2022-05-11
Assassina con l’ombrello, a pagare è lo Stato
Nel 2007 la romena Doina Matei aveva ammazzato Vanessa, 23 anni, sulle scale della metropolitana di Roma. È nullatenente e non sarà quindi lei a rimborsare con 760.000 euro la famiglia della vittima. Li tireranno fuori i contribuenti. Come vuole l’Europa.Tu ammazzi, io pago. Saremo noi contribuenti italiani a versare alla famiglia della povera Vanessa Russo, uccisa barbaramente a soli 23 anni dalla immigrata romena senza permesso di soggiorno Doina Matei il 26 aprile 2007 a Roma, i 760.000 euro di risarcimento. La Matei, infatti, risulta nullatenente e senza fissa dimora, e con due figli a carico in Romania, e quindi è lo Stato a dover farsi carico del risarcimento che spetta ai familiari delle vittime: è quanto ha stabilito la Corte di appello di Roma, che ha accolto il verdetto della Corte di giustizia europea e bocciato il ricorso della presidenza del Consiglio dei ministri. Una sgrammaticatura legislativa che grida vendetta e suscita indignazione nelle persone perbene: «Siamo in presenza di una decisione non sorprendente», commenta all’Ansa l’avvocato Federico Vianelli, che in passato ha assistito la famiglia di Vanessa Russo, «perché in linea con l’orientamento della Corte di giustizia europea che in presenza di crimini particolarmente efferati stabilisce che il risarcimento da parte dei responsabili sia affidato, in casi specifici, allo Stato. In questa vicenda è già passato troppo tempo», aggiunge il penalista, «e niente restituirà alla famiglia Vanessa e risarcirà del dolore e delle lacrime versate».La vicenda della morte di Vanessa Russo scosse l’opinione pubblica italiana. La giovane, quella mattina maledetta, era in metropolitana, a Roma, per recarsi come ogni giorno al lavoro. Alla stazione Termini la frenata della metro la fece urtare contro la Matei, che si trovava nello stesso vagone. Nacque un alterco che proseguì nel tunnel, a un certo punto Doina Matei, all’epoca ventunenne, impugnò l’ombrello e conficcò la punta nell’occhio di Vanessa. Un colpo sferrato con tale violenza da sfondare la scatola cranica della vittima, che crollò a terra esanime, in una pozza di sangue. I soccorsi furono inutili, Vanessa perse la vita a causa della rottura di un’arteria cerebrale, dopo una straziante agonia. La sua assassina scappò insieme a un’amica minorenne che era con lei, ma le telecamere di sorveglianza avevano catturato le tragiche immagini del delitto. Le ricerche delle forze dell’ordine scattarono immediatamente, la Matei fu scovata in un casolare dove un amico le aveva offerto ospitalità. Fu condannata a 16 anni per omicidio preterintenzionale aggravato, nel 2019 è tornata in libertà, risparmiando quattro anni di galera per buona condotta. Nel 2016, quando era in regime di semilibertà, la Matei suscitò l’indignazione generale: aprì un profilo Facebook con un soprannome e pubblicò delle foto che la ritraevano sorridente in spiaggia. Il tribunale di Venezia sospese la semilibertà che poi le fu nuovamente concessa ma con il divieto di utilizzare i social network. «Non sapevo di non poter usare Facebook», disse la Matei ai giudici, «era l’unico modo per rimanere i contatti con i miei figli. Ho capito di aver sbagliato e di aver ferito i familiari di Vanessa Russo». Il papà di Vanessa, Giuseppe Russo, nel 2012 chiese il risarcimento dei danni: «Non è per una questione di soldi», disse Giuseppe al Messaggero, «lo devo a mia figlia, alla sua memoria. Per questo vorrei impostare una causa civile. Non so se contro lo Stato o il Comune, ma qualcuno deve pagare. Se non altro perché ci sono persone come Doina Matei che vengono fatte circolare liberamente nelle nostre città», aggiunse il babbo di Vanessa, «senza permesso di soggiorno, e riescono a uccidere i nostri figli senza alcun motivo». Nel 2014 il Tribunale di Perugia, città dove era residente l’imputata, condannò la donna a versare 260.000 euro al papà di Vanessa, 300.000 alla madre, 100.000 al fratello e alla sorella. Somme non riscuotibili, poiché Doina era nullatenente: così i genitori fecero ricorso al Tribunale di Roma, che nonostante l’opposizione della presidenza del Consiglio ha deciso che il risarcimento sarà a carico dello Stato, ovvero di tutti noi contribuenti, così come stabilito dalla Corte di giustizia europea.Siamo di fronte, come è evidente, a una vicenda paradossale, che vede gli italiani calpestati due volte: la prima per il dolore della tragica uccisione di Vanessa, la seconda per dover pagare pure il risarcimento danni alla famiglia. Viene da chiedersi se il ministro della Giustizia, Marta Cartabia, sempre pronta a mettersi in mostra per presunte riforme, abbia qualcosa da dire su questo argomento. Dovrebbe essere la Romania, il Paese di origine della assassina, a farsi carico del risarcimento, sacrosanto, che spetta alla famiglia Russo. Oppure l’Europa, i cui vertici sono sempre in prima linea a proclamare la necessità di accogliere gli immigrati, a pagare questi denari. Chi sa se il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sempre molto attento alle vicende che riguardano la magistratura, dedicherà un minuto del suo prezioso tempo a spronare il parlamento a risolvere questa terrificante aberrazione legislativa. Intanto, il popolo italiano esce mortificato anche da questa vicenda. Per l’ennesima volta, ingiustizia è fatta.
(Ansa)
L'ad di Cassa Depositi e Prestiti: «Intesa con Confindustria per far crescere le imprese italiane, anche le più piccole e anche all'estero». Presentato il roadshow per illustrare le opportunità di sostegno.
Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)