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2018-11-22
Arriva la stangata a parole. Ma prima che l’Ue si muova passeranno anche sei mesi
ANSA
Per chi ha una qualche familiarità con lo scontro in atto da un paio di mesi tra il governo italiano e la Commissione europea, la bocciatura della nostra bozza di bilancio da parte di Bruxelles è, per usare un termine in voga nel gergo calcistico, una mossa «telefonata». Difficile trovare un analista che, fino alla vigilia della pronuncia da parte dei burocrati europei sul testo inviato da Roma, avrebbe scommesso su un esito diverso da quello comunicato ieri dal vicepresidente della Commissione, il lettone Valdis Dombrovskis, e dal commissario per gli Affari economici e monetari, il francese Pierre Moscovici. A dimostrazione del fatto che l'annuncio di ieri non ha stupito proprio nessuno, è opportuno sottolineare che gli stessi «mercati» che nell'immaginario comune rappresentano il boia delle velleità italiche, in realtà hanno reagito come se niente fosse alla minaccia della procedura d'infrazione nei confronti del nostro Paese. Lo spread, dopo il sussulto di metà mattinata a 337 punti base, ha chiuso la seduta a 311, addirittura inferiore rispetto a martedì sera. Bene anche i rendimenti dei Btp decennali (in calo a 3,49 contro i 3,62 della seduta precedente), e Piazza Affari, che chiude in rialzo a +1,41%.
Ma su cosa si basa la bocciatura della Commissione? Quello pubblicato ieri è il parere definitivo da parte di Bruxelles in merito alla seconda versione del Documento programmatico di bilancio, inviato dal Mef il 13 novembre in seguito alla bocciatura della prima stesura. Permangono, si legge nel report, i dubbi già esposti nelle scorse settimane. «Il 23 maggio 2018 la Commissione ha pubblicato una relazione», come previsto dall'articolo 126 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (Tfue), nella quale Bruxelles contesta all'Italia di non aver compiuto nel 2017 «progressi sufficienti verso il rispetto del criterio del debito». La relazione ha concluso che il criterio del debito «dovesse essere considerato rispettato in quel momento, visto in particolare il rispetto da parte dell'Italia del braccio preventivo». Tuttavia, rileva la Commissione, i piani di bilancio dell'Italia per il 2019 rappresentano «un cambiamento sostanziale dei fattori significativi analizzati dalla Commissione nel maggio scorso», in particolare per quanto riguarda il deterioramento dei saldi strutturali «dell'ordine dello 0,9 % del Pil, mentre il Consiglio aveva raccomandato all'Italia di migliorare il saldo strutturale di almeno lo 0,6 % del Pil». Il rilievo mosso da Bruxelles, però, riguarda il livello del debito pubblico. Nell'ambito del braccio correttivo del Patto di stabilità e crescita, infatti, la procedura per disavanzo eccessivo può essere avviata se il rapporto deficit/Pil supera 3%, oppure il rapporto debito/Pil va oltre al 60%. È questo secondo caso che riguarda l'Italia. «Stando sia ai piani del governo che alle previsioni d'autunno 2018 della Commissione», si legge nel report, «l'Italia non rispetterà il parametro per la riduzione del debito né nel 2018 né nel 2019». L'avvio di una procedura per i disavanzo eccessivi basata sul debito è dunque «giustificata».
«La situazione preoccupa tutti gli Stati della zona euro perché tutti i Paesi della zona euro fanno parte della stessa squadra», ha affermato Dombrovskis durante la conferenza stampa di ieri. «Nella prospettiva di un debito elevato, l'Italia non sta avendo una prudenza fiscale e l'impatto sulla crescita sarà negativo e l'incertezza dell'aumento dei tassi si stanno facendo sentire. Le banche», ha aggiunto minaccioso il vicepresidente della Commissione, «non potranno prestare a prezzi abbordabili e l'Italia potrebbe precipitare nell'instabilità».
L'apocalisse, insomma. Per tornare con i piedi per terra, è bene innanzitutto ricordare che, se escludiamo Estonia e Svezia, tutti i Paesi europei hanno subito una procedura per disavanzo eccessivo. Ebbene sì, anche la virtuosa Germania per ben due volte (nel 2002-2007 e nel2009-2012) è caduta nella trappola della Commissione. Stando agli ultimi dati Eurostat, inoltre, la metà dei Paesi dell'Unione europea ha fatto registrare nel 2017 un rapporto debito/Pil superiore al 60% previsto dal Patto. Non solo: nell'ultimo report della Commissione europea dedicato al tema, oltre all'Italia anche Portogallo, Francia, Belgio e Spagna presentano un livello di debito pubblico considerato «ad alto rischio».
Occorre inoltre è da tener presente che né il report pubblicato ieri, né tanto meno la conferenza stampa tenuta da Moscovici e Dombrovskis comportano alcun automatismo nell'applicazione di eventuali sanzioni all'Italia: «La nostra porta resta aperta al dialogo con l'Italia», sottolinea il francese. . L'articolo 126 prevede infatti che alla relazione della Commissione segua un parere del Comitato economico e finanziario, del quale viene poi informato il Consiglio Ecofin, l'organo che riunisce i ministri dell'economia e delle finanze dell'Unione. Difficile che tutto sia pronto già per la prima sessione utile (4 dicembre), mentre è verosimile che la decisione venga presa nella riunione successiva, in agenda per il 22 gennaio. Di norma, nella sua deliberazione, il Consiglio stabilisce un termine temporale preciso entro il quale il Paese «ribelle» è chiamato ad allinearsi. Fino a quando lo Stato membro non si rimette in riga, la normativa attribuisce al Consiglio il potere, tra le altre cose, di «invitare la Banca europea per gli investimenti a riconsiderare la sua politica di prestiti verso lo Stato in questione», oltre che imporre il versamento di un «deposito infruttifero di importo adeguato presso l'unione, fino a quando, a parere del Consiglio, il disavanzo eccessivo non sia stato corretto». Con multe che possono oscillare dallo 0,2% (3,5 miliardi di euro) allo 0,5% del Pil (8,5 miliardi).
Aumenta del 3% la quota di debito in mano nostra
Piazza Affari non si è spaventata per la bocciatura della manovra italiana da parte dell'Unione europea, passo ampiamente atteso. Anzi, i titoli di Stato italiani hanno recuperato bene sui mercati telematici. Molto bassa invece la richiesta dei risparmiatori per il Btp Italia, che si è fermata a 863 milioni, la peggiore performance per questo tipo di titolo, con le prossime ore che diranno se i grandi clienti istituzionali hanno approcciato il prodotto con più interesse.
Comunque, in un contesto di Borse mondiali in recupero grazie soprattutto al rimbalzo dei titoli hi-tech, il dato cruciale dai mercati è uno: il Btp italiano a 10 anni ha ridotto il suo rendimento di quasi 15 punti base al comunque sempre elevato tasso del 3,46%, permettendo allo spread con il Bund tedesco di chiudere la giornata di ieri in calo a quota 309 da 326 della vigilia. In lieve recupero anche i bond spagnoli e portoghesi, a testimonianza dell'allentamento della tensione sui prodotti dei Paesi maggiormente sotto l'attacco della speculazione.
La spiegazione è semplice: gli operatori hanno registrato la scelta dell'Ue di muoversi secondo le procedure ordinarie che sono lunghe e soprattutto senza armi normative nel caso un Paese decidesse di non ottemperare a multe o divieti. Quindi il cosiddetto «sentiment» in questo momento è che il dialogo sia avviato e solo una drastica revisione del prodotto interno lordo italiano del quarto trimestre potrebbe cambiare lo scenario.
Tutto il resto fa parte delle congetture. A partire dall'eccessivo allarme legato al flop per il Btp Italia. La clientela retail si sta chiaramente riposizionando su rendimenti molto più interessanti rispetto all'1,45% legato all'indicizzazione. L'appetibilità dei Btp e in generale dei titoli di Stato italiani va valutata però nel suo complesso. Se facciamo uan fotografia al primo gennaio 2018 e al primo settembre 2019 la quota di debito in mano agli italiani è salita del 3%, dal 67 al 70%. Quasi 56 miliardi di euro che sono stati venduti dai fondi esteri per passare nelle mani di Bankitalia (è cresciuta dell'uno percento, dal 16 al 17%) delle banche tricolore e della clientela retail. Anche quest'ultima ha visto nei primi 8 mesi dell'anno salire di circa un uno per cento. In tutto questo periodo le banche estere non hanno vendute. Sono rimaste ferme, al di là del trading effettuato ad agosto e poi proseguito anche a settembre. Mese che nel complesso ha visto l'esposizione estera tornare a salire di circa 4 miliardi di euro. Nel complesso gli istituti di credito stranieri continuano a detenere il 6% del nostro debito. Il trend non dovrebbe riservare novità per ottobre e novembre ma non esistono dati statistici. Tre gestori contattai dalla Verità confermano le vendite da parte dei cittadini italiani, ma al tempo stesso spiegano che molti riacquistano Btp, con scadenze diverse e rendimenti più alti. A dimostrazione che le scelte del portafoglio si fanno con la calcolatrice e che la polemiche dell'oro alla patria non sta in piedi. Da tre giorni i quotidiani leggono il flop del Btp Italia come una bocciatura del governo. Una analisi riduttiva che si ferma alla singola emissione. Un po' come prendere per buona una seduta di Borsa come quella di ieri.
Quando Piazza Affari ha seguito le altre Borse europee, con un aumento finale dell'1,4% appena dietro a Francoforte, in linea con Londra e facendo un po' meglio di Parigi e Madrid. Per capire se si inverte il trend di Borsa ci vuole molto di più.
I gialloblù ribattono, lo spread cala: «Manca la lettera di Babbo Natale»
Piazza Affari resta in positivo con un progresso superiore all'1,41% mentre lo spread scende e si ferma a quota 311. Nessuno schianto nonostante la bocciatura di Bruxelles alla manovra di bilancio per «non rispetto particolarmente grave» delle regole di riduzione del debito. Storica bocciatura per l'Italia anche se ai precedenti governi di sinistra l'Ue aveva concesso nei fatti una grande flessibilità (si parla di miliardi), grazie a quell'«operazione sui migranti», ricordata pochi giorni fa dall'ex ministra Valeria Fedeli.
Dopo il vertice a Palazzo Chigi con i vicepremier Di Maio e Salvini, è stato il presidente del consiglio Giuseppe Conte a spiegare la strategia: «Il governo intende fornire una dettagliata spiegazione degli obiettivi e dei parametri contenuti nella legge di bilancio ma senza comunque apportarvi modifica alcuna. L'impianto della manovra è solido e spiegherò tutto a Jean-Claude Junker sabato sera a cena. Al di là dei numerini, gli farò capire il senso di questa manovra». Nessun cambiamento per il vicepremier, Luigi Di Maio: «Sia noi che l'Europa vogliamo la stessa cosa: ridurre il debito. E l'Ue si convincerà che, per raggiungere l'obiettivo, abbiamo scelto l'unica strada che funziona: aiutare le famiglie e le imprese, creare nuove opportunità di lavoro per i giovani».
La bocciatura, secondo il ministro per il Sud Barbara Lezzi, è perché il governo M5s-Lega «sconta la cattiva reputazione ereditata dai governi precedenti». Ora occorrerà dialogo e fermezza per il leader della Lega Matteo Salvini: «Ho sempre detto che, fatti salvi i principi guida su pensioni, reddito, lavoro, partite Iva, se si vuole mettere in manovra di più sugli investimenti io sono disponibile a ragionare con tutti. Però, ci facciano lavorare, noi andiamo avanti». E sorridendo ha concluso sulla lettera di messa in mora: «Io veramente aspettavo anche quella di Babbo Natale».
Di «rammarico» ha parlato invece il ministro delle Finanze, Giovanni Tria, per il fatto che la Commissione «non ha ritenuto di condividere le ragioni del bilancio programmatico italiano» anche perché «la drammatizzazione del dissenso tra Italia e Commissione europea danneggia l'economia italiana e di conseguenza quella europea». Il titolare del Mef resta però «convinto» che la manovra «assicuri il totale controllo dei conti pubblici nei limiti della moderata politica espansiva resa necessaria dal rallentamento dell'economia europea ed italiana».
Abbastana a a sorpresa, in serata, è arrivata la bocciatura anche di Confindutria, per bocca de presidente Vincenzo Boccia: «La procedura d'infrazione della è l'ultimo errore commesso dalla fallimentare commissione Juncker. Questa manovra è sbagliata ma il Parlamento è ancora in tempo per migliorarla. Io sono sempre dalla parte degli italiani per un'Europa più forte».
Per Giorgia Meloni, Fdi, «la procedura d'infrazione è un altro atto ostile verso l'Italia da parte di una Commissione europea sempre pronta ad utilizzare due pesi e due misure: molto rigida con l'Italia, meno rigida con altre nazioni come la Francia e la Germania» .
«L'Italia è isolata, sono preoccupato» ha detto il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani. «Il governo italiano è ancora in tempo per cambiare la manovra, per evitare danni ai cittadini italiani. Se non lo farà sarà indispensabile cambiare governo e dar vita a una nuova maggioranza».
«Lancio un appello a Conte, Tria, Salvini e Di Maio: vi prego, fermatevi. State giocando sulla pelle del Paese», ha detto Matteo Renzi, in diretta su Fb accusando il governo di irresponsabilità.
Per l'ex segretario Pd, Pierluigi Bersani è in arrivo un altro Monti, non tecnico ma politico perché non si può andare avanti in questo modo.
Anche il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi è intervenuto sulla bocciature: «A preoccupare di più non è il giudizio dell'Ue ma quello degli investitori e dei risparmiatori, che si sono già pronunciati in modo severo sulla politica economica del governo gialloverde, e che trarranno dalla bocciatura ulteriori motivi di diffidenza verso l'Italia».
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Riduci
La Commissione, come previsto, ci boccia. Nel mirino il deficit «esagerato per il vostro debito». Pierre Moscovici stesso ammette che «la procedura d'infrazione non è automatica».Anche se l'asta del Btp Italia non è un successo, la fetta di titoli acquistati dalla clientela retail è aumentata. Banche estere fedeli.Giovanni Tria: «Errore drammatizzare». Confindustria: «Procedura sbagliata». Borsa +1,4%.Lo speciale contiene tre articoli.Per chi ha una qualche familiarità con lo scontro in atto da un paio di mesi tra il governo italiano e la Commissione europea, la bocciatura della nostra bozza di bilancio da parte di Bruxelles è, per usare un termine in voga nel gergo calcistico, una mossa «telefonata». Difficile trovare un analista che, fino alla vigilia della pronuncia da parte dei burocrati europei sul testo inviato da Roma, avrebbe scommesso su un esito diverso da quello comunicato ieri dal vicepresidente della Commissione, il lettone Valdis Dombrovskis, e dal commissario per gli Affari economici e monetari, il francese Pierre Moscovici. A dimostrazione del fatto che l'annuncio di ieri non ha stupito proprio nessuno, è opportuno sottolineare che gli stessi «mercati» che nell'immaginario comune rappresentano il boia delle velleità italiche, in realtà hanno reagito come se niente fosse alla minaccia della procedura d'infrazione nei confronti del nostro Paese. Lo spread, dopo il sussulto di metà mattinata a 337 punti base, ha chiuso la seduta a 311, addirittura inferiore rispetto a martedì sera. Bene anche i rendimenti dei Btp decennali (in calo a 3,49 contro i 3,62 della seduta precedente), e Piazza Affari, che chiude in rialzo a +1,41%.Ma su cosa si basa la bocciatura della Commissione? Quello pubblicato ieri è il parere definitivo da parte di Bruxelles in merito alla seconda versione del Documento programmatico di bilancio, inviato dal Mef il 13 novembre in seguito alla bocciatura della prima stesura. Permangono, si legge nel report, i dubbi già esposti nelle scorse settimane. «Il 23 maggio 2018 la Commissione ha pubblicato una relazione», come previsto dall'articolo 126 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (Tfue), nella quale Bruxelles contesta all'Italia di non aver compiuto nel 2017 «progressi sufficienti verso il rispetto del criterio del debito». La relazione ha concluso che il criterio del debito «dovesse essere considerato rispettato in quel momento, visto in particolare il rispetto da parte dell'Italia del braccio preventivo». Tuttavia, rileva la Commissione, i piani di bilancio dell'Italia per il 2019 rappresentano «un cambiamento sostanziale dei fattori significativi analizzati dalla Commissione nel maggio scorso», in particolare per quanto riguarda il deterioramento dei saldi strutturali «dell'ordine dello 0,9 % del Pil, mentre il Consiglio aveva raccomandato all'Italia di migliorare il saldo strutturale di almeno lo 0,6 % del Pil». Il rilievo mosso da Bruxelles, però, riguarda il livello del debito pubblico. Nell'ambito del braccio correttivo del Patto di stabilità e crescita, infatti, la procedura per disavanzo eccessivo può essere avviata se il rapporto deficit/Pil supera 3%, oppure il rapporto debito/Pil va oltre al 60%. È questo secondo caso che riguarda l'Italia. «Stando sia ai piani del governo che alle previsioni d'autunno 2018 della Commissione», si legge nel report, «l'Italia non rispetterà il parametro per la riduzione del debito né nel 2018 né nel 2019». L'avvio di una procedura per i disavanzo eccessivi basata sul debito è dunque «giustificata».«La situazione preoccupa tutti gli Stati della zona euro perché tutti i Paesi della zona euro fanno parte della stessa squadra», ha affermato Dombrovskis durante la conferenza stampa di ieri. «Nella prospettiva di un debito elevato, l'Italia non sta avendo una prudenza fiscale e l'impatto sulla crescita sarà negativo e l'incertezza dell'aumento dei tassi si stanno facendo sentire. Le banche», ha aggiunto minaccioso il vicepresidente della Commissione, «non potranno prestare a prezzi abbordabili e l'Italia potrebbe precipitare nell'instabilità».L'apocalisse, insomma. Per tornare con i piedi per terra, è bene innanzitutto ricordare che, se escludiamo Estonia e Svezia, tutti i Paesi europei hanno subito una procedura per disavanzo eccessivo. Ebbene sì, anche la virtuosa Germania per ben due volte (nel 2002-2007 e nel2009-2012) è caduta nella trappola della Commissione. Stando agli ultimi dati Eurostat, inoltre, la metà dei Paesi dell'Unione europea ha fatto registrare nel 2017 un rapporto debito/Pil superiore al 60% previsto dal Patto. Non solo: nell'ultimo report della Commissione europea dedicato al tema, oltre all'Italia anche Portogallo, Francia, Belgio e Spagna presentano un livello di debito pubblico considerato «ad alto rischio».Occorre inoltre è da tener presente che né il report pubblicato ieri, né tanto meno la conferenza stampa tenuta da Moscovici e Dombrovskis comportano alcun automatismo nell'applicazione di eventuali sanzioni all'Italia: «La nostra porta resta aperta al dialogo con l'Italia», sottolinea il francese. . L'articolo 126 prevede infatti che alla relazione della Commissione segua un parere del Comitato economico e finanziario, del quale viene poi informato il Consiglio Ecofin, l'organo che riunisce i ministri dell'economia e delle finanze dell'Unione. Difficile che tutto sia pronto già per la prima sessione utile (4 dicembre), mentre è verosimile che la decisione venga presa nella riunione successiva, in agenda per il 22 gennaio. Di norma, nella sua deliberazione, il Consiglio stabilisce un termine temporale preciso entro il quale il Paese «ribelle» è chiamato ad allinearsi. Fino a quando lo Stato membro non si rimette in riga, la normativa attribuisce al Consiglio il potere, tra le altre cose, di «invitare la Banca europea per gli investimenti a riconsiderare la sua politica di prestiti verso lo Stato in questione», oltre che imporre il versamento di un «deposito infruttifero di importo adeguato presso l'unione, fino a quando, a parere del Consiglio, il disavanzo eccessivo non sia stato corretto». Con multe che possono oscillare dallo 0,2% (3,5 miliardi di euro) allo 0,5% del Pil (8,5 miliardi).<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/arriva-la-stangata-a-parole-ma-prima-che-lue-si-muova-passeranno-anche-sei-mesi-2621117235.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="aumenta-del-3-la-quota-di-debito-in-mano-nostra" data-post-id="2621117235" data-published-at="1765478563" data-use-pagination="False"> Aumenta del 3% la quota di debito in mano nostra Piazza Affari non si è spaventata per la bocciatura della manovra italiana da parte dell'Unione europea, passo ampiamente atteso. Anzi, i titoli di Stato italiani hanno recuperato bene sui mercati telematici. Molto bassa invece la richiesta dei risparmiatori per il Btp Italia, che si è fermata a 863 milioni, la peggiore performance per questo tipo di titolo, con le prossime ore che diranno se i grandi clienti istituzionali hanno approcciato il prodotto con più interesse. Comunque, in un contesto di Borse mondiali in recupero grazie soprattutto al rimbalzo dei titoli hi-tech, il dato cruciale dai mercati è uno: il Btp italiano a 10 anni ha ridotto il suo rendimento di quasi 15 punti base al comunque sempre elevato tasso del 3,46%, permettendo allo spread con il Bund tedesco di chiudere la giornata di ieri in calo a quota 309 da 326 della vigilia. In lieve recupero anche i bond spagnoli e portoghesi, a testimonianza dell'allentamento della tensione sui prodotti dei Paesi maggiormente sotto l'attacco della speculazione. La spiegazione è semplice: gli operatori hanno registrato la scelta dell'Ue di muoversi secondo le procedure ordinarie che sono lunghe e soprattutto senza armi normative nel caso un Paese decidesse di non ottemperare a multe o divieti. Quindi il cosiddetto «sentiment» in questo momento è che il dialogo sia avviato e solo una drastica revisione del prodotto interno lordo italiano del quarto trimestre potrebbe cambiare lo scenario. Tutto il resto fa parte delle congetture. A partire dall'eccessivo allarme legato al flop per il Btp Italia. La clientela retail si sta chiaramente riposizionando su rendimenti molto più interessanti rispetto all'1,45% legato all'indicizzazione. L'appetibilità dei Btp e in generale dei titoli di Stato italiani va valutata però nel suo complesso. Se facciamo uan fotografia al primo gennaio 2018 e al primo settembre 2019 la quota di debito in mano agli italiani è salita del 3%, dal 67 al 70%. Quasi 56 miliardi di euro che sono stati venduti dai fondi esteri per passare nelle mani di Bankitalia (è cresciuta dell'uno percento, dal 16 al 17%) delle banche tricolore e della clientela retail. Anche quest'ultima ha visto nei primi 8 mesi dell'anno salire di circa un uno per cento. In tutto questo periodo le banche estere non hanno vendute. Sono rimaste ferme, al di là del trading effettuato ad agosto e poi proseguito anche a settembre. Mese che nel complesso ha visto l'esposizione estera tornare a salire di circa 4 miliardi di euro. Nel complesso gli istituti di credito stranieri continuano a detenere il 6% del nostro debito. Il trend non dovrebbe riservare novità per ottobre e novembre ma non esistono dati statistici. Tre gestori contattai dalla Verità confermano le vendite da parte dei cittadini italiani, ma al tempo stesso spiegano che molti riacquistano Btp, con scadenze diverse e rendimenti più alti. A dimostrazione che le scelte del portafoglio si fanno con la calcolatrice e che la polemiche dell'oro alla patria non sta in piedi. Da tre giorni i quotidiani leggono il flop del Btp Italia come una bocciatura del governo. Una analisi riduttiva che si ferma alla singola emissione. Un po' come prendere per buona una seduta di Borsa come quella di ieri. Quando Piazza Affari ha seguito le altre Borse europee, con un aumento finale dell'1,4% appena dietro a Francoforte, in linea con Londra e facendo un po' meglio di Parigi e Madrid. Per capire se si inverte il trend di Borsa ci vuole molto di più. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem3" data-id="3" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/arriva-la-stangata-a-parole-ma-prima-che-lue-si-muova-passeranno-anche-sei-mesi-2621117235.html?rebelltitem=3#rebelltitem3" data-basename="i-gialloblu-ribattono-lo-spread-cala-manca-la-lettera-di-babbo-natale" data-post-id="2621117235" data-published-at="1765478563" data-use-pagination="False"> I gialloblù ribattono, lo spread cala: «Manca la lettera di Babbo Natale» Piazza Affari resta in positivo con un progresso superiore all'1,41% mentre lo spread scende e si ferma a quota 311. Nessuno schianto nonostante la bocciatura di Bruxelles alla manovra di bilancio per «non rispetto particolarmente grave» delle regole di riduzione del debito. Storica bocciatura per l'Italia anche se ai precedenti governi di sinistra l'Ue aveva concesso nei fatti una grande flessibilità (si parla di miliardi), grazie a quell'«operazione sui migranti», ricordata pochi giorni fa dall'ex ministra Valeria Fedeli. Dopo il vertice a Palazzo Chigi con i vicepremier Di Maio e Salvini, è stato il presidente del consiglio Giuseppe Conte a spiegare la strategia: «Il governo intende fornire una dettagliata spiegazione degli obiettivi e dei parametri contenuti nella legge di bilancio ma senza comunque apportarvi modifica alcuna. L'impianto della manovra è solido e spiegherò tutto a Jean-Claude Junker sabato sera a cena. Al di là dei numerini, gli farò capire il senso di questa manovra». Nessun cambiamento per il vicepremier, Luigi Di Maio: «Sia noi che l'Europa vogliamo la stessa cosa: ridurre il debito. E l'Ue si convincerà che, per raggiungere l'obiettivo, abbiamo scelto l'unica strada che funziona: aiutare le famiglie e le imprese, creare nuove opportunità di lavoro per i giovani». La bocciatura, secondo il ministro per il Sud Barbara Lezzi, è perché il governo M5s-Lega «sconta la cattiva reputazione ereditata dai governi precedenti». Ora occorrerà dialogo e fermezza per il leader della Lega Matteo Salvini: «Ho sempre detto che, fatti salvi i principi guida su pensioni, reddito, lavoro, partite Iva, se si vuole mettere in manovra di più sugli investimenti io sono disponibile a ragionare con tutti. Però, ci facciano lavorare, noi andiamo avanti». E sorridendo ha concluso sulla lettera di messa in mora: «Io veramente aspettavo anche quella di Babbo Natale». Di «rammarico» ha parlato invece il ministro delle Finanze, Giovanni Tria, per il fatto che la Commissione «non ha ritenuto di condividere le ragioni del bilancio programmatico italiano» anche perché «la drammatizzazione del dissenso tra Italia e Commissione europea danneggia l'economia italiana e di conseguenza quella europea». Il titolare del Mef resta però «convinto» che la manovra «assicuri il totale controllo dei conti pubblici nei limiti della moderata politica espansiva resa necessaria dal rallentamento dell'economia europea ed italiana». Abbastana a a sorpresa, in serata, è arrivata la bocciatura anche di Confindutria, per bocca de presidente Vincenzo Boccia: «La procedura d'infrazione della è l'ultimo errore commesso dalla fallimentare commissione Juncker. Questa manovra è sbagliata ma il Parlamento è ancora in tempo per migliorarla. Io sono sempre dalla parte degli italiani per un'Europa più forte». Per Giorgia Meloni, Fdi, «la procedura d'infrazione è un altro atto ostile verso l'Italia da parte di una Commissione europea sempre pronta ad utilizzare due pesi e due misure: molto rigida con l'Italia, meno rigida con altre nazioni come la Francia e la Germania» . «L'Italia è isolata, sono preoccupato» ha detto il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani. «Il governo italiano è ancora in tempo per cambiare la manovra, per evitare danni ai cittadini italiani. Se non lo farà sarà indispensabile cambiare governo e dar vita a una nuova maggioranza». «Lancio un appello a Conte, Tria, Salvini e Di Maio: vi prego, fermatevi. State giocando sulla pelle del Paese», ha detto Matteo Renzi, in diretta su Fb accusando il governo di irresponsabilità. Per l'ex segretario Pd, Pierluigi Bersani è in arrivo un altro Monti, non tecnico ma politico perché non si può andare avanti in questo modo. Anche il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi è intervenuto sulla bocciature: «A preoccupare di più non è il giudizio dell'Ue ma quello degli investitori e dei risparmiatori, che si sono già pronunciati in modo severo sulla politica economica del governo gialloverde, e che trarranno dalla bocciatura ulteriori motivi di diffidenza verso l'Italia».
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La reazione di tanti è però ambigua, come è nella natura degli italiani, scaltri e navigati, e di chi ha uso di mondo. Bello in via di principio ma in pratica come si fa? Tecnicamente si può davvero lasciare loro lo smartphone ma col «parental control» che inibisce alcuni social, o ci saranno sotterfugi, scappatoie, nasceranno simil-social selvatici e dunque ancora più pericolosi, e saremo punto e daccapo? Giusto il provvedimento, bravi gli australiani ma come li tieni poi i ragazzi e le loro reazioni? E se poi scappa il suicidio, l’atto disperato, o il parricidio, il matricidio, del ragazzo imbestialito e privato del suo super-Io in display; se i ragazzi che sono fragili vengono traumatizzati dal divieto, i governi, le autorità non cominceranno a fare retromarcia, a inventarsi improbabili soluzioni graduali, a cominciare coi primi distinguo che poi vanificano il provvedimento? E poi, botta finale: è facile concepire queste norme restrittive quando non si hanno ragazzini in casa, o pretendere di educare gli educatori quando si è ben lontani da quelle gabbie feroci che sono le aule scolastiche! Provate a mettervi nei nostri panni prima di fare i Catoni da remoto!
Avete ragione su tutto, ma alla fine se volete tentare di guidare un po’ il futuro, se volete aiutare davvero i ragazzi, se volete dare e non solo subire la direzione del mondo, dovete provare a non assecondarli, a non rifugiarvi dietro il comodo fatalismo dei processi irreversibili, e dunque il fatalismo dei sì, perché sono assai più facili dei no. Ma qualcosa bisogna fare per impedire l’istupidimento in tenera età e in via di formazione degli uomini di domani. Abbiamo una responsabilità civile e sociale, morale e culturale, abbiamo dei doveri, non possiamo rassegnarci al feticcio del fatto compiuto. Abbiamo criticato per anni il pigro conformismo delle società arcaiche che ripetevano i luoghi comuni e le pratiche di vita semplicemente perché «si è fatto sempre così». E ora dovremmo adottare il conformismo altrettanto pigro, e spesso nocivo, delle società moderne e postmoderne con la scusa che «lo fanno tutti oggi, e non si può tornare indietro». Di questa decisione australiana io condivido lo spirito e la legge; ho solo un’inevitabile allergia per i divieti, ma in questi casi va superata, e un’altrettanto comprensibile diffidenza sull’efficacia e la durata del provvedimento, perché anche in Australia, perfino in Australia, si troveranno alla fine i modi per aggirare il divieto o per sostituire gli accessi con altri. Figuratevi da noi, a Furbilandia. Ma sono due perplessità ineliminabili che non rendono vano il provvedimento che resta invece necessario; semmai andrebbe solo perfezionato.
Il problema è la dipendenza dai social, e la trasformazione degli accessi in eccessi: troppe ore sui social, e questo vale anche per gli adulti e per i vecchi, un po’ come già succedeva con la televisione sempre accesa ma con un grado virale di attenzione e di interattività che rende lo smartphone più nocivo del già noto istupidimento da overdose televisiva.
Si perde la realtà, la vita vera, le relazioni e le amicizie, le esperienze della vita, l’esercizio dell’intelligenza applicata ai fatti e ai rapporti umani, si sterilizzano i sentimenti, si favorisce l’allergia alle letture e alle altre forme socio-culturali. È un mondo piccolo, assai più piccolo di quello descritto così vivacemente da Giovannino Guareschi, che era però pieno di umanità, di natura, di forti passioni e di un rapporto duro e verace con la vita, senza mediazioni e fughe; ma anche con il Padreterno e con i misteri della fede. Quel mondo iscatolato in una teca di vetro di nove per sedici centimetri è davvero piccolo anche se ha l’apparenza di portarti in giro per il mondo, e in tutti i tempi. Sono ipnotizzati dallo Strumento, che diventa il tabernacolo e la fonte di ogni luce e di ogni sapere, di ogni relazione e di ogni rivelazione; bisogna spezzare l’incantesimo, bisogna riprendere a vivere e bisogna saper farne a meno, per alcune ore del giorno.
La stupida Europa che bandisce culti, culture e coltivazioni per imporre norme, algoritmi ed espianti, dovrebbe per una volta esercitarsi in una direttiva veramente educativa: impegnarsi a far passare la legge australiana anche da noi, magari più circostanziata e contestualizzata. L’Europa può farlo, perché non risponde a nessun demos sovrano, a nessuna elezione; i governi nazionali temono troppo l’impopolarità, le opposizioni e la ritorsione dei ragazzi e dei loro famigliari in loro soccorso o perché li preferiscono ipnotizzati sul video così non richiedono attenzioni e premure e non fanno danni. Invece bisogna pur giocare la partita con la tecnologia, favorendo ciò che giova e scoraggiando ciò che nuoce, con occhio limpido e mente lucida, senza terrore e senza euforia.
Mi auguro anzi che qualcuno in grado di mutare i destini dei popoli, possa concepire una visione strategica complessiva in cui saper dosare in via preliminare libertà e limiti, benefici e sacrifici, piaceri e doveri, che poi ciascuno strada facendo gestirà per conto suo. E se qualcuno dirà che questo è un compito da Stato etico, risponderemo che l’assenza di limiti e di interesse per il bene comune, rende gli Stati inutili o dannosi, perché al servizio dei guastatori e dei peggiori o vigliaccamente neutri rispetto a ciò che fa bene e ciò che fa male. È difficile trovare un punto di equilibrio tra diritti e doveri, tra libertà e responsabilità, ma se gli Stati si arrendono a priori, si rivelano solo inutili e ingombranti carcasse. Per evitare lo Stato etico fondano lo Stato ebete, facile preda dei peggiori.
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Ecco #DimmiLaVerità dell'11 dicembre 2025. Con il nostro Fabio Amendolara commentiamo gli ultimi sviluppi del caso Garlasco.
L'amministratore delegato di SIMEST Regina Corradini D’Arienzo (Imagoeconomica)
SIMEST e la Indian Chamber of Commerce hanno firmato un Memorandum of Understanding per favorire progetti congiunti, scambio di informazioni e nuovi investimenti tra imprese italiane e indiane. L'ad di Simest Regina Corradini D’Arienzo: «Mercato chiave per il Made in Italy, rafforziamo il supporto alle aziende».
Nel quadro del Business Forum Italia-India, in corso a Mumbai, SIMEST e Indian Chamber of Commerce (ICC) hanno firmato un Memorandum of Understanding per consolidare la cooperazione economica tra i due Paesi e facilitare nuove opportunità di investimento bilaterale. La firma è avvenuta alla presenza del ministro degli Esteri Antonio Tajani e del ministro indiano del Commercio e dell’Industria Piyush Goyal.
A sottoscrivere l’accordo sono stati l’amministratore delegato di SIMEST, Regina Corradini D’Arienzo, e il direttore generale della ICC, Rajeev Singh. L’intesa punta a mettere in rete le imprese italiane e indiane, sviluppare iniziative comuni e favorire l’accesso ai rispettivi mercati. Tra gli obiettivi: promuovere progetti congiunti, sostenere gli investimenti delle aziende di entrambi i Paesi anche grazie agli strumenti finanziari messi a disposizione da SIMEST, facilitare lo scambio di informazioni e creare un network stabile tra le comunità imprenditoriali.
«L’accordo conferma la volontà di SIMEST di supportare gli investimenti delle imprese italiane in un mercato chiave come quello indiano, sostenendole con strumenti finanziari e know-how dedicato», ha dichiarato Corradini D’Arienzo. L’ad ha ricordato che l’India è tra i Paesi prioritari del Piano d’Azione per l’export della Farnesina e che nel 2025 SIMEST ha aperto un ufficio a Delhi e attivato una misura dedicata per favorire gli investimenti italiani nel Paese. Un tassello, ha aggiunto, che rientra nell’azione coordinata del «Sistema Italia» guidato dalla Farnesina insieme a CDP, ICE e SACE.
SIMEST, società del Gruppo CDP, sostiene la crescita internazionale delle imprese italiane – in particolare le PMI – lungo tutto il ciclo di espansione all’estero, attraverso export credit, finanziamenti agevolati, partecipazioni al capitale e investimenti in equity.
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