2023-03-26
Ormai è un vero e proprio assalto. Tunisi blocca 79 barche già in mare
Arrivati oltre 4.000 profughi in 24 ore. Segnalate decine di imbarcazioni dirette verso Lampedusa e le spiagge siciliane. Si parte anche con natanti fai da te. La Costa d’Avorio è la prima nazionalità degli ingressi in Italia.Inflazione oltre il 10%, il 15,6% sui generi alimentari. Non serve il blocco dei prezzi per il Ramadan. Debito pubblico al 100% del Pil. Rischio di default ma si litiga con il Fmi.Lo speciale contiene due articoli.Con i rubinetti del grande flusso migratorio ormai completamente aperti l’Italia sta facendo il pieno: a Lampedusa, ieri, il nuovo record, con 2.200 sbarcati in 24 ore. In 892 sono arrivati in porto ieri con 23 imbarcazioni, compreso un barchino di sette metri comprato dai 25 che si sono avventurati in un viaggio fai da te con solo una bussola e un telefono cellulare a fargli da navigatore, mentre venerdì con altri 43 natanti hanno messo piede in Italia altre 1.778 persone. E l’hotspot è di nuovo al collasso con 2.488 «ospiti». Ben 44 barchini approdati ieri sono partiti da Sfax, due da Kerkenna e due rispettivamente da Madhia e Soussa. Tutti porti tunisini. E se la Guardia costiera tunisina non fosse riuscita a fermare le altre 79 barche partite, sarebbero arrivati in Italia altri 3.000 migranti. Ma oltre agli sbarchi autonomi ci sono quelli coordinati. La Geo Barents (la nave di Medici senza frontiere) è attesa a Bari questa sera con a bordo 190 persone. Tutti uomini e tutti provenienti dal Bangladesh. Dalla nave militare Diciotti, invece, ne sono già sbarcati 320 ad Augusta. Ne sono attesi altri 400 a Pozzallo nella giornata di oggi. La Diciotti aveva caricato a bordo 727 passeggeri che si trovavano in difficoltà al largo della costa italiana. La Life support di Emergency, invece, ne sta trasportando altri 161, recuperati in acque internazionali della zona Sar maltese mentre navigavano su un gommone di circa 12 metri che imbarcava acqua (il governo ha già assegnato alla nave il porto di Ortona per lo sbarco). E ha fatto sapere che ci sono altri barchini in difficoltà nell’area tra la Tunisia e Lampedusa. Il tutto mentre Alarm phone lancia quasi un Sos a ora: «Negli ultimi due giorni», scrive l’Ong su Twitter, «siamo stati informati di oltre 20 barche in fuga dalla Tunisia. Stiamo cercando di capire quali siano arrivate, quali siano state intercettate e quali invece sono finite capovolte». Nelle ultime ore infatti si sono verificati diversi incidenti in mare, perché - ovviamente - a più partenze corrisponde sempre un aumento delle tragedie. Due barchini con passeggeri subsahariani sono naufragati in area Sar maltese. Sono almeno sette i cadaveri già recuperati da Guardia costiera e Guardia di finanza, costrette a sconfinare per prestare soccorso. In circa una decina sono saliti a bordo delle motovedette. Altri erano un peschereccio tunisino che è stato scortato fino a Lampedusa. Uno degli interventi segnalati da Alarm phone ha creato uno scontro tra la Guardia costiera libica, che era intervenuta in modo autonomo nella sua zona Sar, e la Ocean Viking. Dalla motovedetta libica, all’arrivo della nave della Ong, sono stati sparati in aria sei colpi d’avvertimento. La Ong ora si lagna: «Siamo stati minacciati dai guardacoste libici finanziati dall’Unione europea».Segnalate anche presenze già a terra. Quattro gruppi di migranti sono riusciti ad arrivare a Lampedusa e sono stati bloccati mentre cercavano di far perdere le loro tracce. La Guardia di finanza ne ha rintracciati undici, tutti tunisini, lungo la strada di Ponente, nelle vicinanze di un camping. Altre 41 persone della Costa d’Avorio (ormai la prima nazionalità degli ingressi in Italia), della Guinea e della Liberia. I carabinieri, invece, all’Isola dei Conigli ne hanno fermati altri 43. E non è stata presa d’assalto solo la Sicilia. «La situazione nell’hotspot di Lampedusa è di nuovo fuori controllo. Confidiamo, per poter davvero invertire la rotta, nella nuova architettura normativa prevista dal decreto Cutro promosso dal governo e dal ministro Matteo Piantedosi, che indubbiamente segnerebbe un sostanziale cambio di passo nella gestione dei flussi irregolari e della prima accoglienza», ha commentato il segretario generale del sindacato di polizia Coisp, Domenico Pianese. Le statistiche intanto salgono vertiginosamente: sono 20.379 gli sbarcati in totale nei primi tre mesi del 2023 (6.000 solo tra l’8 e il 12 marzo). L’anno scorso si erano fermati a 6.518. La prima nazionalità è diventata di colpo la Costa d’Avorio, con 3.347 sbarcati, seguita da Guinea (2.957) e Pakistan (1.986). I tunisini sono già 1.587. Nonostante il boom di nuovi ingressi, però, la strategia di alleggerimento messa in campo dal governo sembra funzionare: i centri d’accoglienza siciliani, infatti, sono ancora in zona gialla, con 9.889 ospiti. Mentre la maggior parte degli sbarcati è finita tra Lombardia (zona rossa con 12.745 ospiti, ovvero l’11 per cento del totale degli sbarcati) ed Emilia Romagna (zona rossa con 10.800 e il 10 per cento degli sbarcati). «Si percepisce il fattore attrattivo di una opinione pubblica che ha una ampia fetta di persone che mostra apertura verso l’accoglienza», ha affermato il ministro dell’Interno Piantedosi. «I numeri di quest’anno sono inaccettabili, anche perché non siamo in grado di dare assistenza a questa gente», ha detto il leader della Lega e vicepremier Matteo Salvini: «Con tanti italiani in difficoltà non possiamo essere lasciati da soli». E ha tirato ancora una volta le orecchie all’Europa: «Vediamo se finalmente, dopo anni di chiacchiere, passa dalle parole ai fatti perché le frontiere italiane sono frontiere europee. Quindi non possiamo essere lasciati da soli ad accogliere decine o centinaia di migliaia di persone e occorre intervenire sull’altra sponda del Mediterraneo, in Africa». Mentre il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani concentra tutto sui trafficanti di esseri umani: «Promettono obiettivi irraggiungibili e sfruttano la disperazione di queste persone, dobbiamo fermarli».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/assalto-tunisi-blocca-79-barche-2659655426.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="tunisia-bomba-pronta-a-esplodere" data-post-id="2659655426" data-published-at="1679802015" data-use-pagination="False"> Tunisia, bomba pronta a esplodere L’ennesima tragedia nel Mediterraneo - i 34 migranti provenienti da Paesi dell’Africa sub-sahariana dispersi a seguito dell’ennesimo naufragio avvenuto lo scorso 24 marzo al largo della costa tunisina - mostra che, nonostante le ricorrenti sciagure, i trafficanti di esseri umani continuano a riempire i loro barconi diretti verso l’Italia. Andando avanti di questo passo l’estate che sta per arrivare rischia di passare alla storia per il numero di disperati che tenteranno di arrivare sulle coste italiane. Lo stesso potrebbe valere per il numero dei morti. Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni non ha nascosto i suoi timori durante l’ultimo Consiglio europeo: «Ho posto il tema della Tunisia, anche in Consiglio europeo, nel senso che forse non sono tutti consapevoli dei rischi che si stanno correndo rispetto alla Tunisia e della necessità di sostenere una stabilità in una nazione che ha forti problemi finanziari e che se non dovessimo affrontare quei problemi rischia di scatenare un’ondata migratoria oggettivamente senza precedenti. Se crolla la Tunisia c’è il rischio che arrivino 900.000 rifugiati, in estate la situazione potrebbe essere fuori controllo». Secondo le cifre del Viminale dall’inizio dell’anno sono arrivati in Italia 20.379 migranti, una cifra più che triplicata rispetto a un anno fa. Di questi, quelli di nazionalità tunisina sono 1.587 ma non è certo un mistero che da quella parte del Nord Africa partono persone di più nazionalità. Ma cosa sta succedendo in Tunisia? La situazione economica della Tunisia continua a peggiorare, tanto che a febbraio l’inflazione ha toccato il 10,4%, ma se si prendono in considerazione i consumi alimentari il dato arriva al 15,6%. Il governo tunisino ha annunciato uno stop ai prezzi su alcuni generi di prima necessità per tutto il mese del Ramadan (cominciato l’altro ieri), un periodo nel quale i consumi delle famiglie aumentano. Il tasso di disoccupazione è al 15,3% mentre il debito pubblico ha toccato i 34 miliardi di euro (quasi il 100% del Pil), una circostanza che secondo alcuni analisti espone la Tunisia al default che potrebbe arrivare nei prossimi sei/nove mesi al massimo, con tutto ciò che potrebbe scatenare in un Paese dove secondo un recente sondaggio il 65% dei tunisini (7,5 milioni di persone) ha dichiarato di voler emigrare. Per evitare il disastro che si rifletterebbe anche sulle coste italiane, da mesi la Tunisia sta trattando con il Fondo monetario internazionale (Fmi) un prestito pari a 1,9 miliardi di dollari, ma la trattativa non decolla perché Tunisi ha pochissime garanzie da offrire; inoltre l’Fmi oltre alle garanzie pretende che non vengano più erogati i sussidi per i carburanti e i generi alimentari, cosa che creerebbe enormi problemi alle famiglie e su questo argomento governo e opposizione hanno fatto fronte comune nel rifiutare le condizioni dettate dal Fmi. Il presidente Kaïs Saïed non perde occasione per ribadire: «La Tunisia ha pagato un prezzo alto per ottenere la sua indipendenza. Non abbiamo lezioni da imparare e rifiutiamo qualsiasi interferenza nei nostri affari. La sovranità del Paese sarà difesa e tutelata». Ma a peggiorare la situazione ci sono le sue mosse. Saïed governa con il pugno di ferro facendo arrestare critici e oppositori, come visto lo scorso 13 febbraio quando è stato trattenuto Noureddine Bouatar, direttore della principale radio indipendente tunisina, mentre nel gennaio scorso 37 sindacalisti sono finiti in carcere.