, a testa alta, con quel passo lieve e fermissimo che nei tempi antichi si diceva appartenesse agli eroi e che oggi sembra completamente dimenticato (…)
Non li hanno dimenticati, a oltre mezzo secolo di distanza, gli uomini della Folgore di oggi, che hanno commemorato i caduti di quella che è nota come la «tragedia della Meloria» con una cerimonia che ha coinvolto, oltre alle autorità, anche i parenti delle vittime.
La commemorazione si è conclusa con la deposizione di una corona in mare, nel punto esatto del tragico impatto, effettuata a bordo di un battello in segno di eterno ricordo e di continuità tra passato e presente.
Nelle prime ore del 9 novembre 1971, i parà del 187° Reggimento Folgore si imbarcarono sui Lockheed C-130 della Raf per partecipare ad una missione di addestramento Nato, dove avrebbero dovuto effettuare un «lancio tattico» sulla Sardegna. La tragedia si consumò poco dopo il decollo dall’aeroporto militare di Pisa-San Giusto, da dove in sequenza si stavano alzando 10 velivoli denominati convenzionalmente «Gesso». Fu uno di essi, «Gesso 5» a lanciare l’allarme dopo avere visto una fiammata sulla superficie del mare. L’aereo che lo precedeva, «Gesso 4» non rispose alla chiamata radio poiché istanti prima aveva impattato sulle acque a poca distanza dalle Secche della Meloria, circa 6 km a Nordovest di Livorno. Le operazioni di recupero dei corpi furono difficili e lunghissime, durante le quali vi fu un’altra vittima, un esperto sabotatore subacqueo del «Col Moschin», deceduto durante le operazioni. Le cause della sciagura non furono mai esattamente definite, anche se le indagini furono molto approfondite e una nave pontone di recupero rimase sul posto fino al febbraio del 1972. Si ipotizzò che l’aereo avesse colpito con la coda la superficie del mare per un errore di quota che, per le caratteristiche dell’esercitazione, doveva rimanere inizialmente molto bassa.
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