
Il commissario sdottoreggia sul «debito buono». Affiancato dall'uomo di Dario Franceschini.Una cosa la sapevamo già, e cioè che il governo giallorosso immagina Domenico Arcuri dotato di più braccia e più mani della dea Kalì: onnipresente, onnipotente, onnidecidente, il capo di Invitalia e supercommissario di tutto il commissariabile è infatti stato chiamato a occuparsi - in ordine sparso - di mascherine, terapie intensive, banchi a rotelle, vaccini, e di recente pure delle sorti dell'Ilva. Praticamente, ormai, siamo di fronte a un potere dello Stato a sé stante. Quello che non sapevamo è che l'uomo, a questo punto, si sente investito di una missione anche pedagogica, un po' maestro e un po' filosofo, una specie di guida morale e metapolitica del Paese, roba da rubare il mestiere al Quirinale, ancora un passo e saremo al contromessaggio di fine anno.Ne volete una prova? Ieri, intervenendo alla presentazione del Rapporto Censis-Tendercapital, l'Arcuri triumphans si è lanciato in voli pindarici sul «diritto alla vita» e sull'«equo accesso al benessere»: «Il diritto alla vita è un diritto non negoziabile, ma insieme è necessario fare ogni sforzo per garantire un livello accettabile di sostenibilità sociale. Serve fare di tutto perché il più ampio numero di cittadini possa accedere a un benessere equo: questo è stato il riferimento principale delle politiche messe in campo in questi mesi per contenere e contrastare questa drammatica epidemia». A seguire, un passaggio lirico sulle «bandiere sui balconi e i palazzi illuminati», per poi arrivare al cuore dello speech (quasi) presidenziale: «L'Italia che uscirà dall'epidemia dovrà essere un Paese a un livello di sostenibilità sociale, economica e produttiva maggiore di quello che c'era quando l'epidemia è iniziata, perché il maggior numero possibile di nostri concittadini possa accedere a livelli di reddito equo e sufficiente, non soltanto per coniugare la propria esistenza con un livello accettabile di benessere, ma anche per essere in condizioni di ripagare quel debito che siamo stati costretti ad accendere per fronteggiare e contrastare questa stagione. Così quel debito, per una volta, sarà stato un debito buono e non un fardello sulle spalle delle generazioni che seguiranno».Confessiamolo: nella nostra ingenuità, pensavamo che il compito del commissario fosse eseguire le (troppe) funzioni affidategli. E invece siamo davanti a un aspirante padre della patria che indica obiettivi sociali e politici, e si propone come bussola filosofica ed etica. Che il nostro eroe si prenda molto sul serio, comunque, è evidente: tra l'altro (ne ha dato notizia L'Espresso), la struttura del commissario all'emergenza è stata appena dotata nientemeno che di un responsabile per i rapporti con i media. Ed è arrivato, a suo modo, un peso massimo: Piero Martino, due volte deputato, già capo ufficio stampa del Pd e portavoce del ministro della Cultura, Dario Franceschini. Roba grossa, insomma: un comunicatore con forte sensibilità politica. Gli addetti alle geometrie di palazzo si domanderanno se e quanto la cosa sia gradita a Franceschini o invece a Conte, come e in che termini si allarghino le sfere di influenza dell'uno o dell'altro. Riflessioni interessanti, senza dubbio. Ma ben più notevole - e anomala - è la foto complessiva: un signore rigorosamente non eletto da nessuno, Arcuri, e che però accumula poteri e funzioni (e ora anche un apparato di comunicazione), al punto da far sembrare almeno due terzi degli attuali ministri dei poveri sbandati senza casa e senza famiglia.Non sappiamo se gli accenti lirici di ieri siano già il primo frutto del contributo di Martino (ci augureremmo di no, per lui). Speriamo solo di non dover presto assistere a messaggi alla nazione del commissario, magari da un podio con tanto di stemma e logo. Ma non vorremmo dare suggerimenti…
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Un caraibico e un nero accoltellano i passeggeri a Cambridge, due sono in pericolo di vita. Il governo per ore non ha rilasciato dettagli sull’etnia degli assalitori.
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Da 20 anni al fianco di Fazio a «Che tempo che fa», la sua comicità è spesso stantia e banale, eppure resta celebrata con un’enfasi un tantinello sopra le righe. Passata dalla cattedra delle scuole medie alla tv, Luciana Littizzetto ha il difetto di tirare bordate pure a gente comune.
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Secondo il sociologo Hartmut Rosa, l’avversario politico non è più un interlocutore ma un nemico da far tacere. La fede e la Chiesa ci possono aiutare a mantenere la capacità di ascolto.
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L’ex magistrato Luca Palamara: «Grosso, leader del comitato anti riforma, mi tira in ballo per il “vecchio sistema opaco” del Csm e dice che è già stata fatta pulizia. Dovrebbe essere più prudente. Probabilmente ignora come siano stati nominati i suoi prossimi congiunti».






