2024-09-13
Appalto in famiglia, Emiliano casca dal pero
Michele Emiliano è il presidente della Regione Puglia da 2015 (Ansa)
Il governatore della Puglia dice di non sapere nulla sulla commessa da 41.000 euro alla ditta dei fratelli per il rinnovo del mobilio in Regione. E si affretta a specificare che non ha «alcuna partecipazione» nell’azienda. Ma tra i suoi emerge grande imbarazzo.Sarebbe bastata una telefonata tra fratelli per evitare un discreto imbarazzo a Michele Emiliano, presidente della Regione Puglia con un passato da integerrimo pm anticorruzione. E invece nulla, a Bari tutti i politici sostengono di aver scoperto solo dai giornali che l’appalto da 41.000 euro per i nuovi mobili del Consiglio regionale era andato alla storica ditta di arredamenti della famiglia Emiliano. Dove il cacicco piddino delle Puglie non ha quote ma, insomma, elementari regole di opportunità ed eleganza avrebbero suggerito al parentado un bel passo indietro. Ieri, su questo giornale, si era raccontato l’incredibile vicenda. C’erano da cambiare tavoli, tavolini, sedie ed elettrodomestici dell’area relax e della biblioteca della presidenza del Consiglio che, è bene ricordarlo, formalmente è struttura autonoma dalla presidenza della Regione. Però, i due enti si conoscono e magari anche si parlano, specie quando su una determina c’è un cognome piuttosto noto nel capoluogo. I mobili sono stati messi a fine luglio, e il 28 agosto ecco la liquidazione dei 41.000 euro alla Emiliano srl, società di arredamenti fondata negli anni Sessanta da papà Giovanni e ora mandata avanti dai figli Alessandro e Simonetta, fratelli di Michele. Dal documento contabile si apprende che acquistare il mobilio da cotanta ditta ha assicurato al Consiglio regionale uno sconto appena dell’1%. Insomma, non solo sanno farsi pagare in tempi rapidi, ma non si commuovono più di tanto quando hanno di fronte i disastrati enti locali. Dopo 48 ore dai primi articoli (lo scoop era stato dell’edizione pugliese del Corriere della Sera), ieri è stato il giorno delle cadute dal pero. La povera signora Rosa Maria Falcone, responsabile amministrativo del Consiglio, e firmataria della determina in favore della Emiliano srl, si sarà sentita un po’ sola. Ma le carte sono tutte a posto, dal punto di vista formale e anche sostanziale, perché la ditta scelta per acquistare i mobili ha tutti i requisiti necessari e i prezzi sono di mercato. Il problema è nel cognome, che evidentemente non ha detto nulla a nessuno. Ieri gli uffici del grande capo hanno fatto trapelare la loro velina: «Il presidente Emiliano ha appreso la notizia dall’articolo del Corriere del Mezzogiorno. Non aveva informazioni dirette anche perché l’appalto in questione non passa assolutamente dal livello politico, ma è una procedura dirigenziale del Consiglio regionale. A questo si aggiunga che il presidente non ha nessuna partecipazione nell’azienda dei suoi fratelli». Chiusa qui? No, per carità, Emiliano da bravo ex pm ci vuole vedere chiaro e fa sapere che «il presidente, tuttavia, ha chiesto a Roberto Venneri, segretario generale della Presidenza, di acquisire dal Consiglio regionale le informazioni relative all’appalto». Operazione che non dev’essere stata complicata come controllare i bilanci delle Asl pugliesi, visto che dopo poche ore c’erano già i risultati: «Dalle verifiche fatte con gli uffici del Consiglio regionale e con l’ufficio anticorruzione della Regione Puglia, Venneri ha riscontrato che per tale appalto non sussistono profili di illegittimità». Nella città dove nessuno sapeva nulla e i muri della politica evidentemente non hanno orecchie, una parte in commedia è toccata anche Loredana Capone, presidente del Consiglio regionale. Avvocato amministrativista del Pd, salentina, ieri mattina deve esserle andato di traverso il pasticciotto quando ha letto la storia dei mobili «di famiglia». E allora ecco la sua pronta risposta: «Sono venuta a conoscenza della notizia questa mattina dal giornale. Come sapete gli organi politici non si occupano della gare. Per questo ho chiesto immediatamente alla segretaria generale una relazione dettagliata sulla procedura di affidamento seguita dagli uffici, con una sua valutazione in merito». E il risultato? Tutto a posto. Sostiene Capone che dalla pronta verifica «è emersa la legittimità dell’iter procedurale e la correttezza degli atti. Personalmente sento di dover lamentare l’inopportunità dell’invito e la conseguente partecipazione della ditta Emiliano srl a una procedura bandita dall’amministrazione regionale».Insomma, almeno lei ha fatto un passo avanti verso il vero cuore della questione. In Italia i politici spesso si lamentano delle intrusioni della magistratura nell’attività amministrativa e di governo, salvo essere poi i primi a restare ostaggio di un’ottica interamente penalistica. Una distorsione che alla fine, in caso di assoluzioni e prescrizioni, porta a santificare qualsiasi condotta, anche la meno opportuna e presentabile, rinunciando al primato della politica. Le opposizioni non stanno cavalcando la vicenda in termini di reati commessi. Tommaso Scatigna, consigliere regionale di Fratelli d’Italia, ha fatto notare che si tratta di «una vicenda quasi surreale, perché evidenzia il livello di onnipotenza raggiunto da Emiliano». E i 5 stelle, con Antonella Laricchia, la toccano piano: «Si tratta di qualcosa di assolutamente legale, però è inspiegabile che si affidi un appalto ai fratelli del presidente quando non sono l’unica ditta. E loro stessi avrebbero dovuto rinunciare». Insomma, per una volta i grillini non volano in Procura. Non sia mai che spuntano altri fratelli.
Friedrich Merz e Giorgia Meloni (Ansa)
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