2018-08-04
Assunzioni e appalti per gli amici: la grande abbuffata dem al Demanio
Il direttore Roberto Reggi ha un impellente bisogno: cambiare il logo per 40.000 euro. Ma anche quello di assumere vari dirigenti piacentini come lui. Alla comunicazione ha piazzato il comandante dei vigili.Nell'ente delle autostrade, ultimo avamposto del vecchio sistema, l'ad Gianni Vittorio Armani si sta già riposizionando. Le prime linee invece restano fedeli all'ex premier Matteo Renzi e a Graziano Delrio. Lo speciale contiene due articoliRoberto Reggi, da settembre 2014 direttore dell'agenzia del Demanio, ha la sua città, Piacenza, nel cuore e una gran fretta di chiudere alcune faccende.Nelle ultime settimane ha infatti pubblicato e assegnato la gara per cambiare il logo del Demanio, esigenza improrogabile evidentemente, in piena finestra spoil system, con un bando aperto lo scorso 5 luglio e chiuso il 18 luglio con una base d'asta di 50.000 euro. Gara a cui ha partecipato un'unica società, la Genesi srl, che se l'è aggiudicato con un'offerta di 40.000 euro più Iva. Ma nella fretta delle ultime ore ha anche assunto a tempo indeterminato il direttore dei Servizi al patrimonio, nonostante l'attuale direttore avesse un contratto con scadenza 31 maggio 2019. Ma nessuno ha avuto da ridire perché l'attuale direttore a tempo determinato e il nuovo direttore a tempo indeterminato hanno lo stesso nome e cognome, ovvero Massimo Gambardella.Reggi, infatti, come dicevamo, ha Piacenza nel cuore. Ne è stato sindaco dal 2002 al 2012 (sempre in quota sinistra), prima di essere chiamato dal governo Renzi, prima come sottosegretario al Miur e poi a dirigere l'agenzia del Demanio. Ed è così che i 50 dirigenti della piccola agenzia del Demanio non gli bastavano e ha deciso di chiamare tre sue conoscenze da primo cittadino.Dopo aver messo a capo della comunicazione, al posto della giornalista Paola Cambria, il comandante dei vigili urbani di Piacenza, Renza Malchiodi, che avrà molte competenze, ma non proprio le skill della comunicatrice (ufficio stampa, eventi) - non essendo né giornalista professionista né pubblicista - e dopo aver portato al Miur come capo segreteria e poi al Demanio la sua capo di gabinetto al Comune, Vittoria Avanzi, poi diventata, non senza polemiche, la nuova direttrice della Fondazione teatri di Piacenza, ha premiato un altro dei suoi collaboratori. Si tratta appunto di Gambardella, che a Piacenza era amministratore unico dal 2005 al 2012 delle Società farmaceutiche comunali piacentine srl.Anche lui, come la Malchiodi, nonostante non avesse proprio un curriculum tagliato per le attività dell'agenzia del Demanio, è stato assunto - con un bando poco pubblicizzato -a tempo determinato dal primo dicembre 2015 al 31 maggio 2019 prima con un ruolo di dirigente, ma di minor pregio (program manager), solo per un mese. Dopodiché ha fatto il primo salto in avanti ed è diventato per sei mesi responsabile dei piani di manutenzione e performance degli immobili della direzione servizi ai patrimoni. E, a luglio 2016, Reggi lo ha di nuovo promosso al ruolo di direttore proprio della direzione Servizi al patrimonio.Ma è a febbraio che Reggi ha l'intuizione. Fiuta che l'aria sta cambiando e che il suo Pd non ce la farà a vincere le elezioni e pubblica bandi di gara per un centinaio di assunzioni a tempo indeterminato, tra cui quella del direttore dei Servizi al patrimonio, vinto proprio da Gambardella. Una coincidenza che desta qualche dubbio soprattutto per la tempistica: perché fare una selezione con un anno e mezzo di anticipo rispetto alla fine del contratto in corso?Forse sarebbe stato più opportuno aspettare sia per il logo sia, soprattutto, per il nuovo direttore Servizi al patrimonio, la conferma da parte del nuovo governo gialloblù. Ma Reggi ha fatto storcere il naso a qualche grillino che ha scoperto che Reggi, nonostante il suo compenso di 240.000 euro, ha fatto pagare a tutti noi il suo rinfresco per gli auguri di Natale. Il 5 gennaio 2018 ha infatti pubblicato l'affidamento diretto alla società cooperativa La romana il suo buffet di auguri per una spesa di 850 euro più Iva. Su cui la corte dei Conti potrebbe avere qualcosa da ridire.Nel frattempo, l'altro renziano in cerca di riconferma, il direttore dell'Agenzia delle entrate, Ernesto Maria Ruffini, attaccato pesantemente da tutte le sigle sindacali a causa della sua riorganizzazione che ha creato soltanto caos negli uffici, ha venduto come miracolosi i dati dell'operazione 730/2018. Secondo Ruffini, infatti, sarebbe un gran successo che circa 529.000 cittadini hanno accettato il 730 precompilato senza modificarlo. Ma se il dato si mette a confronto con la platea di contribuenti interessati dal 730 (pari a circa 20 milioni), viene fuori che solo il 2,6 per cento ha accettato il 730 precompilato dell'Agenzia, mentre il 97,4 per cento lo ha modificato perché i dati erano inesatti. La maggioranza evitando il fai da te, ma rivolgendosi ai Caf.Anna Maria Fiore<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/assunzioni-e-appalti-per-gli-amici-la-grande-abbuffata-dem-al-demanio-2592459089.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="i-boiardi-renziani-nel-fortino-anas" data-post-id="2592459089" data-published-at="1758056562" data-use-pagination="False"> I boiardi renziani nel fortino Anas C'è ancora un avamposto renziano nelle partecipate statali che non è stato toccato dal vento del cambiamento del governo gialloblù di Giuseppe Conte. Stiamo parlando di Anas, prima stazione appaltante in Italia, concessionaria delle nostre autostrade. A gennaio il governo di Paolo Gentiloni l'aveva consegnata nelle mani di Ferrovie dello Stato. Per i sempre attenti addetti ai lavori quello del Partito democratico fu uno stratagemma, perché in questo modo si rinnovò in automatico l'incarico dell'ormai ex amministratore delegato, Renato Mazzoncini. Ora il ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, ha fatto piazza pulita in Fs, anche se sono stati nominati due interni come presidente e amministratore delegato, facendo valere la legge Frattini del 2004. Allo stesso tempo ha anche fermato la fusione tra le due aziende. Ma su Anas non ha potuto fare nulla, perché Gianni Vittorio Armani, attuale amministratore delegato di via Mozambano, è stato nominato prima degli ultimi sei mesi e la legge sul punto è chiara: lo spoil system non vale. Insomma, per una questione di tempi, l'amministrazione del colosso autostradale resterà quella progettata da Matteo Renzi nel 2015. Per di più le dichiarazioni delle ultime settimane di Armani sulla mancata fusione («Le dichiarazioni del ministro Toninelli sono quelle più sensate, è giusto che l'esecutivo - siccome Anas è un suo strumento - si domandi la valutazione costi benefici delle operazioni fatte da tutti i governi precedenti, perché ogni cosa deve essere valutata e giusta nel suo tempo») sono apparse come un riposizionamento per instaurare un dialogo con Palazzo Chigi. All'interno di quello che è sempre stato considerato uno degli avamposti dei boiardi di Stato in Italia, basti pensare al lungo regno dell'imperatore Pietro Ciucci, inizia a circolare un certo malessere. Negli ultimi mesi infatti hanno iniziato a girare lettere, documenti, veline e persino denunce in Procura e ai Ros, che mettono nel mirino gli attuali vertici. In sostanza i veleni dentro via Mozambano sembrano pronti a esplodere. Eppure gli ultimi anni sono stati tranquilli. Il lungo strascico di polemiche per l'inchiesta sulla «dama nera», Antonella Accroglianò, è ormai rientrato. Su quell'indagine della magistratura si costruì la nuova stazione appaltante. Ma sono in pochi a ricordare che un cambiamento vero in Anas non c'è mai stato. Basti pensare che in questi giorni nei palazzi del potere romano è tornata a circolare l'ipotesi che al posto di Armani possa essere nominato Ugo Dibennardo, attualmente numero due della società, ma da molti considerato ancora più potente dell'amministratore delegato. Dibennardo è cresciuto alla corte di Ciucci e non dispiace neppure alla Lega, per un lungo trascorso come capo compartimento Anas del Nordest. Non solo. C'è chi sostiene che all'interno dell'azienda qualcuno avesse saputo in anticipo dell'inchiesta, informando chi di dovere di evitare la stanza della Accroglianò in modo tale da evitare di essere intercettato. Su questo ci saranno le verifiche dell'autorità giudiziaria, anche perché la Procura di Roma ha chiesto già da un anno il processo per 38 persone e 14 società collegate. I tempi della giustizia sono lunghi e quindi bisognerà aspettare. Nel frattempo però in Anas si sta consolidando un gruppo di fedelissimi renziani. Il presidente è Ennio Cascetta, ex assessore della giunta di Antonio Bassolino in Regione Campania, che è stato capo della struttura tecnica di missione del ministero delle Infrastrutture Graziano Delrio. Poi c'è Cristiana Alicata, renziana della prima ora, da poco convertita a +Europa di Emma Bonino e ancora, Vera Fiorani, una vita in Rfi, considerata vicina all'ex amministratore delegato di Fs, Mauro Moretti, poi nominato da Renzi in Leonardo-Finmeccanica nel 2014. Ma sono soprattutto gli uomini e le donne che stanno intorno all'amministratore delegato ad aver creato qualche malumore in via Mozambano. C'è chi lontano dai microfoni mette i riflettori su Adriana Palmigiano, direttore Appalti e acquisti dal 2016, una lunga carriera in Enel e in Terna, da dove arriva Armani. Vicinissimo al numero uno scelto da Renzi nel 2015 per fare piazza pulita dei vecchi vizi di Anas è poi Mauro Frattini, una vita in Anas e definito su alcuni quotidiani un «mini boiardo». Altro fedelissimo di Armani e della Palmigiano è Salvatore Papale, ex Spea, messo a capo delle ultime gare di progettazione. Poi ancora il manager Andrea Stefanoni e infine Antonio Cappiello, responsabile unità acquisti servizi e forniture di Anas, ex manager di Bravo solution, azienda che si occupa di soluzioni digitali per la razionalizzazione e il controllo della spesa, che ora si occupa proprio della digitalizzazione delle gare d'appalto in via Mozambano. A firmare l'appalto tra Anas e la sua vecchia azienda è stato proprio lui. Casualità del mondo delle autostrade italiane. Alessandro Da Rold