2021-11-12
Antonio Fazio: «Siamo in crisi da prima del Covid. Ma il feticcio-moneta non è la cura»
Il Governatore emerito di Bankitalia Antonio Fazio (Ansa)
Il governatore emerito di Bankitalia: «Nel 2019 in Italia il livello di reddito era inferiore a quello del 2007. Servono investimenti pubblici ad alto impatto, come fu l'Autosole. Pure la Bce, senza la politica, può poco».«Mi sono diplomato come geometra. Alvito era un borgo di origine medievale di 6.000 abitanti nel 700. Ora diminuito a 3.000. Il geometra era il professionista fiduciario dei piccoli proprietari terrieri».Ha praticato?«Nello studio di mio padre».Antonio Lucia Fazio è stato governatore della Banca d'Italia dal 1993 al 2005. Il nome per esteso ci viene inaspettatamente rivelato con la pubblicazione del suo libro: L'inflazione in Germania nel 1918 -1923 e la crisi mondiale del 1929 edito da Treves. Un racconto non solo autobiografico. Perché si intreccia con un pezzo di storia straordinariamente drammatico fra le due guerre mondiali. «Filologia e filosofia. Concetti chiaramente enunciati da Giambattista Vico. Gli eventi non vanno semplicemente descritti ma anche interpretati. Ed è qui che entra in campo la filosofia», racconta il governatore emerito agli studenti della Luiss prima di parlarmi del libro ai cui diritti di autore ha rinunciato. Ripercorre le tappe che portarono il Paese nella moneta unica. Scelta su cui Fazio non manca - anche di fronte agli studenti - di rimarcare il suo rispettoso dissenso. «Spetta al banchiere centrale gestire la moneta ma non certo la sua collocazione nel sistema monetario internazionale. Il governo che decise di entrare nell'euro aveva una legittimità democratica che un banchiere centrale come me non poteva avere. E dovetti adeguarmi».Rimane il fatto che aveva ragione lei.«Il cambio fisso - e cosa c'è di più fisso che condividere la stessa moneta con altri Paesi - può portare prima o poi alla deflazione. Soprattutto se si sta dalla parte “sbagliata". Difficilmente può portare all'aumento della produttività. Ho paragonato l'effetto del cambio fisso al bradisismo di Pozzuoli (progressivo abbassamento del livello del terreno sotto l'altezza del mare, ndr) facendo un po' arrabbiare il sindaco di allora. Ma non riesco a definire altrimenti quei dati così drammatici. Fatta 100 la produzione industriale tedesca nel 2000, prima della pandemia nel 2019 era a 125. La nostra a 85. Oggi abbiamo 5,5 milioni di italiani in povertà assoluta. Erano meno di due milioni nel 2005, quando abbiamo iniziato a contarli: 3,5 milioni in più in 15 anni».Una regione come la Toscana, per intendersi, fatta di poveri. Lei si è soffermato sul Mezzogiorno, e il tono li si è fatto ancora più accorato.«La disoccupazione giovanile ha raggiunto il 30% in Italia e nel Mezzogiorno è molto più alta. Molti giovani emigrano verso il Centronord e l'estero. Quando iniziavo a vedere al Sud gli stessi salari che al Nord posi il problema. Andremo incontro a una forte deindustrializzazione. Only money matters. Solo il denaro conta. Così dicono gli estremismi del monetarismo. E non mi metta fra quelli. L'opera principale di Keynes è Teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta. Già il titolo parla da solo. Prima viene l'occupazione, poi la moneta. Guai a farne uno status symbol. Neanche tanto fra le righe, e bene ha fatto a scriverlo il prof. Di Taranto che mi ha ospitato fra quegli studenti, ho spiegato nel mio libro quello che Milton Friedman prevedeva nel 1997. Della moneta unica si sarebbero avvantaggiati Germania, Austria, Belgio, Olanda e Lussemburgo perché “i cambi flessibili rappresentano potenti meccanismi di aggiustamento e dunque bisogna riflettere bene prima di scegliere soluzioni alternative". Quello che in maniera colorita ho ricordato a quegli studenti. La moneta unica - vista dalla Germania - aveva sicuramente motivazioni ideali ma serviva anche a vendere più Volkswagen e Bmw in Italia. Sensibilità che la Confindustria e i politici tedeschi dell'epoca avevano al contrario della Bundesbank che - come le ho già detto in un'altra intervista - ci voleva invece fuori dall'euro».Se uno come lei cita Milton Friedman, “gelido antipatizzante" di John Maynard Keynes i cui allievi sono stati suoi maestri al Mit di Boston, c'è da credere che lo faccia a ragion veduta.«Sa che negli anni Cinquanta la Teoria generale di Keynes era il libro più venduto in America? Secondo alla Bibbia».Che significa?«Che allora Keynes veniva non solo letto ma pure applicato. E i risultati sono gli occhi di tutti. Mi limito al caso Italia. Dieci anni dopo la grande crisi del 1929, l'Italia aveva il 4% di reddito in più rispetto al picco prima del crollo. Nel 2019, e quindi la pandemia non c'entra ancora un bel nulla, eravamo sotto al reddito del 2007. Per severità e durata stiamo cioè vivendo una crisi economica ben peggiore di quella del 1929 che però - almeno nell'immaginario collettivo - sarebbe la crisi più grave di sempre. E invece la crisi più grave di sempre la stiamo vivendo ora. La stavamo già vivendo prima del Covid».Applicare Keynes che vuol dire?«Opere pubbliche ad alto impatto. Facendo dei riferimenti storici, prenderei ad esempio le politiche dell'Agro pontino degli anni Trenta, il piano casa di Fanfani e La Pira e la costruzione dell'Autostrada del Sole».Nel libro viene simpaticamente descritto il suo primo impatto con la moneta.«Avrò avuto sì e no dieci anni. Qualche contadino vendeva il suo appezzamento. E chi lo comprava pagava in contanti. Biglietti rossastri grandi come un libro di medio formato. Finemente incisi e decorati. La firma di Luigi Einaudi e poi di Donato Menichella il successore. C'era anche la firma del cassiere. Ignoravo chi fosse. Mi chiedevo come fosse possibile che quei biglietti di carta fossero così preziosi».Sarebbe poi succeduto molto tempo dopo a quei governatori. Ma si faceva la domanda che tutti i bambini e non solo si fanno... «Forse lo chiedevo anche a mio padre. Einaudi e Menichella avrebbero potuto renderci tutti più ricchi aumentando il numero di quei biglietti. Ma la ricchezza erano i campi e le abitazioni».«La roba», avrebbe detto Mazzarò, l'avido personaggio di Verga. Comunque, il piccolo banchiere centrale che era in lei si stava facendo strada da solo.«Mi rimaneva il problema di capire perché quei biglietti di 500 e 1.000 lire valessero tanto per chi li possedeva. Con un'esperienza di 40 anni a tutti i livelli in Banca d'Italia - che allora ancora non avevo - lo si comprende bene. Mi ero anche accorto che il valore del biglietto diminuiva nel tempo. La vicenda della Repubblica di Weimar - raccontata ed interpretata nel libro - è un caso di scuola esemplare. Ciò che nel 1914 - prima dello scoppio della Grande guerra - costava un marco, dopo dieci anni costava 1.000 miliardi di marchi. Una moneta mal gestita può sfociare da un lato in una grave inflazione e dall'altro in una lunga deflazione. In ambedue i casi le crisi monetarie si trasformano in crisi economiche, sociali e alla fine politiche».Il libro riporta nella prefazione e nella postfazione (che lei chiama Giustificazione Autobiografica) un'analisi delle politiche monetarie da lei condotte in 40 anni di Banca d'Italia. E con gli studenti si è soffermato - dopo un bel po' di equazioni - sugli ultimi anni di autonomia monetaria. Quelli che lei ha gestito dopo che il governo ebbe deciso l'ingresso nell'euro.«Lo spread italiano veleggiava sui 900 punti base. Il parametro di riferimento era la media dei tre rendimenti più bassi dei titoli di Stato a dieci anni fra i Paesi della futura eurozona. Con una politica monetaria calibrata - mentre l'export italiano andava a gonfie vele - abbiamo ridotto l'offerta di moneta per attenuare la crescita del credito e limitare l'import. Il cambio gradualmente passò da 1.200 a 950 lire. Il rendimento dei titoli di Stato a dieci anni si dimezzò dal 14% al 7%. Oggi condurre una politica del genere sarebbe impossibile visto che non abbiamo la moneta. Per ridurre le importazioni devi drasticamente ridurre la domanda interna. Austerità, deflazione e povertà. Per intendersi. Ne abbiamo avuto riprova nel 2011».La politica monetaria accomodante della Bce non è stata capace però di stimolare l'espansione dell'economia.«Il Quantitative easing avrebbe funzionato meglio se fosse stato concepito come in più di una occasione ho avuto già modo di dire. La politica del Sebc (il Sistema europeo delle banche centrali, termine che Fazio preferisce sempre usare al posto di Bce, ndr) ha operato bene ma poteva fare meglio se la base monetaria invece che in titoli di Stato fosse stata investita in titoli Bei che a sua volta avrebbero finanziato le opere pubbliche ad alto impatto. La moneta sarebbe arrivata a terra. Per finanziare le opere di alto impatto di cui parlavo prima. Non rimaneva confinata nei mercati finanziari. Neppure il credito è aumentato. Questo nasce da una buona domanda. Le banche prestano se hanno fiducia nel vedersi restituire i soldi e quindi sanno che il loro patrimonio (concetto diverso dalla liquidità) non corre rischi inaspettati».Oggi la Bce si trova ad un bivio. Se smette di acquistare Btp aumenta la volatilità. Se non smette aumentano le tensioni con la Germania. «È la riprova che la moneta è importante ma non basta. Serve una buona politica - oltre a quella monetaria - per uscire dalla crisi. Pensare di uscire da una crisi solo con la politica monetaria è un errore».Lo aveva detto anche Draghi nel suo ultimo discorso da governatore della Bce a Sintra. Ma la sua legge di bilancio è stata all'altezza delle aspettative?«Lei maliziosamente prova a trascinarmi nella polemica politica. Declino la sua provocazione».Neppure sul dibattito sulla riforma dei trattati o del fiscal compact vuol dirmi qualcosa?Fazio mi porge il suo libro e mi fa leggere a voce alta a pagina 211: «I padri fondatori della comunità europea, evolutasi nell'Unione, ponevano alla base dello sviluppo quello dei singoli Stati: il principio della sussidiarietà che tenesse conto della diversità delle strutture economiche e sociali dei singoli Stati e delle conseguenti politiche».Ma Bruxelles non fa niente di tutto questo!Fazio sorride ed annuisce. Si è fatto veramente tardi. Ci salutiamo.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)