2023-06-28
«Aspi sapeva del rischio crollo del ponte»
Giovanni Castellucci (Imagoeconomica)
Un documento di Autostrade del 2013 ipotizzava l’«evento catastrofale» del Polcevera per «ritardati interventi di manutenzione». Un testimone: Giovanni Castellucci non voleva negli atti troppi dettagli sui pericoli della struttura perché potevano spaventare chi li leggeva.Il «Catalogo rischi», un documento interno di Autostrade per l’Italia citava esplicitamente il rischio di crollo del viadotto Polcevera. Un documento, ricostruiscono gli investigatori negli atti del processo incorso a Genova, all’interno del quale, a partire dal 2010 venivano catalogati i rischi di Autostrade per l’Italia suddivisi per categorie. All’interno dei cataloghi precedenti, fino ad allora, confluivano tutti i rischi possibili correlati all’attività d’impresa esercitata e suddivisi per classe di appartenenza. A dicembre 2013 viene deciso di inserire «su input dell’allora amministratore delegato Giovanni Castellucci i rischi a “rilevante impatto” o detti anche “catastrofali”, nel Catalogo rischi 2013 e che avrebbero potuto coinvolgere le società del Gruppo». La criticità del ponte, annotano ancora gli investigatori, «si concretizza nella seguente dicitura: “Crollo del viadotto di Polcevera per ritardati interventi di manutenzione”». Aggiungendo poi che il viadotto crollato il 14 agosto 2018, causando 43 morti è «l’unica opera nominata nell’intero catalogo». Concludendo poi che «si può pertanto parlare di un rischio specifico, che individua compiutamente una singola infrastruttura sull’intera rete Autostradale, prevedendo già nel 2013 un evento catastrofale che tragicamente si è verificato, cosi come previsto, cinque anni dopo». Il processo che ha portato all’inserimento del Polcevera all’interno del «Catalogo rischi» di Aspi è stato descritto agli investigatori dall’allora responsabile Risk Officer della società, Roberto Salvi. A verbale il manager (che ha deposto durante l’udienza del 29 maggio scorso insieme al collega Alessandro Loconsole) aveva dichiarato: «In seguito alla tragedia di Avellino del luglio 2013 che vide precipitare un bus dal viadotto autostradale Acqualonga con la conseguente morte di 40 persone, Castellucci […] mi ha contattato chiedendomi di predisporre tutta la documentazione in vista di una riunione […] circa l’avvio di un progetto per identificare i rischi a rilevante impatto o detti anche catastrofali che avrebbero potuto coinvolgere la società Autostrade per l’Italia». Salvi ha poi detto: «A vostra specifica domanda, vi rispondo che il rischio venne denominato “crollo per ritardati interventi di manutenzione” in quanto nella nota che mi consegnò Di Taddeo (Fulvio, all’epoca responsabile Manutenzione opere strutturali di Aspi, ndr) erano indicati come presidi interventi di manutenzione periodica e monitoraggio strumentale, quindi l’ipotesi catastrofica che identificai con Di Taddeo poteva verificarsi ritardando gli interventi di manutenzione che mi illustrò». Nel successivo aggiornamento del catalogo, quello del 2014, il rischio per il Polcevera mantiene la stessa denominazione. Nel Catalogo rischi del 2015 la dicitura però cambia in «Crollo del viadotto Polcevera» senza più il riferimento ai «ritardati interventi di manutenzione». Nelle versioni del documento per il 2016 e il 2017 la dicitura si trasforma in «Perdita di funzionalità statica del viadotto Polcevera». Quest’ultima dicitura viene inserita per espresso volere del capo della direzione Maintenance e investimenti esercizio Michele Donferri Mitelli. La registrazione di una delle 36 riunioni interne alla società agli atti dell’inchiesta, quella dell’1 agosto 2017, racconta meglio di ogni altra il modus operandi di Donferri. Il tema è il viadotto Giustina, situato lungo la A14 in provincia di Chieti, sul quale ci sarebbe un problema, dato che non è ancora stato nominato il direttore dei lavori. A un certo punto il manager fa una serie di paragoni e riferimenti che gli investigatori collegano al crollo del ponte 167, su cui erano in corso lavori di manutenzione, sempre sulla A14 il 9 marzo 2017, che ha causato la morte di due persone. «perché questo tema è più delicato del cavalcavia che è caduto, perché il cavalcavia che è caduto… come vedi… ti devi soltanto pulire la coscienza in ragione a due morti che se riesci a giustificare che è colpa dell’impresa forse ti salvi ma neanche finisco di parlare… dicono che è colpa del progetto», spara Donferri. Un’affermazione che gli investigatori della Guardia di finanza definiscono «aberrante». Nel corso degli anni, insieme alla dicitura cambia anche la data prevista per la fine dei lavori di manutenzione degli stralli, il cui cedimento causerà poi il crollo del viadotto. Nella «prima bozza» del Catalogo rischi del 2013 la fine lavori era prevista per il 2017. Ma già nella versione definitiva la scadenza slitta di un anno: 2018. Data che rimane invariata fino al 2016, quando viene ulteriormente posticipata, al 2019. Infine, nel catalogo rischi 2017, si legge: «Relativamente agli stralli non ancora ripristinati (pile 9 e 10) e alle restanti pile dell’opera, sono previsti sia interventi conservativi sia un intervento strutturale. A tal riguardo, il completamento di tale intervento è previsto entro il 2020». In aula Salvi ha spiegato che «con Castellucci non era possibile interloquire» aggiungendo poi che «in una riunione del 2015 (quando di fatto viene tolta la specifica dal catalogo “per ritardati interventi di manutenzione”) ci fu una riunione e non fu gradita una nuova metodologia di valutazione che avrebbe dettagliato i motivi di rischio Castellucci fu molto duro perché per lui venivano fuori troppi rischi che potevano spaventare chi li avesse letti. La mia proposta fu accolta ma solo alla fine e con tutta una serie di modifiche».
Alessandra Maiorino durante l' intervento in Aula del 22 ottobre (Ansa)
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