2024-07-28
«Le autostrade a gestione regionale sono più sicure, pulite e scorrevoli»
L’ad di Cal (viabilità lombarda) Gianantonio Arnoldi: «La riforma nazionale può rifarsi al nostro modello che punta sui fondi dei privati, abbiamo iniziato a eliminare le barriere. Tariffa unica? Ma se è inferiore alla nostra chi ci ripaga?»La riforma delle autostrade è entrata qualche ora fa nel pacchetto del disegno di legge sulla Concorrenza. Ed è già un primo passo, visto che i tanti detrattori fino a qualche giorno fa parlavano di riforma ritirata e di fondi del Pnrr (che peraltro non sono destinati ai lavori per le autostrade) a rischio. Certo, si tratta di una versione smussata rispetto alla precedente che puntava sulla tariffa unica e sul trasferimento di tutte le entrate da pedaggio allo Stato che poi le avrebbe smistate ai concessionari accollandosi anche però una buona parte dei rischi. Nell’ultima versione del testo, infatti, è previsto che le nuove concessioni dureranno 15 anni e che le tariffe saranno divise in tre componenti: quelle di gestione e costruzione andranno al concessionario che vince la gara, mentre quella degli oneri integrativi (il cosiddetto extragettito) toccherà allo Stato e servirà per gli investimenti autostradali e per mettere in sicurezza la viabilità locale senza aumenti dei pedaggi. Diciamo che in futuro lo Stato conterà di più. Da questi meccanismi, però, restano fuori, almeno per il momento, le concessioni autostradali regionali. La pedemontana Veneta, per esempio, ma tra questa c’è anche Cal, la società a partecipazione pubblica costituita nel 2007 con l’obiettivo di realizzare tre autostrade fondamentali per la Lombardia: la Brebemi, la A36 Pedemontana Lombarda e la A58 Tangenziale Esterna di Milano, alle quali poi si è aggiunta la Treviglio Bergamo. E che ha fatto del project financing (finanziamento delle opere da parte dei privati che si ripagano poi attraverso i profitti delle stesse) il suo modus operandi. Gianantonio Arnoldi è l’amministratore delegato di Cal e spiega alla Verità perché questo modello non compromette l’autonomia delle regioni. Per adesso la riforma tiene fuori le concessioni regionali, ma c’è la possibilità che il Parlamento la estende anche a voi? «Non so cosa deciderà di fare il Parlamento, ma so che già adesso la riforma dà alle varie concessionarie regionali la possibilità di decidere se aderire o meno. Sarebbe paradossale se si andasse contro il progetto autonomista della legge Calderoli».Voi cosa farete?«Noi preferiamo proseguire con il nostro modello che è rodato da anni di esperienza sul campo e di risultati economici e di servizio eccellenti. Siamo un sistema virtuoso che garantisce manutenzioni senza precedenti, ottima fruibilità e una sperimentazione, pensi solo alla completa eliminazione delle barriere, che altrove ci invidiano. A oggi abbiamo investito 4,6 miliardi attraverso il project financing e girato circa un miliardo allo Stato tra Iva, Ires e le altre tasse». I critici però parlano di costo dei pedaggi esagerati e la recente riforma ha anche l’obiettivo di «calmierare» gli aumenti. «Guardi, i pedaggi italiani sono tra i più bassi nei Paesi dell’Europa che conta. Pensi a Francia e Germania». Se è per questo anche i nostri stipendi sono tra i più bassi nell’Europa che conta. «Certo, ma non rispetto per esempio alla Croazia dove le tariffe sono ben più alte. Non è questo però il punto. Tutti vorremmo un pedaggio che sia il più basso possibile, ma vogliamo anche essere sicuri, per evitare altri casi simili a quello del Ponte Morandi, ed evitare di restare ore e ore imbottigliati nel traffico. Manutenzione e innovazione però costano e di risorse pubbliche non mi sembra ce ne siano molte. Del resto il Pnrr non ha previsto neanche un euro sulle opere autostradali». Lei cosa consiglia?«Il project financing, appunto. Il nostro sistema prevede che lo Stato investa una piccola percentuale, e poi come le dicevo ha un ritorno con gli interessi in termine di tasse, e il privato finanzia gran parte dell’opera guadagnando poi dai pedaggi. Tutto ovviamente deve stare insieme».E non sempre si riesce. «Noi in questo pensiamo di essere all’avanguardia. Abbiamo 40 persone su 4 autostrade e monitoriamo al meglio i nostri concessionari. Discutiamo, alle volte anche animatamente, ma alla fine c’è reciproca soddisfazione perché anche la controparte capisce che avere un concedente che sta quotidianamente sul pezzo è una garanzia. Le ripeto, nessuno vuole che si ripeta un altro caso come quello del Ponte Morandi». La riforma segue questo schema? «È ancora presto per dirlo. La riforma tocca altri punti, e anche la diversa ripartizione dei ricavi da pedaggio non è incompatibile con il project financing. Del resto se parliamo di qualità e sicurezza, il privato che investe ha tutto l’interesse di migliorare costantemente il servizio e a renderlo all’avanguardia. Piuttosto mi chiedo se il termine accorciato di 15 anni per le concessioni sia compatibile con l’investimento di lungo termine necessario per consentire al privato di rifarsi rispetto alle spese iniziali»La riforma parlava anche di tariffa unica. Lei sarebbe d’accordo?«Io sono d’accordo con qualsiasi schema, l’importante è che poi mi si dica dove si prendono i soldi. Se io prevedo un prezzo del pedaggio, ma quello della tariffa unica è più basso, evidentemente mi mancano delle risorse. Dove le prendiamo?».
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