2025-05-29
Autogol dell’Unione: «Biden censurava di più»
Per difendere il suo operato, la vicepresidente della Commissione conferma il bavaglio dei democratici.Invidiosi delle nostre glorie passate, negli Usa hanno sostituito Catone con Joe Biden che passa alla storia come il censore! Che si è mosso seguendo il woke e la convenienza di parte. Si scopre che negli Usa governati dai democratici il bavaglio ai social è stato assai più stretto che in Europa. A denunciarlo peraltro è una politica finlandese che aderisce al Ppe, ma che è in corrispondenza di politicamente corretti sensi con i democratici. Henna Virkkunen - vicepresidente esecutiva della Commissione Ue e commissaria europea per le tecnologie digitali e di frontiera - difendendo le leggi dell’Unione ha sostenuto che quelle della Casa Bianca sono ingerenze assai più penetranti. C’era da aspettarselo: un sovranista di destra, poco incline all’afflato democratico come Donald Trump non può tollerare la libertà di parola della Rete. Solo che Trump con questa storia non c’entra nulla, anzi da quando si è messo a fianco Elon Musk è forse il presidente americano più amico delle Big tech, tant’è che Mark Zuckerberg (Meta) Joseph Bezos (Amazon) e Larry Page (Alphabet, che vuol dire Google) sono fissi a corte e anzi sollecitano il presidente a mettere sul piatto dei dazi la difesa strenua dei loro incassi e dei loro contenuti. E allora? Succede all’Europa di dover parlare male degli amici. A mettere sotto controllo i social in America è stato Joe Biden e lo ha fatto pesantemente e costantemente. Henna Virkkunen lo ha rivelato a Euractiv proprio per rispondere alle critiche mosse dagli Usa alla legge dell’Ue sul controllo dei social e di Internet. È il Dsa (Digital service act) che è servito a mettere sotto inchiesta sia Meta (Facebook, Instagram, WhatsApp e Threads) sia «X» (ex Twitter). Al gruppo di Mark Zuckerberg viene contestata la pubblicità ritenuta ingannevole, rilevi sono stati fatti anche per la disinformazione e ci sono segnalazioni di contenuti illegali. Per quel che riguarda Elon Musk, l’indagine si concentra sulla gestione degli algoritmi e la rimozione di contenuti illegali, soprattutto per la tutela dei minori e della salute mentale. Logico che le Big tech abbiano criticato la legge europea. Per difendersi Wirkkunen ha fatto uno sgarbo al suo «amico» Biden, il più amato da Elly Schlein. Dice candidamente la commissaria europea: «Negli Stati Uniti, le piattaforme hanno regole più severe. Il 99% dei casi di rimozione di contenuti online tra settembre 2023 e aprile 2024 riguardava Meta e X». Dunque a censurare cinguettii e like è stato mister Biden e non «cattivissimo me» e cioè Donald Trump. Secondo la vicepresidente della Commissione la censura esercitata dai Democratici americani si è spinta fino a tacitare il dissenso su argomenti etici come l’eutanasia. Sotto la scure - un po’ bacchettona a dire la verità - sono finite anche immagini di nudo, statue e altre opere d’arte sempre di nudo che non sono censurate nell’Ue, ma possono essere vietate nelle piattaforme statunitensi. Evidentemente il woke corre sul filo della Rete! Per Henna Virkkunen il taglia e cuci operato in America ha riflessi negativi anche in Europa, che subisce gli effetti di quella censura, considerato che alcuni di questi social hanno più utenti nel Vecchio continente che Oltreatlantico. Insomma Joe Biden ha messo dei «dazi» etici o forse politici sui contenuti esportando censura. La Commissaria europea in questo raffronto ha sostenuto che le regole europee sono infinitamente più tolleranti visto che solo l’1% delle segnalazioni arrivate in Ue è risultato attendibile e solo in un caso ogni mille si sono attivate le prescrizioni del Dsa, al punto che nel suo recente viaggio in Usa la commissaria - che mai cita esplicitamente Zuckerberg e Musk - ha chiarito all’amministrazione Trump, fortemente contraria la regolamento europeo, che non c’è alcuna volontà di limitare la libertà di parola. Anzi ha confermato che l’Ue non ha ancora chiuso le inchieste su Meta e X proprio perché vuole avere tutti gli elementi senza emettere sentenza affrettate. A quel che si è capito la commissaria ha fatto anche la spia al Maga sulle «malefatte» di Joe Biden perché al deputato trumpiano Jim Jordan - capo della commissione giudiziaria della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti - ha fornito «i dati di raffronto tra Usa e Ue, che penso gli faranno molto comodo anche se lui in risposta», ha riferito la Virkkunen, «ha inviato a me e alla commissaria per la concorrenza, Teresa Ribera, una lettera di protesta sul Dsa e il Digital markets act (Dma), che si occupa di regolamentare la concorrenza in Rete». Da quel che si capisce, ai sostenitori di Trump la censura, anche quella ipergarantista dell’Ue almeno per come la presenta la Virkkunen, proprio non piace. Chi invece ci è andato giù duro è stato Joe Biden che ha perso il pelo, ma durante gli ultimi mesi della sua presidenza non ha di certo perso il vizio. I dati dell’Ue non sono infatti la prima segnalazione della censura a stelle e strisce dei democratici. Proprio Mark Zuckerberg nell’agosto scorso aveva denunciato, sempre a Jim Jordan, che nel «2021 alti funzionari dell’amministrazione Biden, Casa Bianca compresa, hanno ripetutamente sollecitato i nostri team per mesi affinché censurassero alcuni contenuti sul Covid-19, tra cui l’umorismo e la satira, e hanno espresso molta frustrazione nei confronti dei nostri team quando non eravamo d’accordo». Come dire che in fondo la realtà si allinea alla fantasia dei «gialli» di Hollywood; quando ti aspetti che il cattivo (Trump) sia l’autore del delitto di lesa democrazia t’accorgi che la pistola fumante ce l’ha il buono: Joe Biden nella parte del maggiordomo.
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