2020-07-03
Antinfluenzale obbligatorio in Lazio. Il Tar vuole il parere degli esperti
Nicola Zingaretti ha imposto il vaccino per sanitari e over 65 collegandolo al coronavirus. Ora il tribunale amministrativo ha dato 20 giorni al Cts per valutare su quali evidenze scientifiche si appoggi la decisione.La guerra sui vaccini infuria. Martedì, il Tar del Lazio ha ordinato al Comitato tecnico-scientifico di redigere, entro 20 giorni, una relazione che attesti su quali evidenze si basa l'ordinanza regionale che introduce l'obbligo di vaccinazione antinfluenzale per personale sanitario e over 65, a partire dal prossimo 15 settembre. Il provvedimento voluto dalla giunta di Nicola Zingaretti prevede anche un severo regime sanzionatorio: salvo giustificati motivi medici, infatti, a chi, tra gli ultrasessantacinquenni, non si sottopone al trattamento, può essere vietato di partecipare ad attività in luoghi di aggregazione al chiuso, mentre a dottori e infermieri viene addirittura notificata l'inidoneità al lavoro.La disposizione del tribunale amministrativo fa seguito ai numerosi ricorsi presentati contro l'ordinanza, a partire dal primo giugno, da medici e associazioni come Ampas, Codici e, da ultimo il Movimento Roosevelt. La motivazioni dei ricorsi sono sia sostanziali, sia formali. L'associazione Codici, ad esempio, paventa che al vaccino antinfluenzale segua «un abbassamento delle difese immunitarie», con conseguente «rischio di contrarre il Covid-19» (è questa la contestazione menzionata dal Tar nel suo indirizzo agli esperti governativi); l'avvocato Alessandro Gaetani, di Ampas, ha invece puntato sull'illegittimità di un obbligo vaccinale imposto da un'amministrazione regionale.Il Tar vuole sapere dal Cts «se le misure adottate con il provvedimento impugnato», la vaccinazione antinfluenzale obbligatoria, appunto, «siano coerenti, sotto il profilo scientifico»; e «se i rischi paventati in ordine agli effetti della vaccinazione antinfluenzale sul sistema immunitario trovino conferma nelle conclusioni cui è pervenuta la prevalente comunità scientifica». Non si tratta ancora, com'è evidente, di una bocciatura del provvedimento della giunta Zingaretti. La decisione dei giudici amministrativi, nondimeno, prepara il terreno a una sentenza pilota, tanto più che la questione dell'antinfluenzale obbligatorio non riguarda soltanto il Lazio. Una prescrizione identica è stata dettata dalla Calabria; la giunta pugliese ha approvato un regolamento per la somministrazione coatta del vaccino ai sanitari, dietro minaccia dell'inidoneità al lavoro; il Consiglio regionale lombardo ha approvato all'unanimità una mozione del Pd per la vaccinazione obbligatoria di over 65, docenti e categorie fragili; e Vincenzo De Luca ha promesso che, da ottobre, anche la Campania batterà questa strada. Indipendentemente da quello che sarà l'orientamento finale dei magistrati, il Tar fissa un principio: una misura sanitaria che deroga alla volontarietà dei trattamenti deve essere adeguatamente motivata. Le ragioni con cui viene giustificata l'obbligatorietà dell'antinfluenzale, tuttavia, non appaiono proprio convincenti. Almeno alla luce di uno studio, pubblicato da Giovanni Fioriti editore e ripreso dalla Verità, il 23 giugno scorso.Quel saggio, firmato da sei esperti, certamente lontani dalla galassia No vax, giungeva a conclusioni che non depongono affatto a favore di chi vorrebbe promuovere la profilassi coatta. Punto primo: la vaccinazione antinfluenzale ha un'efficacia moderata nella prevenzione dell'influenza, ma «non è efficace verso le ben più numerose sindromi influenzali», causate da virus diversi da quelli della stagionale. Punto secondo: il vaccino potrebbe aumentare l'incidenza di altre infezioni respiratorie, incluse quelle da coronavirus, anche se «mancano prove rispetto al Sars-Cov-2». Punto terzo: la vaccinazione non permette «di distinguere sindromi influenzali da forme iniziali di Covid-19». Punto quarto: dato il costo economico e organizzativo di una campagna di somministrazione obbligatoria, sarebbe più utile realizzare tamponi a tappeto.Si presti attenzione in particolare all'osservazione numero 3: infatti, le ordinanze regionali, sia quella laziale sia quella calabrese, fanno riferimento all'opportunità di servirsi dell'antinfluenzale per facilitare la diagnosi del Sars-Cov-2. Anche la mozione lombarda fa riferimento alla possibilità di «ridurre i fattori confondenti per il Covid-19 in presenza di sintomi analoghi». Ma se, come sostengono i sei epidemiologi che siglano il paper, le evidenze scientifiche suggeriscono il contrario, i provvedimenti delle Regioni non hanno alcun fondamento.Giustizia amministrativa a parte, il tema degli antinfluenzali potrebbe sollevare anche un problema di costituzionalità. Se ci sono rischi per la salute - ad esempio, se si può diventare più vulnerabili alle infezioni respiratorie da coronavirus - allora viene meno una delle condizioni richieste dalla Consulta per giustificare la vaccinazione antinfluenzale obbligatoria. Ossia, che «il trattamento non incida negativamente sullo stato di salute» di chi lo subisce. Non a caso, il ministero della Salute per ora rimette la palla al centro e se la cava con la «raccomandazione» del vaccino. La battaglia, in cui si mescolano scienza, giustizia e politica, è appena cominciata.
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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