- Il Duomo deserto, venerdì scorso, per i funerali dei morti nel rogo in una Rsa di Milano è emblematico. Strutture sporche e non sicure, pochi letti: per molti over 65 è un incubo.
- Il rappresentante nazionale Sebastiano Capurso: «Le Regioni non ripianano più i deficit di quelle in regola».
Il Duomo deserto, venerdì scorso, per i funerali dei morti nel rogo in una Rsa di Milano è emblematico. Strutture sporche e non sicure, pochi letti: per molti over 65 è un incubo.Il rappresentante nazionale Sebastiano Capurso: «Le Regioni non ripianano più i deficit di quelle in regola».Lo speciale contiene due articoliQuelli che possono allontanarsi da casa, si rifugiano nei centri commerciali per trovare un po’ di sollievo alla calura ma anche per immergersi tra la gente e avere l’illusione, dopo aver scambiato due parole con qualche commesso, di essere meno soli. L’aria condizionata per chi ha una pensione che sfiora i mille euro, è un lusso che non ci si può permettere. Costoro sono i più fortunati nella situazione dell’estate, da sempre nemica degli anziani. Le città si svuotano, i badanti scappano, i parenti fanno le valige per le vacanze, le Rsa già intasate non accolgono chi è rimasto solo in città e gli ospedali diventano l’estremo rifugio a cui far ricorso anche al primo accenno di qualche lieve malessere aggravato dalle alte temperature. Chi è in una casa di riposo non è detto che se la cavi meglio. La settimana scorsa è esploso il caso a Pordenone della struttura Casa Serena, che di sereno avrebbe ben poco, stando alla denuncia del parente di una donna lì ricoverata. In una lettera affidata ai social e alla stampa, è stata descritta una situazione intollerabile, con stanze roventi (il termometro fotografato mentre segnava 31 gradi) in un reparto, a causa di un impianto di aria condizionata non funzionante da tempo. Ecco quello che ha scritto il familiare ottantenne, nella lettera di denuncia: «Vado ogni giorno a trovare mia moglie e credetemi, la sua stanza è un forno, io più di un quarto d’ora non resisto, figuratevi lei poverina, costretta a stare a letto. Dopo la mia ennesima protesta mi hanno risposto che si era rotto un pezzo dell’impianto». Come hanno riferito gli operatori all’anziano, si sarebbe trattato di un problema meccanico che andava risolto con un pezzo di ricambio. L’ordine di acquisto, a quanto pare, era fermo da mesi e solo dopo la denuncia si è risolto. Il direttore della struttura, la più grande di Pordenone, Giovanni Di Prima, non ha negato il problema, riconducibile ad un piano di ammodernamento. Peccato però che per fare i lavori non si è scelto il momento migliore. «Abbiamo ricevuto un finanziamento di 5 milioni di euro», ha affermato Di Prima, «che concerne proprio il rifacimento dell’impianto di condizionamento di tutto il polo di Torre. Stiamo rifacendo tutto, comprese le pompe di calore che sono nuovissime e funzionali. Per eseguire i lavori legati all’impianto di raffreddamento ci siamo dovuti concentrare su un lasso di tempo molto breve, corrispondente al periodo tra l’utilizzo del riscaldamento e l’inizio del caldo. Abbiamo fatto il più velocemente possibile».Lo stato di incuria delle Rsa è tornato sotto i riflettori dopo l’incendio scoppiato nella Casa dei Coniugi a Milano, uno degli incidenti più drammatici degli ultimi anni, con oltre 80 persone ferite e sei morti, i funerali dei quali si sono celebrati venerdì scorso in un Duomo deserto, a ulteriore testimonianza della solitudine nella quale avevano passato gli ultimi anni di vita. «Sarà la magistratura ad accertare eventuali responsabilità ma non possiamo dimenticare che nelle residenze per anziani troppo spesso la sicurezza è drammaticamente carente», ha ricordato Ivan Pedretti, segretario generale del sindacato dei pensionati della Cgil. Che invoca una riforma del settore e un censimento. Mancano infatti i numeri esatti delle strutture. Lo Spi Cgil ha fatto una indagine dalla quale emerge che le Rsa sono 8.000 per 262.000 posti letto, ma con enormi differenze locali visto che la metà dei letti si concentrano in sole tre Regioni (Lombardia, Piemonte e Veneto) mentre il Sud è quasi totalmente sguarnito.Secondo i dati del documento Il Servizio sanitario nazionale compie 45 anni, realizzato dall’Ufficio valutazione e impatto del Senato che confronta i nostri numeri con quelli di 7 Paesi (Canada, Francia, Germania, Regno Unito, Spagna, Stati Uniti e Svezia), l’Italia è in fondo alla classifica per posti letto nelle residenze per anziani: ne abbiamo solo 18,6 ogni mille over-65 contro i 43,8 della media Ue, i 51 di Francia e i 54,4 di Germania. Il penultimo posto, con 30 posti, va agli Stati Uniti, mentre la classifica vede in cima la Svezia, con 68 posti letto per 1000 abitanti over 65, seguita dai 54 della Germania e dai 51 del Canada. Una situazione drammatica nel nostro Paese a cui si aggiungono le altre emergenze: sovraffollamento, poco personale non sufficiente a coprire i turni e in diverse situazioni spazi sporchi e poco sicuri, se non addirittura casi di maltrattamenti, come mostrano le cicliche indagini dei Nas.«Oggi il 17% dei letti sono gestiti dal pubblico, il 25% dal privato profit, il 52% da fondazioni e dai privati non profit e infine il 6% dalle cooperative. Il cittadino secondo i livelli essenziali di assistenza dovrebbe pagare il 50% della retta, ma spesso paga di più con cifre che si aggirano sui duemila euro al mese», avverte Franco Massi, presidente Uneba che rappresenta oltre un migliaio di strutture non profit religiose per un terzo dei posti letto totali. «Bisogna trovare delle risorse per migliorare le condizioni delle Rsa per farle diventare non solo luoghi di cura ma di vita, se con il Pnrr non è più possibile bisogna puntare alla prossima legge di bilancio e all’attuazione della riforma sui non autosufficienti che è una bella legge ma non ha risorse e ora va messa a terra con i decreti attuativi».Il paradosso è che la pandemia non è servita come lezione per un cambio di rotta. Il Covid ha fatto strage nelle residenze per anziani, eppure negli oltre 15 miliardi stanziati dal Pnrr per la missione Salute non c’è praticamente nulla per il potenziamento di queste strutture mentre 5 miliardi andranno tra cure a casa e la costruzione delle nuove Case e dei nuovi Ospedali di comunità che rischiano di restare vuoti per la carenza di personale sanitario. Solo nella missione 5 del Pnrr, che riguarda «inclusione e coesione» ci sono 400 milioni per convertire reparti e posti letto di Rsa in alloggi protetti.Eppure, come ben sanno le famiglie, l’assistenza domiciliare è difficile da praticare nei casi più gravi, cioè nelle forme di demenza e di Alzheimer che richiedono una sorveglianza completa e sostante da parte di personale specializzato. Inoltre, anche quando la situazione dell’anziano non è estrema ma comunque grave, cioè nelle disabilità, e in generale nelle diverse problematiche associate all’età avanzata, i costi per l’assistenza a casa, sono importanti. Difficilmente un anziano si può far carico, con la pensione, della presenza di un badante e di un sostituto durante il periodo estivo. E così si fa ricorso al lavoro sommerso con tutte le incognite che comporta. I contrattualizzati, circa 450.000 persone, rappresentano solo la punta dell’iceberg. Sotto di loro c’è la schiera del lavoro nero, unica soluzione per il pensionato che pure si colloca nella fascia dell’assegno medio di 1.200 euro mensili.Le famiglie quando si servono di un badante, devono comportarsi alla stregua di un datore di lavoro privato e attenersi a quanto stabilito dal contratto nazionale di categoria che fissa i minimi retributivi. Da gennaio è scattato l’aggiornamento automatico delle retribuzioni dei badanti in base alla variazione dell’indice Istat dei prezzi al consumo. Il che significa un adeguamento degli stipendi all’80% dell’inflazione. Per una famiglia con un anziano che ha bisogno di un badante, il costo annuale dell’assistenza sale fino a 2.000 euro in più, da 17.177 euro a circa 19.200 euro. La busta paga mensile lorda comprensiva di ferie, Tfr, tredicesima, è pari a 1.445 euro. La situazione di un badante convivente rappresenta il 23,4%, su un totale di un milione di datori di lavoro domestico.L’onere è pesante e solo una ristrettissima quota di pensionati, con assegni elevati, riesce ad affrontarlo. Per la platea più vasta che vive con un assegno medio di 1.200 euro mensili, con il quale deve far fronte alle spese quotidiane di bollette e generi alimentari come pure delle medicine, laddove non sono coperte dal Servizio sanitario nazionale, e di eventuali interventi operatori, il badante diventa un lusso. Il dramma della solitudine e dell’abbandono talvolta sfocia in casi drammatici di decessi che vengono scoperti solo a distanza di giorni e di cui ci si rende conto solo dall’odore dei corpi in putrefazione che esce dagli appartamenti. Sempre più spesso l’anziano solo cerca rifugio in ospedale. «Ci sono casi di persone che partono e lasciano negli ospedali i genitori che quando devono essere dimessi non trovano nessuno a prenderli», osserva Carlo Pellegrino, 70 anni, pneumologo del centro rianimazione mobile che ha appena trasferito all’ospedale Gemelli della Capitale un paziente.Un’emergenza che richiede risposte tempestive. Gli over 65 in Italia, sono 14 milioni. Di questi, 4 milioni non sono autosufficienti. L’Istat pronostica tra un ventennio una crescita del 40% degli anziani, a causa dell’invecchiamento progressivo della popolazione.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/anziani-abbandonati-2662326655.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="le-residenze-abusive-sono-migliaia-ma-allo-stato-conviene-tollerarle" data-post-id="2662326655" data-published-at="1690104245" data-use-pagination="False"> «Le residenze abusive sono migliaia ma allo Stato conviene tollerarle» «In Italia ci sono 4 milioni di anziani non autosufficienti con gravi limitazioni funzionali. Mancano tra 250.000 e 300.000 posti letto nelle Rsa per arrivare alla media europea. Solo l’8% della popolazione anziana è coperta da strutture assistenziali. Su questo problema il Pnrr non fornisce alcuna risposta». Sebastiano Capurso è presidente dell’Anaste, l’Associazione Nazionale Strutture Territoriali e per la Terza Età. Come sono assistiti gli anziani? «Ecco alcuni numeri: 1,5 milioni di anziani non autosufficienti è coperto da badanti o dall’assistenza domiciliare fornita dalle Asl o dai Comuni, 300.000 sono nelle Rsa, oltre 2 milioni sono a carico delle famiglie. Le strutture tra pubbliche e private accreditate dalle Regioni sono circa 5.000, di cui il 35% è a gestione pubblica, il 35% a di enti religiosi o non profit, e il restante 30% di enti privati. La distribuzione delle Rsa non è omogenea. La Lombardia ha più posti pro capite della Svezia mentre Calabria, Sicilia, Sardegna e Campania meno dell’Estonia o della Grecia. In totale abbiamo meno della metà dei posti letto della media europea». La famiglia rappresenta ancora un paracadute sociale? «L’assistenza da parte delle famiglie vale soprattutto al Sud, ma c’è una quantità enorme di anziani da soli o con un coniuge ultra 80enne, che ha anche lui bisogno di assistenza. L’idea della famiglia che si cura dell’anziano non vale più. Ci sono 3 milioni di vedove ultra 80enni e 80.000 vedovi. Non ci si rende conto che gran parte degli anziani sono malati cronici. L’età media dei ricoverati in Rsa supera gli 85 anni e tutti hanno almeno una patologia. Accusiamo spesso inglesi e tedeschi di abbandonare gli anziani ma la famiglia in molte situazioni può fare davvero poco. Il 70% degli ospiti in Rsa è affetto da demenza di grado medio e avanzato. Sono malati che non possono essere gestiti in casa, hanno bisogno delle cure di personale specializzato. Chi condanna le Rsa spesso non conosce la realtà dell’anziano malato che rimanendo tra le mura domestiche non è meno solo. Anzi spesso è in balia di badanti non qualificati. In questi casi il tema dei maltrattamenti è diffuso». E i casi di cronaca di maltrattamenti nelle Rsa? «Sono situazioni marginali che vanno combattute ma che non devono indurre a condannare il sistema delle strutture. Bisognerebbe combattere gli enti abusivi che proliferano per far fronte alla domanda estiva». Di quante strutture irregolari si tratta? «Sono migliaia. A maggio 2021 l’ex ministro Speranza incaricò i Carabinieri di effettuare un’indagine sulle Rsa. Dopo due anni i dati ancora non sono usciti. Ci sono solo alcune anticipazioni. I Carabinieri avrebbero individuato 90.000 posti letto abusivi in strutture residenziali non autorizzate. C’è una certa ritrosia da parte delle autorità pubbliche a far emergere questi dati perché metterebbero a nudo le carenze del sistema pubblico. Così spesso i centri abusivi sono tollerati. Inoltre le strutture pubbliche sono alle prese con bilanci dissestati e sono costrette a chiudere perché le Regioni non ripiano più i deficit». Quante Rsa hanno chiuso per deficit di bilancio? «Secondo una nostra ricognizione da inizio anno hanno chiuso 22 Rsa soprattutto pubbliche. Spesso ci sono problemi nell’assunzione del personale e nelle forniture, perché l’ente pubblico deve seguire il meccanismo delle gare che hanno vicoli stringenti. Lo stesso servizio fatto dal privato costa meno». E l’assistenza domiciliare? «È una presa in giro. La legge delega 33 del 2023 sulla riforma della non autosufficienza alla quale mancano i decreti attuativi, ha aumentato le ore di assistenza agli anziani da 17 ore l’anno a 124 ore che corrispondono a 2,5 ore a settimana. Ma come si può pensare che bastino un paio di ore per risolvere il problema dell’assistenza? C’è anche un altro problema: servono circa 80.000 operatori professionali che non abbiamo in Italia».
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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