2024-10-02
Sponda di Renzi e Pd per dare l’auto ai francesi
L’ex premier sponsor dell’operazione che porterebbe ciò che resta della Fiat in braccio alla Renault. Elly Schlein è l’unico segretario di partito che non ha chiesto ai vertici Stellantis di riferire in Aula sulle mosse dell’azienda.Per uscire dal tunnel della crisi dell’auto si torna a parlare di un possibile matrimonio tra Stellantis e Renault per dare vita a una specie di General Motors europea con ben 18 marchi, più grande della Volkswagen e a un passo dalla Toyota in cima alla classifica mondiale. L’ennesima suggestione? Un’arma di distrazione dai guai dei conti dei big del settore? Chissà. Qualche sensale però è già al lavoro. In particolare, c’è un politico italiano che vorrebbe vedere all’altare l’italofrancese Stellantis e la francese Renault. Non ha la erre moscia ma la c aspirata: Matteo Renzi. Lo scorso 28 settembre, aprendo l’assemblea nazionale di Italia Viva, l’ex premier ha detto: «Stellantis ha un futuro solo se diventa parte di un campione europeo. Se non si capisce che, davanti alla crisi che sta vivendo l’automotive, serve un campione europeo, tutte le discussioni sugli Stati Uniti d’Europa lasciano il tempo che trovano». Messaggio rilanciato il giorno dopo, ovvero domenica scorsa, in un’intervista al Corriere della Sera. «Questo governo è debole su economia e politica industriale. Vedendo le ultime news dovremmo lavorare perché aziende come Meta che sta entrando nel capitale azionario di Luxottica si trasferiscano in Italia. O far sì che Stellantis si apra a una partnership per costruire un campione europeo dell’automotive. A mio avviso serve un accordo con Renault, non vedo alternative dopo i danni che ha fatto Ursula von der Leyen alla manifattura europea», ha detto Renzi a Maria Teresa Meli. Rilanciando il messaggio ma anche alimentando le voci su una fusione che, piacerà al leader di Italia Viva, ma potrebbe risultare alla fine indigesta all’Italia. Perché in caso di matrimonio, il baricentro si sposterebbe ancor più verso Parigi. Tra gli azionisti di Stellantis ci sono, infatti, gli Elkann ma anche la famiglia Peugeot e il governo francese, terzo socio con il 6,5%. Che, però, è anche primo azionista della Renault con il 15%. Anche se in Borsa Stellantis capitalizza ancora tre volte di più, in caso di nozze, il socio pubblico avrebbe un ruolo di estremo peso. Il progetto sarebbe gradito a Emmanuel Macron e non potrebbe dispiacere all’opposizione di Marine Le Pen.Ma torniamo a Renzi. Perché invoca un accordo con Renault? Qualcuno lo ha convinto a sponsorizzare le nozze? Ha parlato con l’amico Sandro Gozi, europarlamentare eletto in Francia con il partito di Emmanuel Macron, segretario del Partito democratico europeo che a Strasburgo è membro della presidenza dei liberali di Renew? Chissà. La passione di Renzi per Renault risale all’ottobre 2011 quando era sindaco di Firenze e firmò proprio con i vertici della casa transalpina e con quelli di Nissan un protocollo d’intesa per portare le auto elettriche nel centro del capoluogo toscano. L’accordo prevedeva anche la collaborazione sull’aumento delle colonnine di ricarica e la promozione dei veicoli elettrici presso gli hotel, nonché la possibilità di convertire la flotta di veicoli pubblici in mezzi di tipo elettrico.Renzi però conosce bene anche l’attuale ceo di Renault, Luca de Meo. Il top manager milanese, svezzato alla Fiat da Marchionne, ha preso il volante della casa automobilistica francese nel luglio 2020. Ma nel maggio del 2015, quando era membro del board per le vendite e il marketing della tedesca Audi, aveva avuto un ruolo decisivo nell’ottenere dall’allora governo Renzi i finanziamenti statali per l’ampliamento in chiave Urus della fabbrica Lamborghini (controllata da Audi) di Sant’Agata di Romagna. De Meo compre anche in una foto scattata all’epoca a Palazzo Chigi dopo la sigla dell’accordo per portare investimenti per 700-800 milioni e 500 nuovi posti di lavoro. Renzi potrebbe quindi spingere sia per Renault sia per de Meo, considerando anche che Stellantis cerca un nuovo amministratore delegato al posto di Carlos Tavares, al volante dal 2021 e il cui contratto scadrà all’inizio del 2026. Con una eventuale fusione tra i due gruppi, è assai probabile che il gran capo sarebbe de Meo. Intanto, la ricerca del successore di Tavares è stata avviata, scriveva Bloomberg il 23 settembre. E curiosamente il giorno dopo sul Sole 24 Ore spuntava proprio un’analisi di de Meo dal titolo «L’auto è strategica, l’Europa può farcela» in cui riprendeva il rapporto Draghi sottolineando la necessità di fare squadra e di avere «un approccio più collaborativo tra nazioni, settori e imprese». Cresciuto al fianco di Sergio Marchionne che sosteneva che il consolidamento è l’unica strada per resistere e competere, de Meo ha in passato caldeggiato anche l’opportunità di creare una specie di Airbus dell’auto, ovvero un consorzio per mettere a fattore comune risorse e competenze, soprattutto in settori chiave come software, batterie e intelligenza artificiale. Lo scorso 19 marzo, lo stesso de Meo - nella doppia veste di presidente dell’associazione europea dei costruttori di automobili e di ceo di Renault - aveva lanciato un appello a decisori politici, amministratori, cittadini europei, Ong, protagonisti dei settori dell’energia, del software, del digitale, e non solo, affinché si attivino per collaborare alla creazione di un nuovo ecosistema della mobilità in Europa. Aveva anche formulato una serie di raccomandazioni e di misure per sviluppare «una vera e propria politica industriale europea, competitiva e decarbonizzata», ad esempio coinvolgendo «le maggiori 200 città europee nella creazione di aree economiche verdi in cui si possano concentrare gli investimenti e gli incentivi per la transizione energetica».Vedremo se Renzi si farà promotore anche di questo appello. Intanto i riflettori sono puntati sul prossimo salone dell’auto di Parigi e sul 15 ottobre quando si terrà un incontro al quale parteciperanno sia il ceo di Renault sia Tavares di Stellantis e forse anche un rappresentante dei vertici della Bmw.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/assist-di-renzi-ai-francesi-2669306706.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="stellantis-laula-interroga-tavares-nelle-mozioni-sullauto-manca-il-pd" data-post-id="2669306706" data-published-at="1727811401" data-use-pagination="False"> Stellantis, l’Aula interroga Tavares. Nelle mozioni sull’auto manca il Pd Sembra che il dialogo tra i vertici di Stellantis e il Parlamento italiano andasse avanti da qualche settimana. Il pressing perché l’amministratore delegato (Carlos Tavares) o il presidente (John Elkann) venissero a riferire in Aula è diventato sempre più asfissiante man mano che i numeri e le previsioni sulle capacità produttive nei siti del Belpaese si assottigliavano. E così la decisione del manager portoghese di venire a parlare l’11 di ottobre alle 13 in commissione Attività produttive a Montecitorio non è stata che la normale conseguenza dei fatti. Una sorta di atto dovuto rispetto alla drammaticità del momento. Non passa giorno, infatti, senza che da Mirafiori (ieri l’ultimo annuncio di proroga della casa integrazione fino a fine ottobre), Melfi e Cassino arrivino notizie nefaste. E da qualche mese anche a Pomigliano e Atessa (furgoni) la situazione è peggiorata. Si parlava di un milione di auto prodotte nel territorio nazionale e il 2024 probabilmente si chiuderà più sotto che sopra quota 500.000 vetture realizzate. Buona parte dei 43.000 lavoratori «italiani» passa il tempo in cassa integrazione e il progetto di una gigafactory a Termoli che avrebbe dovuto dare la cifra del passaggio all’elettrico è praticamente tramontato (anche se ufficialmente da Torino negano), mentre una fabbrica di batterie è già operativa in Francia (a Douvrin) e il sito spagnolo di Saragozza è stato confermato. Tralasciamo le gaffe comunicative (l’offerta di una Maserati a sconto per i cassintegrati grida ancora vendetta), mentre merita un grande capitolo la questione strategica: chi ha deciso (in buona compagnia) di buttarsi anima e corpo nell’elettrico? Chi ha insistito nel non sterzare mai la traiettoria e nel non mettersi di traverso ai termini stringenti (stop al termico entro il 2035 e nessun anticipo alla revisione del piano prima del 2026) imposti dall’Europa? È un caso che la posizione dell’ad Tavares sembra per la prima volta in seria discussione? A queste domande dovrebbe rispondere l’11 l’ad. L’ultima spallata, comunque, è arrivata da Carlo Calenda, il leader di Azione, che ha chiamato le opposizioni a compattarsi nella richiesta a Elkann e allo stesso amministratore delegato portoghese di riferire in Aula. All’appello dell’ex ministro hanno risposto i segretari di partito, con Giuseppe Conte in primo piano, mentre non si è sentita la voce di Elly Schlein che ha preferito dare la parola al responsabile economico del partito. «Il Pd è pronto a fare la propria parte», evidenziava Antonio Misiani, «insieme alle altre forze d’opposizione». Un po’ pochino. Così come desta attenzione il fatto che nell’ordine del giorno della Camera di ieri fosse prevista la discussione di quattro mozioni distinte (che potrebbero riunirsi in un unico atto) per discutere dell’andamento produttivo di Stellantis in Italia e chiedere ai vertici della multinazionale di spiegare in Parlamento cosa sta succedendo e quali siano le intenzioni per il futuro. C’era la mozione di Azione, primo firmatario Matteo Richetti. Poi quella di Chiara Appendino per M5s e di Marco Grimaldi per Alleanza Verdi e Sinistra. Mentre la maggioranza si è unita dietro alla proposta di Gianluca Caramanna di Fratelli d’Italia (tra i firmatari anche Luca Squeri di Forza Italia e Alberto Gusmeroli della Lega). Ora è vero le mozioni si possono presentare fino all’ultimo secondo, ma è altrettanto vero che gli indizi di una certa riluttanza del Pd e della Schlein a manifestarsi chiaramente contro Stellantis e gli Elkann sono tanti. Solo poche settimane fa era lo stesso Carlo Calenda a evidenziare il paradosso di una sinistra capace di alzare le barricate solo quando si tratta di dare contro il governo e molto restia invece a prendersela con chi sta tagliando fabbriche e posti di lavoro in Italia. «Possiamo essere uniti per lo schifo che si sta facendo con Stellantis? Su questo noi faremo una battaglia, purtroppo, da soli, perché la sinistra non la fa. A Elly Schlein non le sentirete dire una parola perché ci sono Repubblica e La Stampa». L’ultima polemica si è scatenata sulla data dell’audizione dell’ad di Stellantis (il 18 è previsto uno sciopero dei sindacati contro la multinazionale) e sul fatto che le parti sociali non fossero state coinvolte. «Vista l’importanza del tema e le sue ricadute in termini occupazionali e di crescita industriale», ha tagliato la testa al toro il presidente della commissione Attività produttive della Camera Alberto Gusmeroli, «reputo opportuno che i rappresentanti dei lavoratori di Stellantis possano portare il loro contributo al dibattito; sarà pertanto mia cura proporre ai gruppi politici nell’ufficio di presidenza di mercoledì prossimo l’audizione delle parti sociali». Speriamo che l’audizione serva a qualcosa. Perché a parole occupazione e nuovo modelli in Italia Tavares li ha sempre garantiti. Il problema è che volente (testa spostata in Francia) o nolente (strategia fallimentare sull’elettrico) quelle promesse non le ha mai mantenute.
Jose Mourinho (Getty Images)