True
2022-02-02
Anziché eliminare Dad e quarantene vogliono la gogna pure per i bambini
Oggi il governo potrebbe decidere di introdurre norme distinte tra alunni vaccinati e non, anche alle elementari. Dopo la riunione del Cts prevista alle 12, il Consiglio dei ministri si riunisce, infatti, per valutare se estendere alla primaria le regole in vigore alle medie e alle superiori, ovvero didattica a distanza solo al terzo positivo registrato in classe, però con dei distinguo che diventerebbero una pesantissima discriminazione.
I bimbi vaccinati saranno in Dad cinque giorni, che sarà il doppio per chi non ha fatto nemmeno una dose. Con due positivi rimarrebbe a casa solo chi è vaccinato da più di quattro mesi o non ha mai ricevuto nemmeno la prima dose, oppure è guarito da più di 120 giorni. Alla faccia del diritto allo studio per tutti, fin dalla più tenera età si vuole creare un clima di contrasto tra immunizzati e non, lasciando a casa per dieci giorni chi non ha offerto il braccino, mentre i compagni di classe «virtuosi» saranno riammessi in presenza in metà tempo. «Quello che mi interessa è ottenere l’allentamento delle restrizioni, il diritto alla scuola per tutti», dichiarava ieri il segretario della Lega, Matteo Salvini, anticipando il tema di cui intende discutere in settimana con il premier Mario Draghi. Aggiungeva: «Leggo di bizzarre ipotesi di divieti alla scuola per bimbi di 6 e 7 anni o con distinzioni tra vaccinati e non vaccinati e penso sia il momento di fare l’esatto contrario».
Dopo circolari e decreti e vari, molti dei quali contraddittori e che hanno portato il caos nella scuola imponendo protocolli assurdi da seguire per i docenti e per i genitori, adesso arriverebbe la mossa capolavoro, per imporre di fatto la vaccinazione alle elementari. Quale bambino non avrà da lamentarsi in famiglia, perché costretto a restare fuori di classe per più tempo rispetto agli amichetti che si sono fatti il vaccino?
Il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, tra i tanti suoi propositi annunciati, sosteneva che era in corso una «riflessione» per semplificare la certificazione del rientro a scuola degli alunni che sono stati contagiati dal Covid e hanno superato la malattia, sottolineando che «al di là della formula con cui si rientra, è importante che il rientro ci sia stato e che si è affermato il principio che la scuola è in presenza, ed è un diritto».
La formula è fondamentale, non secondaria, visto che si tratta di garantire la continuità di studio per i bambini senza discriminazioni da vaccino anti Covid. Invece anche la quarantena dovrebbe avere modalità diverse, così come viene imposto a tutti i cittadini, quindi niente isolamento per vaccinati da meno di 120 giorni e guariti, cinque giorni per chi è vaccinato o guarito da più di 120 giorni, ma dieci giorni per i non vaccinati.
Una «punizione», perché di altro non si tratterebbe, con tempi più lunghi di segregazione in casa, senza poter giocare né andare a scuola. E per fortuna che si vuole il bene dei più piccoli, che tanto hanno sofferto in due anni di lockdown e limitazioni. «Non avere contatti fisici, reali, coi propri pari impoverisce la “dieta del nostro cervello emotivo”», ha scritto Marcella Mauro del Centro di neuropsicologia di Humanitas medical care. E con la Dad, che determina diffuso disagio psicologico tra i ragazzi, «aumenta la propensione all’isolamento nel pianeta digitale», segnalava già un anno fa l’Ordine nazionale degli psicologi.
Nessuna novità dovrebbe esserci sul fronte scuole dell’infanzia, dove basta un solo bimbo 0-5 anni positivo per lasciare tutti a casa dieci giorni. Una norma assurda, che sta creando infiniti problemi alle famiglie, che non possono godere del servizio educativo, devono pagare baby sitter se i nonni non ci sono o sono troppi fragili, pagare i tamponi dopo l’uscita dalla quarantena.
Nel mondo della scuola si registra pure il malumore per la reintroduzione della seconda prova scritta all’esame di Stato, diversa per ogni singolo istituto a differenza della prima che rimane predisposta su base nazionale. «Gli studenti che affronteranno le prove di giugno sono quelli che più hanno sofferto l’emergenza: due anni e mezzo del loro percorso scolastico sono stati pesantemente inficiati dalla pandemia», ha commentato Antonello Giannelli, presidente dell’associazione nazionale presidi (Anp). «Anche la decisione di basare la seconda prova scritta su una sola materia tra quelle di indirizzo rappresenta un passo indietro, perché si perde quella interdisciplinarietà che rappresentava un salto di qualità nella rilevazione delle competenze degli studenti. Ci auguriamo che il ministro ci ripensi e tolga la seconda prova agli esami di maturità».
Secondo Tommaso Biancuzzi, della Rete degli studenti medi, sindacato studentesco, «serve una maturità che tenga conto degli ultimi tre anni di scuola a singhiozzo, tra didattica mista e a distanza. Serve una maturità che dia importanza e spazio ai percorsi personali con una tesina e niente scritti». Per questo, tra due giorni protesteranno davanti al ministero dell’Istruzione e in molte piazze italiane.
«Inaffidabili i trial di Pfizer sui sieri»
«I risultati dell’efficacia del 95% del vaccino annunciati da Pfizer non potevano essere considerati affidabili per il criterio principale, vale a dire, prima insorgenza di Covid-19 sintomatico a partire da 7 giorni dopo la dose 2». È il parere della biostatistica Christine Cotton, specialista in sperimentazioni cliniche, che ha pubblicato su FranceSoir la sua perizia metodologica, richiesta da un avvocato alla Corte d’Appello del Quebec, entrando nei dettagli dei vaccini contro il coronavirus. In sostanza una valutazione delle pratiche metodologiche implementate nelle sperimentazioni Pfizer per lo sviluppo del suo vaccino a RNA messaggero contro il Covid-19, in relazione alle buone pratiche cliniche.
La Cotton, con 23 anni di esperienza, ha nel suo curriculum oltre 500 studi nell’industria farmaceutica e varie sperimentazioni cliniche, ha esaminato tutta la documentazione del laboratorio Pfizer registrato presso le autorità americane ed europee, per individuare e determinare i bias, ovvero gli elementi che possono far deviare i risultati dal loro vero valore.
Dagli intervalli di confidenza con campioni con zero o pochi pazienti a risultati statisticamente non dimostrati su casi gravi o anziani, una rassegna completa in termini semplici e comprensibili. La specialista indipendente, che ha lavorato per i più grandi laboratori come Astrazeneca, J&J, Roche, ritiene che l’efficacia del vaccino annunciata dal colosso farmaceutico Usa «non si può considerare efficace» perché chi ha partecipato ai trials doveva segnalare i propri sintomi al sito che li aveva reclutati, per capire se si trattava di casi sintomatici di Covid. Ma «qualsiasi segnalazione incompleta o errata da parte del partecipante che non ha la competenza per giudicare il suo stato di salute, l’uso autorizzato di antipiretici che sopprimono i sintomi, febbre e dolore, portano a una sottovalutazione del numero di contagiati sintomatici, poiché solo i partecipanti che segnalano sintomi dovrebbero completare un test Pcr, ossia molecolare, come parte di questo studio. Altrimenti, nessun sintomo significa nessun test Pcr e nessun test Pcr significa niente Covid-19». Per la Cotton era necessario effettuare test molecolari a tutta la popolazione inclusa nella sperimentazione clinica per capire se il Covid asintomatico fosse vettore di malattia. Pertanto, sottolinea la biostatistica, «è chiaro che tutta la comunicazione sulla vaccinazione che frena la trasmissione del virus, non sia stata supportata da alcun risultato nella sperimentazione clinica».
Altro problema la valutazione della tolleranza, poiché «abbiamo solo due mesi mediani di follow-up dopo la seconda dose, ovvero il 50% dei partecipanti a meno di due mesi e il 50% a più di due mesi: un periodo di osservazione che è troppo breve per raccogliere la tolleranza a medio e lungo termine».
Infine un altro dato scioccante della relazione: nell’ottobre 2021 è stato finalmente riconosciuto il rischio di miocardite/pericardite da vaccino nei soggetti di età compresa tra 12 e 39 anni, quando la popolazione generale era già vaccinata da diversi mesi e il rischio era stato sottovalutato. A fronte di tutte queste «distorsioni e informazioni mancanti» Christine Cotton ha chiesto «la sospensione urgente di tutte le vaccinazioni con Comirnaty, )il vaccino BionTech-Pfizer) non solo per le popolazioni su cui non abbiamo informazioni fino ad oggi, ma anche per l’intera popolazione, in attesa delle spiegazioni del laboratorio Pfizer sulla scelta del proprio piano di sperimentazione, delle sue modalità di valutazione, dell’algoritmo per il calcolo dei criteri d’efficacia, dell’assenza di un test Pcr sulla popolazione generale».
Continua a leggere
Riduci
Oggi il Cdm estenderà la discriminazione alle elementari. Lezioni online con tre casi, con due a casa solo i non vaccinati, penalizzati anche sull’isolamento. Matteo Salvini: «Ipotesi bizzarre, restrizioni da allentare».«Inaffidabili i trial di Pfizer sui sieri». Per la biostatistica Christine Cotton, i test sull’efficacia del preparato sono imprecisi. Pochi pazienti, segnalazioni incomplete e rischi sottovalutati comprometterebbero i risultati.Lo speciale comprende due articoli. Oggi il governo potrebbe decidere di introdurre norme distinte tra alunni vaccinati e non, anche alle elementari. Dopo la riunione del Cts prevista alle 12, il Consiglio dei ministri si riunisce, infatti, per valutare se estendere alla primaria le regole in vigore alle medie e alle superiori, ovvero didattica a distanza solo al terzo positivo registrato in classe, però con dei distinguo che diventerebbero una pesantissima discriminazione. I bimbi vaccinati saranno in Dad cinque giorni, che sarà il doppio per chi non ha fatto nemmeno una dose. Con due positivi rimarrebbe a casa solo chi è vaccinato da più di quattro mesi o non ha mai ricevuto nemmeno la prima dose, oppure è guarito da più di 120 giorni. Alla faccia del diritto allo studio per tutti, fin dalla più tenera età si vuole creare un clima di contrasto tra immunizzati e non, lasciando a casa per dieci giorni chi non ha offerto il braccino, mentre i compagni di classe «virtuosi» saranno riammessi in presenza in metà tempo. «Quello che mi interessa è ottenere l’allentamento delle restrizioni, il diritto alla scuola per tutti», dichiarava ieri il segretario della Lega, Matteo Salvini, anticipando il tema di cui intende discutere in settimana con il premier Mario Draghi. Aggiungeva: «Leggo di bizzarre ipotesi di divieti alla scuola per bimbi di 6 e 7 anni o con distinzioni tra vaccinati e non vaccinati e penso sia il momento di fare l’esatto contrario». Dopo circolari e decreti e vari, molti dei quali contraddittori e che hanno portato il caos nella scuola imponendo protocolli assurdi da seguire per i docenti e per i genitori, adesso arriverebbe la mossa capolavoro, per imporre di fatto la vaccinazione alle elementari. Quale bambino non avrà da lamentarsi in famiglia, perché costretto a restare fuori di classe per più tempo rispetto agli amichetti che si sono fatti il vaccino? Il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, tra i tanti suoi propositi annunciati, sosteneva che era in corso una «riflessione» per semplificare la certificazione del rientro a scuola degli alunni che sono stati contagiati dal Covid e hanno superato la malattia, sottolineando che «al di là della formula con cui si rientra, è importante che il rientro ci sia stato e che si è affermato il principio che la scuola è in presenza, ed è un diritto». La formula è fondamentale, non secondaria, visto che si tratta di garantire la continuità di studio per i bambini senza discriminazioni da vaccino anti Covid. Invece anche la quarantena dovrebbe avere modalità diverse, così come viene imposto a tutti i cittadini, quindi niente isolamento per vaccinati da meno di 120 giorni e guariti, cinque giorni per chi è vaccinato o guarito da più di 120 giorni, ma dieci giorni per i non vaccinati. Una «punizione», perché di altro non si tratterebbe, con tempi più lunghi di segregazione in casa, senza poter giocare né andare a scuola. E per fortuna che si vuole il bene dei più piccoli, che tanto hanno sofferto in due anni di lockdown e limitazioni. «Non avere contatti fisici, reali, coi propri pari impoverisce la “dieta del nostro cervello emotivo”», ha scritto Marcella Mauro del Centro di neuropsicologia di Humanitas medical care. E con la Dad, che determina diffuso disagio psicologico tra i ragazzi, «aumenta la propensione all’isolamento nel pianeta digitale», segnalava già un anno fa l’Ordine nazionale degli psicologi.Nessuna novità dovrebbe esserci sul fronte scuole dell’infanzia, dove basta un solo bimbo 0-5 anni positivo per lasciare tutti a casa dieci giorni. Una norma assurda, che sta creando infiniti problemi alle famiglie, che non possono godere del servizio educativo, devono pagare baby sitter se i nonni non ci sono o sono troppi fragili, pagare i tamponi dopo l’uscita dalla quarantena. Nel mondo della scuola si registra pure il malumore per la reintroduzione della seconda prova scritta all’esame di Stato, diversa per ogni singolo istituto a differenza della prima che rimane predisposta su base nazionale. «Gli studenti che affronteranno le prove di giugno sono quelli che più hanno sofferto l’emergenza: due anni e mezzo del loro percorso scolastico sono stati pesantemente inficiati dalla pandemia», ha commentato Antonello Giannelli, presidente dell’associazione nazionale presidi (Anp). «Anche la decisione di basare la seconda prova scritta su una sola materia tra quelle di indirizzo rappresenta un passo indietro, perché si perde quella interdisciplinarietà che rappresentava un salto di qualità nella rilevazione delle competenze degli studenti. Ci auguriamo che il ministro ci ripensi e tolga la seconda prova agli esami di maturità». Secondo Tommaso Biancuzzi, della Rete degli studenti medi, sindacato studentesco, «serve una maturità che tenga conto degli ultimi tre anni di scuola a singhiozzo, tra didattica mista e a distanza. Serve una maturità che dia importanza e spazio ai percorsi personali con una tesina e niente scritti». Per questo, tra due giorni protesteranno davanti al ministero dell’Istruzione e in molte piazze italiane.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/anziche-eliminare-dad-e-quarantene-vogliono-la-gogna-pure-per-i-bambini-2656527860.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="inaffidabili-i-trial-di-pfizer-sui-sieri" data-post-id="2656527860" data-published-at="1643746275" data-use-pagination="False"> «Inaffidabili i trial di Pfizer sui sieri» «I risultati dell’efficacia del 95% del vaccino annunciati da Pfizer non potevano essere considerati affidabili per il criterio principale, vale a dire, prima insorgenza di Covid-19 sintomatico a partire da 7 giorni dopo la dose 2». È il parere della biostatistica Christine Cotton, specialista in sperimentazioni cliniche, che ha pubblicato su FranceSoir la sua perizia metodologica, richiesta da un avvocato alla Corte d’Appello del Quebec, entrando nei dettagli dei vaccini contro il coronavirus. In sostanza una valutazione delle pratiche metodologiche implementate nelle sperimentazioni Pfizer per lo sviluppo del suo vaccino a RNA messaggero contro il Covid-19, in relazione alle buone pratiche cliniche. La Cotton, con 23 anni di esperienza, ha nel suo curriculum oltre 500 studi nell’industria farmaceutica e varie sperimentazioni cliniche, ha esaminato tutta la documentazione del laboratorio Pfizer registrato presso le autorità americane ed europee, per individuare e determinare i bias, ovvero gli elementi che possono far deviare i risultati dal loro vero valore. Dagli intervalli di confidenza con campioni con zero o pochi pazienti a risultati statisticamente non dimostrati su casi gravi o anziani, una rassegna completa in termini semplici e comprensibili. La specialista indipendente, che ha lavorato per i più grandi laboratori come Astrazeneca, J&J, Roche, ritiene che l’efficacia del vaccino annunciata dal colosso farmaceutico Usa «non si può considerare efficace» perché chi ha partecipato ai trials doveva segnalare i propri sintomi al sito che li aveva reclutati, per capire se si trattava di casi sintomatici di Covid. Ma «qualsiasi segnalazione incompleta o errata da parte del partecipante che non ha la competenza per giudicare il suo stato di salute, l’uso autorizzato di antipiretici che sopprimono i sintomi, febbre e dolore, portano a una sottovalutazione del numero di contagiati sintomatici, poiché solo i partecipanti che segnalano sintomi dovrebbero completare un test Pcr, ossia molecolare, come parte di questo studio. Altrimenti, nessun sintomo significa nessun test Pcr e nessun test Pcr significa niente Covid-19». Per la Cotton era necessario effettuare test molecolari a tutta la popolazione inclusa nella sperimentazione clinica per capire se il Covid asintomatico fosse vettore di malattia. Pertanto, sottolinea la biostatistica, «è chiaro che tutta la comunicazione sulla vaccinazione che frena la trasmissione del virus, non sia stata supportata da alcun risultato nella sperimentazione clinica». Altro problema la valutazione della tolleranza, poiché «abbiamo solo due mesi mediani di follow-up dopo la seconda dose, ovvero il 50% dei partecipanti a meno di due mesi e il 50% a più di due mesi: un periodo di osservazione che è troppo breve per raccogliere la tolleranza a medio e lungo termine». Infine un altro dato scioccante della relazione: nell’ottobre 2021 è stato finalmente riconosciuto il rischio di miocardite/pericardite da vaccino nei soggetti di età compresa tra 12 e 39 anni, quando la popolazione generale era già vaccinata da diversi mesi e il rischio era stato sottovalutato. A fronte di tutte queste «distorsioni e informazioni mancanti» Christine Cotton ha chiesto «la sospensione urgente di tutte le vaccinazioni con Comirnaty, )il vaccino BionTech-Pfizer) non solo per le popolazioni su cui non abbiamo informazioni fino ad oggi, ma anche per l’intera popolazione, in attesa delle spiegazioni del laboratorio Pfizer sulla scelta del proprio piano di sperimentazione, delle sue modalità di valutazione, dell’algoritmo per il calcolo dei criteri d’efficacia, dell’assenza di un test Pcr sulla popolazione generale».
Da sinistra: Bruno Migale, Ezio Simonelli, Vittorio Pisani, Luigi De Siervo, Diego Parente e Maurizio Improta
Questa mattina la Lega Serie A ha ricevuto il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, insieme ad altri vertici della Polizia, per un incontro dedicato alla sicurezza negli stadi e alla gestione dell’ordine pubblico. Obiettivo comune: sviluppare strumenti e iniziative per un calcio più sicuro, inclusivo e rispettoso.
Oggi, negli uffici milanesi della Lega Calcio Serie A, il mondo del calcio professionistico ha ospitato le istituzioni di pubblica sicurezza per un confronto diretto e costruttivo.
Il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, accompagnato da alcune delle figure chiave del dipartimento - il questore di Milano Bruno Migale, il dirigente generale di P.S. prefetto Diego Parente e il presidente dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive Maurizio Improta - ha incontrato i vertici della Lega, guidati dal presidente Ezio Simonelli, dall’amministratore delegato Luigi De Siervo e dall’head of competitions Andrea Butti.
Al centro dell’incontro, durato circa un’ora, temi di grande rilevanza per il calcio italiano: la sicurezza negli stadi e la gestione dell’ordine pubblico durante le partite di Serie A. Secondo quanto emerso, si è trattato di un momento di dialogo concreto, volto a rafforzare la collaborazione tra istituzioni e club, con l’obiettivo di rendere le competizioni sportive sempre più sicure per tifosi, giocatori e operatori.
Il confronto ha permesso di condividere esperienze, criticità e prospettive future, aprendo la strada a un percorso comune per sviluppare strumenti e iniziative capaci di garantire un ambiente rispettoso e inclusivo. La volontà di entrambe le parti è chiara: non solo prevenire episodi di violenza o disordine, ma anche favorire la cultura del rispetto, elemento indispensabile per la crescita del calcio italiano e per la tutela dei tifosi.
«L’incontro di oggi rappresenta un passo importante nella collaborazione tra Lega e Forze dell’Ordine», si sottolinea nella nota ufficiale diffusa al termine della visita dalla Lega Serie A. L’intenzione condivisa è quella di creare un dialogo costante, capace di tradursi in azioni concrete, procedure aggiornate e interventi mirati negli stadi di tutta Italia.
In un contesto sportivo sempre più complesso, dove la passione dei tifosi può trasformarsi rapidamente in tensione, il dialogo tra Lega e Polizia appare strategico. La sfida, spiegano i partecipanti, è costruire una rete di sicurezza che sia preventiva, reattiva e sostenibile, tutelando chi partecipa agli eventi senza compromettere l’atmosfera che caratterizza il calcio italiano.
L’appuntamento di Milano conferma come la sicurezza negli stadi non sia solo un tema operativo, ma un valore condiviso: la Serie A e le forze dell’ordine intendono camminare insieme, passo dopo passo, verso un calcio sempre più sicuro, inclusivo e rispettoso.
Continua a leggere
Riduci
Due bambini svaniti nel nulla. Mamma e papà non hanno potuto fargli neppure gli auguri di compleanno, qualche giorno fa, quando i due fratellini hanno compiuto 5 e 9 anni in comunità. Eppure una telefonata non si nega neanche al peggior delinquente. Dunque perché a questi genitori viene negato il diritto di vedere e sentire i loro figli? Qual è la grave colpa che avrebbero commesso visto che i bimbi stavano bene?
Un allontanamento che oggi mostra troppi lati oscuri. A partire dal modo in cui quel 16 ottobre i bimbi sono stati portati via con la forza, tra le urla strazianti. Alle ore 11.10, come denunciano le telecamere di sorveglianza della casa, i genitori vengono attirati fuori al cancello da due carabinieri. Alle 11.29 spuntano dal bosco una decina di agenti, armati di tutto punto e col giubbotto antiproiettile. E mentre gridano «Pigliali, pigliali tutti!» fanno irruzione nella casa, dove si trovano, da soli, i bambini. I due fratellini vengono portati fuori dagli agenti, il più piccolo messo a sedere, sulle scale, col pigiamino e senza scarpe. E solo quindici minuti dopo, alle 11,43, come registrano le telecamere, arrivano le assistenti sociali che portano via i bambini tra le urla disperate.
Una procedura al di fuori di ogni regola. Che però ottiene l’appoggio della giudice Nadia Todeschini, del Tribunale dei minori di Firenze. Come riferisce un ispettore ripreso dalle telecamere di sorveglianza della casa: «Ho telefonato alla giudice e le ho detto: “Dottoressa, l’operazione è andata bene. I bambini sono con i carabinieri. E adesso sono arrivati gli assistenti sociali”. E la giudice ha risposto: “Non so come ringraziarvi!”».
Dunque, chi ha dato l’ordine di agire in questo modo? E che trauma è stato inferto a questi bambini? Giriamo la domanda a Marina Terragni, Garante per l’infanzia e l’adolescenza. «Per la nostra Costituzione un bambino non può essere prelevato con la forza», conferma, «per di più se non è in borghese. Ci sono delle sentenze della Cassazione. Queste modalità non sono conformi allo Stato di diritto. Se il bambino non vuole andare, i servizi sociali si debbono fermare. Purtroppo ci stiamo abituando a qualcosa che è fuori legge».
Proviamo a chiedere spiegazioni ai servizi sociali dell’unione Montana dei comuni Valtiberina, ma l’accoglienza non è delle migliori. Prima minacciano di chiamare i carabinieri. Poi, la più giovane ci chiude la porta in faccia con un calcio. È Veronica Savignani, che quella mattina, come mostrano le telecamere, afferra il bimbo come un pacco. E mentre lui scalcia e grida disperato - «Aiuto! Lasciatemi andare» - lei lo rimprovera: «Ma perché urli?». Dopo un po’ i toni cambiano. Esce a parlarci Sara Spaterna. C’era anche lei quel giorno, con la collega Roberta Agostini, per portare via i bambini. Ma l’unica cosa di cui si preoccupa è che «è stata rovinata la sua immagine». E alle nostre domande ripete come una cantilena: «Non posso rispondere». Anche la responsabile dei servizi, Francesca Meazzini, contattata al telefono, si trincera dietro un «non posso dirle nulla».
Al Tribunale dei Minoridi Firenze, invece, parte lo scarica barile. La presidente, Silvia Chiarantini, dice che «l’allontanamento è avvenuto secondo le regole di legge». E ci conferma che i genitori possono vedere i figli in incontri protetti. E allora perché da due mesi a mamma e papà non è stata concessa neppure una telefonata? E chi pagherà per il trauma fatto a questi bambini?
Continua a leggere
Riduci
Il premier: «Il governo ci ha creduto fin dall’inizio, impulso decisivo per nuovi traguardi».
«Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo traguardo. Ringrazio i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier, ma è stata una partita che non abbiamo giocato da soli: abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi».
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio celebrando l’entrata della cucina italiana nei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. È la prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. A deliberarlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India.
Ansa
I vaccini a Rna messaggero contro il Covid favoriscono e velocizzano, se a dosi ripetute, la crescita di piccoli tumori già presenti nell’organismo e velocizzano la crescita di metastasi. È quanto emerge dalla letteratura scientifica e, in particolare, dagli esperimenti fatti in vitro sulle cellule e quelli sui topi, così come viene esposto nello studio pubblicato lo scorso 2 dicembre sulla rivista Mdpi da Ciro Isidoro, biologo, medico, patologo e oncologo sperimentale, nonché professore ordinario di patologia generale all’Università del Piemonte orientale di Novara. Lo studio è una review, ovvero una sintesi critica dei lavori scientifici pubblicati finora sull’argomento, e le conclusioni a cui arriva sono assai preoccupanti. Dai dati scientifici emerge che sia il vaccino a mRna contro il Covid sia lo stesso virus possono favorire la crescita di tumori e metastasi già esistenti. Inoltre, alla luce dei dati clinici a disposizione, emerge sempre più chiaramente che a questo rischio di tumori e metastasi «accelerati» appaiono più esposti i vaccinati con più dosi. Fa notare Isidoro: «Proprio a causa delle ripetute vaccinazioni i vaccinati sono più soggetti a contagiarsi e dunque - sebbene sia vero che il vaccino li protegge, ma temporaneamente, dal Covid grave - queste persone si ritrovano nella condizione di poter subire contemporaneamente i rischi oncologici provocati da vaccino e virus naturale messi insieme».
Sono diversi i meccanismi cellulari attraverso cui il vaccino può velocizzare l’andamento del cancro analizzati negli studi citati nella review di Isidoro, intitolata «Sars-Cov2 e vaccini anti-Covid-19 a mRna: Esiste un plausibile legame meccanicistico con il cancro?». Tra questi studi, alcuni rilevano che, in conseguenza della vaccinazione anti-Covid a mRna - e anche in conseguenza del Covid -, «si riduce Ace 2», enzima convertitore di una molecola chiamata angiotensina II, favorendo il permanere di questa molecola che favorisce a sua volta la proliferazione dei tumori. Altri dati analizzati nella review dimostrano inoltre che sia il virus che i vaccini di nuova generazione portano ad attivazione di geni e dunque all’attivazione di cellule tumorali. Altri dati ancora mostrano come sia il virus che il vaccino inibiscano l’espressione di proteine che proteggono dalle mutazioni del Dna.
Insomma, il vaccino anti-Covid, così come il virus, interferisce nei meccanismi cellulari di protezione dal cancro esponendo a maggiori rischi chi ha già una predisposizione genetica alla formazione di cellule tumorali e i malati oncologici con tumori dormienti, spiega Isidoro, facendo notare come i vaccinati con tre o più dosi si sono rivelati più esposti al contagio «perché il sistema immunitario in qualche modo viene ingannato e si adatta alla spike e dunque rende queste persone più suscettibili ad infettarsi».
Nella review anche alcune conferme agli esperimenti in vitro che arrivano dal mondo reale, come uno studio retrospettivo basato su un’ampia coorte di individui non vaccinati (595.007) e vaccinati (2.380.028) a Seul, che ha rilevato un’associazione tra vaccinazione e aumento del rischio di cancro alla tiroide, allo stomaco, al colon-retto, al polmone, al seno e alla prostata. «Questi dati se considerati nel loro insieme», spiega Isidoro, «convergono alla stessa conclusione: dovrebbero suscitare sospetti e stimolare una discussione nella comunità scientifica».
D’altra parte, anche Katalin Karikó, la biochimica vincitrice nel 2023 del Nobel per la Medicina proprio in virtù dei suoi studi sull’Rna applicati ai vaccini anti Covid, aveva parlato di questi possibili effetti collaterali di «acceleratore di tumori già esistenti». In particolare, in un’intervista rilasciata a Die Welt lo scorso gennaio, la ricercatrice ungherese aveva riferito della conversazione con una donna sulla quale, due giorni dopo l’inoculazione, era comparso «un grosso nodulo al seno». La signora aveva attribuito l’insorgenza del cancro al vaccino, mentre la scienziata lo escludeva ma tuttavia forniva una spiegazione del fenomeno: «Il cancro c’era già», spiegava Karikó, «e la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico», sostenendo, infine, che il vaccino avrebbe consentito alla malcapitata di «scoprire più velocemente il cancro», affermazione che ha lasciato e ancor di più oggi lascia - alla luce di questo studio di Isidoro - irrisolti tanti interrogativi, soprattutto di fronte all’incremento in numero dei cosiddetti turbo-cancri e alla riattivazione di metastasi in malati oncologici, tutti eventi che si sono manifestati post vaccinazione anti- Covid e non hanno trovato altro tipo di plausibilità biologica diversa da una possibile correlazione con i preparati a mRna.
«Marginale il gabinetto di Speranza»
Mentre eravamo chiusi in casa durante il lockdown, il più lungo di tutti i Paesi occidentali, ognuno di noi era certo in cuor suo che i decisori che apparecchiavano ogni giorno alle 18 il tragico rito della lettura dei contagi e dei decessi sapessero ciò che stavano facendo. In realtà, al netto di un accettabile margine di impreparazione vista l’emergenza del tutto nuova, nelle tante stanze dei bottoni che il governo Pd-M5S di allora, guidato da Giuseppe Conte, aveva istituito, andavano tutti in ordine sparso. E l’audizione in commissione Covid del proctologo del San Raffaele Pierpaolo Sileri, allora viceministro alla Salute in quota 5 stelle, ha reso ancor più tangibile il livello d’improvvisazione e sciatteria di chi allora prese le decisioni e oggi è impegnato in tripli salti carpiati pur di rinnegarne la paternità. È il caso, ad esempio, del senatore Francesco Boccia del Pd, che ieri è intervenuto con zelante sollecitudine rivolgendo a Sileri alcune domande che son suonate più come ingannevoli asseverazioni. Una per tutte: «Io penso che il gabinetto del ministero della salute (guidato da Roberto Speranza, ndr) fosse assolutamente marginale, decidevano Protezione civile e coordinamento dei ministri». Il senso dell’intervento di Boccia non è difficile da cogliere: minimizzare le responsabilità del primo imputato della malagestione pandemica, Speranza, collega di partito di Boccia, e rovesciare gli oneri ora sul Cts, ora sulla Protezione civile, eventualmente sul governo ma in senso collegiale. «Puoi chiarire questi aspetti così li mettiamo a verbale?», ha chiesto Boccia a Sileri. L’ex sottosegretario alla salute, però, non ha dato la risposta desiderata: «Il mio ruolo era marginale», ha dichiarato Sileri, impegnato a sua volta a liberarsi del peso degli errori e delle omissioni in nome di un malcelato «io non c’ero, e se c’ero dormivo», «il Cts faceva la valutazione scientifica e la dava alla politica. Era il governo che poi decideva». Quello stesso governo dove Speranza, per forza di cose, allora era il componente più rilevante. Sileri ha dichiarato di essere stato isolato dai funzionari del ministero: «Alle riunioni non credo aver preso parte se non una volta» e «i Dpcm li ricevevo direttamente in aula, non ne avevo nemmeno una copia». Che questo racconto sia funzionale all’obiettivo di scaricare le responsabilità su altri, è un dato di fatto, ma l’immagine che ne esce è quella di decisori «inadeguati e tragicomici», come ebbe già ad ammettere l’altro sottosegretario Sandra Zampa (Pd).Anche sull’adozione dell’antiscientifica «terapia» a base di paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa, Sileri ha dichiarato di essere totalmente estraneo alla decisione: «Non so chi ha redatto la circolare del 30 novembre 2020 che dava agli antinfiammatori un ruolo marginale, ne ho scoperto l’esistenza soltanto dopo che era già uscita». Certo, ha ammesso, a novembre poteva essere dato maggiore spazio ai Fans perché «da marzo avevamo capito che non erano poi così malvagi». Bontà sua. Per Alice Buonguerrieri (Fdi) «è la conferma che la gestione del Covid affogasse nella confusione più assoluta». Boccia è tornato all’attacco anche sul piano pandemico: «Alcuni virologi hanno ribadito che era scientificamente impossibile averlo su Sars Cov-2, confermi?». «L'impatto era inatteso, ma ovviamente avere un piano pandemico aggiornato avrebbe fatto grosse differenze», ha replicato Sileri, che nel corso dell’audizione ha anche preso le distanze dalle misure suggerite dall’Oms che «aveva un grosso peso politico da parte dalla Cina». «I burocrati nominati da Speranza sono stati lasciati spadroneggiare per coprire le scelte errate dei vertici politici», è il commento di Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, alla «chicca» emersa in commissione: un messaggio di fuoco che l’allora capo di gabinetto del ministero Goffredo Zaccardi indirizzò a Sileri («Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto», avrebbe scritto).In che mani siamo stati.
Continua a leggere
Riduci