2019-06-04
Approfittando dello scontro tra navi vogliono chiudere Venezia ai turisti
Dopo l'incidente, l'ambientalismo radicale pronto a manifestare per rilanciare l'idea di un centro «museo». Intanto Danilo Toninelli, responsabile delle non decisioni, attacca Matteo Salvini e annuncia soluzioni. Quali? Non si sa.L'esito all'italiana sull'incidente di Venezia era altamente prevedibile, e infatti si è verificato: dopo il danno della non decisione (con i ministri grillini che per un anno hanno rifiutato di dar corso a una soluzione praticabile, come vedremo), ecco la beffa della colpevolizzazione del turismo tout-court, come se visitatori e grandi navi fossero nemici da respingere, anziché una risorsa da accogliere e valorizzare nei modi opportuni. E così prepariamoci: annunciata da una campagna mediatica degna di miglior causa, è pronta una manifestazione dei comitati No navi, cui fanno già da contorno le prese di posizione dell'ambientalismo più ideologico, che - istericamente - si oppongono all'idea del turismo di massa, e vorrebbero fare di Venezia un parco, una riserva, anzi un mausoleo inaccessibile. Follia pura. Resa ancora più surreale da una contraddizione tragicomica: da un lato certe sortite hanno una connotazione anticapitalista e di ultrasinistra, dall'altra - opponendosi al turismo di massa e low cost - sembrano puntare all'effetto contrario, e cioè a una Venezia paradossalmente accessibile solo a pochissimi facoltosi. Con un ulteriore effetto collaterale: mettere in ginocchio l'economia turistica e molte migliaia di posti di lavoro legate direttamente (e tante di più indirettamente) ai visitatori e all'indotto dell'accoglienza. Allora, la prima cosa da fare sarebbe ricondurre la discussione entro binari sensati e razionali: il tema non è fare la guerra alle navi, ma semplicemente immaginare il percorso migliore, che ovviamente non danneggi il profilo delicato e prezioso di Venezia, senza però sacrificare il turismo. Ieri La Verità ha ripercorso in dettaglio le tappe di un dibattito fin troppo lungo, negli ultimi anni, partito ai tempi del governo Monti, con i ministri Corrado Passera e Corrado Clini, e poi proseguito per anni, con ipotesi e percorsi alternativi valutati e via via cestinati, essenzialmente per ragioni di sicurezza. Una svolta (su questo convergono il presidente della Regione Luca Zaia e il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, entrambi molto critici verso la gestione governativa grillina) si era registrata nel novembre del 2017, quando il cosiddetto Comitatone (un organo previsto dalla legge speciale su Venezia, e che mette insieme una serie di stakeholders governativi nazionali e territoriali) aveva partorito una soluzione tripartita.Prima categoria (navi minori): in questo caso il percorso storico attraverso la Giudecca sarebbe rimasto invariato. Seconda categoria (intermedia, come la nave dell'incidente di domenica): arrivo alla stazione marittima senza passare dalla Giudecca. Terza categoria (navi enormi): altro percorso e destinazione finale diversa, a Porto Marghera. Ma la ragionevolezza della soluzione trovata non aveva fatto i conti con l'arrivo nei dicasteri chiave di esponenti indicati dai grillini: da Danilo Toninelli al Mit, a Sergio Costa all'Ambiente, passando per Alberto Bonisoli alla Cultura. Morale? La soluzione del Comitatone è stata congelata, e si sono inseguite altre ipotesi fumose e impraticabili, che ad esempio avrebbero portato a Chioggia: una destinazione che avrebbe comportato (e tuttora comporterebbe) un lavoro enorme - e incertissimo anche dal punto di vista ambientale e perfino sanitario - per dragare fondi e fanghi. Secondo un copione logoro, proprio i ministri responsabili della non decisione sono da 36 ore passati all'offensiva mediatica. Il più duro è stato Toninelli, dalla sua pagina Facebook, con una foto di Marghera corredata dalla seguente didascalia: «È questa la soluzione a cui fanno riferimento i ministri Salvini e Centinaio? Far sfiorare una nave da crociera e una petroliera, con i rischi del caso? O presentare come biglietto da visita di Venezia lo sbarco di milioni di turisti di fronte a un petrolchimico? Noi siamo qui da appena 12 mesi e, dopo anni di inerzia, siamo già vicini a una soluzione che finalmente tiene davvero assieme le esigenze del turismo, dell'ambiente e del paesaggio. Le chiacchiere le lasciamo agli altri». Tesi francamente curiosa: il Mit prima blocca una soluzione, e poi rivendica di esser «vicino» a un'altra, che però non illustra ancora. Stesso copione per Bonisoli: «È per questo che il Mibac, alcuni mesi fa, ha posto il vincolo su tre canali di Venezia, e sta lavorando alacremente al tavolo interministeriale per il blocco delle grandi navi in laguna, insieme con il Mit e al ministero dell'Ambiente». Come dire: abbiamo bloccato una soluzione, ma stiamo lavorando per voi. Intanto, ieri, il presidente dell'Autorità di sistema portuale del mare Adriatico Settentrionale, Pino Musolino, è stato convocato a Roma dal Mit. Mentre la Procura di Venezia ha aperto un fascicolo a carico di ignoti, e sta valutando se procedere per inosservanza delle norme sulla sicurezza. Nel frattempo, sono finiti sotto sequestro i sistemi di movimento (motorini, timone, scatola nera), ma non la nave.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)