2024-09-26
Auto dalla Germania? Dazi al 200%. Trump vuole le fabbriche negli Usa
Donald Trump, candidato repubblicano in corsa alla Casa Bianca (Ansa)
Dopo quelle cinesi costruite in Messico, il tycoon pressa Bmw, Mercedes e Volkswagen.In un discorso tenuto a Savannah, in Georgia, il candidato repubblicano alle elezioni presidenziali degli Stati Uniti, Donald Trump, ha affermato di volere che le case automobilistiche tedesche diventino americane. Non si tratta di procedere con espropri, naturalmente, quanto del piano di Trump per rilanciare la manifattura americana: «Voglio che costruiscano le loro fabbriche qui», ha detto il candidato riferendosi ai marchi tedeschi di automobili.Nel caso di un suo secondo mandato alla Casa Bianca, l’idea di Trump è di attirare investimenti dall’estero, offrendo agevolazioni fiscali e la disponibilità di zone speciali su terreni di proprietà federale. Chi non accetterà le condizioni proposte dall’amministrazione Trump si vedrà applicare dazi altissimi, dal 100% al 200%. Nel suo discorso di Savannah, Trump ha lanciato il suo New american industrialism: «Il fulcro del mio piano economico è un rinascimento del settore manifatturiero», ha detto tra l’entusiasmo degli astanti. Savannah è uno dei maggiori porti americani, in cui il traffico di merci nel 2022 ha superato i 5,76 milioni di container equivalenti (teu), e Trump ha detto che intende rilanciare le costruzioni navali. «Questo nuovo industrialismo americano creerà milioni e milioni di posti di lavoro» ha detto Trump.Il tycoon ha anche affermato che, se eletto, intende nominare un ambasciatore manifatturiero per attirare le aziende straniere. Il piano è di riportare in auge la manifattura americana invitando gli investimenti stranieri sul suolo americano, facendo crescere le opportunità di lavoro per gli americani e riattivando l’economia. Una strategia del male minore, rispetto all’importazione degli stessi beni dall’estero che, sugli elettori degli swing State, sta facendo presa.Lo scorso luglio, alla convention repubblicana che lo ha nominato candidato alla Casa Bianca, Trump, aveva detto la stessa cosa relativamente alle case automobilistiche cinesi: «Grandi fabbriche vengono costruite oltre confine in Messico. Quegli impianti saranno costruiti negli Stati Uniti e la nostra gente gestirà quegli impianti», aveva detto, ripetendo un concetto già espresso in primavera in un discorso in Ohio. L’alternativa sarebbero dazi fino al 200% per le auto importate dal Messico. Se Trump, una volta eletto, attuasse davvero il suo piano, per il settore automobilistico ci sarebbero impatti massicci.Lunedì in Pennsylvania Trump aveva minacciato dazi anche per il produttore di attrezzature agricole Deere&Co: «Pensano di rendere i prodotti più economici in Messico e di venderli allo stesso prezzo di prima e di fare un sacco di soldi liberandosi della nostra manodopera e dei nostri posti di lavoro», ha detto Trump. «Se lo faranno, allora metteremo una tariffa del 200% su tutto ciò che vorranno rispedire negli Stati Uniti».A parte il caso Deere, l’avviso alle case automobilistiche tedesche è chiaro. Qualche giorno fa, in una intervista, riferendosi al suo precedente mandato, Trump aveva detto: «Ho affrontato Angela Merkel e le ho chiesto perché non ci sono Chevrolet americane sulle strade tedesche».A oggi Bmw, Volkswagen e Mercedes, in realtà, hanno già stabilimenti di produzione negli Usa, rispettivamente in South Carolina, Tennessee e Alabama. Tuttavia, per il settore automobilistico tedesco alle prese con una crisi profonda, le dichiarazioni di Trump sono ben più di un campanello d’allarme, sia per ciò che riguarda il mercato sia per l’occupazione in patria. Il progetto del tycoon metterebbe, infatti, i tedeschi nella condizione di dover scegliere tra perdere quote di mercato nel ricco mercato americano o perdere posti di lavoro in patria. La qual cosa sarebbe più un problema per il governo che per le case automobilistiche. Nel caso di una vittoria di Donald Trump alle elezioni di novembre, Berlino dovrà fare delle scelte molto difficili.
(Ansa)
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Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)