2025-05-04
Un asse Vaticano-La Mecca conviene all’Italia
Mohammad Bin Salman (Ansa)
Oltre alla convergenza con Ue e Usa, dobbiamo puntare alla creazione di un mercato del Mediterraneo dove Roma sia centrale. Ipotesi realizzabile solo con l’avvicinamento tra mondo cristiano e sunnita e un’apertura della Santa Sede agli Accordi di Abramo.Per la pace bisogna pensare con realismo innovativo per superare quello tradizionale basato sulla deterrenza militare e continuità dei conflitti. Per la politica estera italiana è necessario aggiungere, strutturandolo, un terzo fattore ai due che la caratterizzano, cioè convergenza con America e Ue. I lettori annotino queste due frasi perché tenterò di integrarle per una nuova strategia.Nell’Ue l’Italia resterà terza e distante, nonostante recenti miglioramenti di posizione, dal potere diarchico franco-tedesco anche se denso di divergenza bilaterali crescenti. Pertanto la convergenza con l’America è utile per bilanciare questo gap di moltiplicazione della forza nazionale. Ma da sempre l’America tratta in maniera imperiale piccole nazioni mentre tende a instaurare relazioni dal forte al forte, positive o aggressive, con nazioni grandi o dotate di centralità in una regione del globo. La politica estera italiana già da tempo, in particolare con il governo corrente, mostra l’intento e la capacità di proiezione globale per sostenere il modello economico trainato dall’export, non facilmente modificabile. Ma serve un fattore di potenza geopolitica più strutturato per ottenere un effetto di moltiplicazione economica e dell’influenza internazionale di Roma. Questo «Terzo fattore» alla portata di Roma, con collaborazioni, è certamente la creazione di un mercato del Mediterraneo - lo si chiami Ekumene - a integrazione crescente, con istituzioni autonome, ma aperto al mondo e dove Roma abbia centralità regionale. Ho chiesto al mio gruppo di ricerca (Stratematica) di tentare una simulazione di tale ipotesi. L’esito positivo avrebbe probabilità crescente se fosse abbattuto il più che millenario «Muro del Mediterraneo» che separa mondo cristiano e islamico. Tale risultato porta a esplorare la posizione della Roma vaticana perché sarebbe essenziale una sua apertura agli «Accordi di Abramo» e loro estensione siglati tra Emirati e Israele nel 2019, con il sostegno silenzioso dell’Arabia. Ricordo un Forum strategico ad Abu Dhabi con la presenza di tutti i rappresentanti del mondo islamico sunnita, più qualche americano e israeliano, dove a cena si discusse l’idea di un’area dove costruire una chiesa cristiana, una sinagoga ed una moschea, vicine. Annotai la convergenza di tutti - anche governanti - sull’idea emiratina con l’espressione «sarebbe ora». La Roma italiana ha predisposto solidi precursori per Ekumene. Il recente bilaterale con la Turchia ha mostrato un pragmatismo bilaterale che segnala una variazione della strategia neo-ottomana di Ankara: un po’ meno aggressiva e più aperta a collaborazioni economiche. Il Partenariato strategico tra Egitto e Italia è molto esteso. La relazione bilaterale con Tunisia e Algeria è abbastanza solida, ottimi i rapporti con il Marocco pur dovendo annotare il conflitto tra questo e l’Algeria stessa. Il Partenariato strategico tra Roma e l’India - che si sta estendendo a collaborazioni tecnologiche e forse alla partecipazione di New Delhi al programma anglo/italiano/nipponico del caccia di sesta generazione ipertecnologico Gcap - dà forza all’ipotesi di un mercato mediterraneo esteso in profondità fino al Pacifico via rete ferroviaria nella penisola arabica oltre che Suez, come disegnato dall’accordo preliminare multilaterale Imec (Via del cotone) che connetterebbe Pacifico, Mediterraneo e costa atlantica statunitense. La relazione positiva tra Roma, Arabia ed Emirati sta arricchendosi di decine di miliardi di investimenti. Il bilaterale strategico tra Roma e Tokyo (che ha anche un trattato economico con l’Ue) si sta rinforzando. La proiezione italiana in Africa - piano Mattei - è sempre più estesa. E l’America sta segnalando che non potrà abbandonare il Mediterraneo pur dovendo rischierare molta forza militare nel Pacifico per il contenimento dell’espansione cinese: pertanto è ipotizzabile che vedrebbe bene la pacificazione della zona e un maggiore contributo di polizia dell’area da parte italiana a cui darebbe un contributo sul piano di un ombrello di sicurezza. In sintesi, ci sono i precursori per un Ekumene che comprenda il Mediterraneo costiero, profondo e ulteriore verso l’Asia centrale con capitale una Roma molto aperta a collaborazioni. La simulazione fatta dai miei ricercatori prevede un enorme vantaggio economico per tutti i partecipanti a questo mercato. Per l’Italia sarebbe Pil crescente in misura tale da compensare il suo gap finanziario dovuto al costo dell’enorme debito e altre magagne.Sono prevedibili ostilità europee, in particolare dalla Francia, ma è probabile che la Germania converga su Ekumene per interesse esportativo, che è una priorità come per l’Italia, e ciò sarebbe utile per una posizione favorevole dell’Ue che permetterebbe alle euronazioni mediterranee una partecipazione ai due mercati. Ma l’azione più importante costitutiva di struttura sarebbe l’estensione degli Accordi di Abramo basati su una convergenza tra il Vaticano e La Mecca. Non oso dare dettagli derivati dagli scenari simulativi per non far sospettare tentativi di influenza del Conclave (mentre Parigi ed altri fanno pressioni pesanti), ma me la sento di dire ad ambedue le parti che avrebbero vantaggi enormi se così facessero. Non sono credente, ma riconosco la forza delle religioni. Non chiedo loro di agire come Instrumentum Regni, ma devo segnalare che una Pax Mediterranea condivisa richiede un’innovazione anche sul piano religioso, probabilmente il catalizzatore principale. Paura dell’islam? Molta per l’estremismo jihadista, in particolare per le mie ascendenze ebraiche, ma va considerato che la convergenza islamica-cristiana, e spero ebraica nel futuro, permetterebbe di controllare e ridurre l’estremismo stesso. www.carlopelanda.com
La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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Viktor Orbán durante la visita a Roma dove ha incontrato Giorgia Meloni (Ansa)