Due nastri, che «La Verità» ha potuto ascoltare, dimostrano che l’avvocato siciliano si è più volte contraddetto nel tentativo di far saltare il presidente del collegio che doveva giudicare i vertici dell’azienda petrolifera, accusati di mazzette e poi assolti.
Due nastri, che «La Verità» ha potuto ascoltare, dimostrano che l’avvocato siciliano si è più volte contraddetto nel tentativo di far saltare il presidente del collegio che doveva giudicare i vertici dell’azienda petrolifera, accusati di mazzette e poi assolti. Piero Amara, ex avvocato di Eni già più volte indagato e condannato dalle Procure di mezza Italia, aveva provato nel dicembre 2019 a sabotare il processo Eni-Nigeria accusando il presidente del collegio Marco Tremolada di aver avuto contatti con i legali Michele Bianco, Paola Severino e Nerio Giuseppe Diodà. È quanto emerge da due registrazioni di cui La Verità è entrata in possesso, relative agli interrogatori resi da Amara il 2 e 16 dicembre 2019, quando era sotto indagine per il cosiddetto falso complotto.Sono due registrazioni molto importanti che testimoniano le calunnie di Amara (durante gli interrogatori l’avvocato di Augusta si contraddice più volte) e permettono di comprendere più a fondo i motivi che spaccarono la Procura di Milano nel 2020. Ma sono anche due registrazioni che lasciano diverse perplessità, sia per il clima più che mai cordiale e di collaborazione tra i magistrati interroganti e lo stesso Amara, sia per come sono state riportate nei verbali, dove mancano dei dettagli, anche importanti, sulle menzogne dell’avvocato siciliano. Non è un tema di secondo piano. Stiamo parlando degli audio che l’ex capo della Procura Francesco Greco e il procuratore aggiunto Laura Pedio portarono alla Procura di Brescia, anche se si trattava di frasi inventate da Amara, di terza mano e per di più contraddittorie. Non a caso la Procura bresciana aveva escluso sin da subito che Tremolada fosse stato avvicinato dai legali di Eni. Bianco ha presentato denuncia per calunnia nei confronti di Amara, anche se è rimasta ferma nei cassetti della Procura di Milano (dove è ferma anche un’indagine per rivelazione di segreto). Non solo. Le frasi messe a verbale da Amara il 2 e 16 dicembre furono usate anche dal pm Fabio De Pasquale (rinviato a giudizio per omissioni d’atti d’ufficio a Brescia) durante l’ultima udienza del processo Opl 245, quando chiese di far testimoniare Amara per «interferenze delle difese di Eni sui magistrati milanesi» provando di fondo a spingere Tremolada all’astensione. Eppure, le discrepanze anche tra i verbali di interrogatorio e le registrazioni sono evidenti sin da subito. Nel verbale del 2 dicembre 2019 non c’è traccia, per esempio, del contenuto della fono-registrazione (dal minuto 1.39 al minuto 2.19) dove Amara spiega espressamente che tramite Severino e Diodà avrebbero avuto la «garanzia» che l’amministratore delegato di Eni «Claudio Descalzi sarebbe stato assolto». Amara sostiene che Bianco gli avrebbe parlato di un «colpo di fortuna» per la designazione di Tremolada «perché avrebbe assolto Descalzi». L’avvocato di Augusta dice anche di non aver avuto riscontri di questo e che non sapeva se Bianco millantasse ma che in ogni caso aveva saputo sempre da lui tramite l’applicazione Wickr «della garanzia dell’assoluzione di Descalzi». Eppure, della possibile assoluzione del numero uno del cane a sei zampe, nel verbale, non c’è traccia. Infatti, nelle 18 pagine di resoconto del 2 dicembre, tra una valanga di pagine omissate, si legge che Amara tramite l’avvocato Valentina «Geraci», aveva saputo da «Bianco di stare tranquillo perché non era cambiato niente, Claudio Granata era ancora molto legato a lui e Descalzi sarebbe rimasto come amministratore delegato dell’Eni, o comunque aveva buone prospettive di continuare a guidare la società. Mi disse anche che c’era stato un problema nella composizione del collegio e che era stato un colpo di fortuna che fosse stato designato Tremolada, al quale, per quello che mi disse Bianco, Diodà e Severino avevano accesso. Questo me lo disse tramite Wickr. Le comunicazioni avvenivano anche quando io ero agli arresti domiciliari». Ma anche qui ci sono incongruenze. Amara non poteva avere telefono o pc mentre era in arresto. Non a caso, a un certo punto, si contraddice, sostenendo che lo aveva saputo quando era stato rimesso in libertà.Il festival di fandonie di Amara continua anche il 16 dicembre. L’avvocato siciliano inizia riproponendo la solita pappardella su Bianco. Questa volta, però, sostiene che a riferirgli questa presunta verità sarebbe stata l’avvocato «Isidoro» per poi precisare subito dopo che si trattava della Severino e scusandosi. «Dottoressa le fa capire quanto io sia stanco». Ma, risponde la Pedio, «stiamo trattando di temi delicati…». Amara, quindi, ritorna anche in questa occasione sul fatto che Bianco gli aveva assicurato dell’assoluzione di Descalzi e di una certa tranquillità per il rinnovo dell’amministratore delegato. «Può essere che Diodà o questi mostri sacri millantano» dice Amara. «Ci sono avvocati che si vendono queste cose. Voglio mettere a verbale che possono essere millanterie nei confronti di Tremolada che non so chi sia e che non è Ungheria che io sappia», facendo riferimento alla famigerata loggia. Poi, sempre a verbale, Amara sostiene di aver saputo prima le informazioni da Bianco tramite Diodà, poi tramite la Severino, quindi tramite Severino e Diodà. L’avvocato siciliano sostiene che il processo si sarebbe concluso velocemente, nella primavera del 2020, con l’assoluzione di Descalzi, peccato si sbagliasse anche in questo caso, perché le assoluzioni arriveranno solo un anno dopo. Anche in questo verbale il nome dell’amministratore delegato non viene nemmeno citato.
Andrea Orcel (Ansa)
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